Ricollocamento, rimpatrio, ripartizione, respingimento, redistribuzione: sono le parole all’ordine del giorno quando si parla di migrazioni.
Negli ordinamenti giuridici contemporanei la legittimità della gestione pubblica poggia sul rigido controllo deduttivo delle singole norme: dal comando più generale a quello particolare.
Dunque, vediamo se e come si conciliano le decisioni in materia di politiche migratorie con la Costituzione Italiana e con i Trattati istitutivi della Comunità europea.
Per approfondimenti si consiglia: Immigrazione, asilo e cittadinanza
Indice
1. Norme costituzionali applicabili al migrante
L’articolo principale da ricordare è il numero 2 della Legge Fondamentale:
“La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.”
Da una breve analisi della disposizione emerge che:
• Lo Stato riconosce l’esistenza di una classe di situazioni giuridiche soggettive di per sé meritevole di tutela. Il significato inferenziale è che di tale famiglia giuridica fanno parte cittadini, stranieri e apolidi, in quanto esponenti di un’umanità condivisa.
• ‘Riconoscimento e garanzia’ dei diritti inviolabili dell’uomo sono un’endiadi, ovvero due elementi giuridici inscindibili poiché parti coessenziali di un medesimo costrutto relazionale.
• L’elenco progressivo e a numero aperto dei diritti inviolabili è costituito da: diritto al nome (art. 22 Cost.), diritto all’integrità psicofisica (art. 32 Cost.), diritto alla manifestazione del pensiero (art. 21 Cost.), diritto alla libertà personale (art. 13 Cost.), diritto di professione religiosa (art. 19 Cost.), diritto all’istruzione (art. 34 Cost.) e così via.
• I diritti inviolabili risultano effettivi mediante adempimento di una prestazione obbligatoria, a contenuto socio-economico e politico, posta a carico di ciascun membro della Repubblica.
Si legga poi l’articolo 10, comma 3, della Costituzione italiana:
“Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica secondo le condizioni stabilite dalla legge.”
Ora, anche solamente dal combinato disposto delle due norme costituzionali citate, emerge con nettezza il limite imposto ai tre poteri dello Stato: legislativo, esecutivo e giudiziario.
Quindi non è possibile rifiutare, impedire, o ostacolare, sotto qualsiasi forma, l’ingresso sul territorio statale di una persona che non possa godere nel suo Paese di origine dei medesimi diritti inviolabili e delle stesse libertà democratiche di un cittadino italiano.
Onde evitare fastidiosi fraintendimenti: la dizione “secondo le condizioni stabilite dalla legge”, indica unicamente una riserva di legge formale. La norma primaria non può “svuotare” la sostanza della disposizione costituzionale: il diritto d’asilo è obbligatorio in tutte le ipotesi di denegata fruizione delle libertà costituzionali nostrane.
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2. Il normativa europea
In primo luogo, la gerarchia delle fonti qualifica le dotazioni giuridiche delle istituzioni europee inferiori alla Costituzione italiana ma superiori a leggi ordinarie, leggi regionali, decreti legislativi e decreti legge. Allora, in caso di contrasto tra la normativa europea e la normativa costituzionale, è quest’ultima a prevalere. Il principio si applica in ogni evenienza, quindi anche in relazione alle politiche migratorie.
In secondo luogo giova richiamare l’attenzione su un concetto generale. L’ordinamento europeo si conforma indirettamente alla Dichiarazione dei Diritti Universali Umani (art. 6, terzo comma, Trattato sull’Unione Europea), la quale prevede esplicitamente l’obbligo di tutela dei soggetti in condizioni di fragilità o vulnerabilità. Nonché direttamente alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (art. 6, commi 2 e 3, Trattato sull’Unione Europea).
In terzo luogo, il Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea, all’articolo 67, secondo comma, stabilisce che l’Unione Europea:
“Garantisce che non vi siano controlli sulle persone alle frontiere interne (…)”.
Con ciò non rilevando la qualità di cittadino, apolide o straniero.
3. Conclusioni
Gli ordinamenti giuridici nazionali, internazionali e sovranazionali ammettono un nucleo di diritti soggettivi che è indifferente alla cittadinanza, ovvero applicabile a tutte le persone in quanto membri indiscriminabili del genere umano.
Tra questi diritti si annovera la tutela dell’incolumità e della libertà personale di cittadini, stranieri e apolidi.
Domanda: la normativa europea attuale, o le proposte di modifica ad essa recentemente avanzate, implementano, integrano o negano i principi sanzionati dalla Costituzione italiana e dal diritto internazionale? Ancora: le operazioni messe in atto dalle autorità dei singoli Stati europei sono legittime?
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