Il licenziamento del lavoratore disabile alla luce della giurisprudenza

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Sommario: 1.  Nozioni generali.  2. Casistica giurisprudenziale

 

  1. 1.                Nozioni generali

 

La principale normativa di riferimento nell’ambito di cui trattiamo è la legge del 12 marzo 1999 n. 68 per cui il lavoratore disabile gode di un certo “favor” una tutela particolare nel nostro ordinamento.

Nonostante tale tutela, comunque, in virtù del principio di parità di trattamento e tutela antidiscriminatoria nei confronti delle situazioni di handicap (1), ai soggetti che siano stati, come da normativa in materia, avviati obbligatoriamente al lavoro vengono applicate le disposizioni che regolano il rapporto di lavoro per la generalità dei lavoratori, anche, quindi, le disposizioni in materia di licenziamento, con alcune particolarità.

Il disabile può essere licenziato:

–                    nel caso in cui, accertata l’incompatibilità della sua mansione, non ne esistono altre assegnabili, tenendo conto di tutte le posizioni lavorative esistenti (2);

–                    per mobilità, se la percentuale di disabili da occupare spettante al datore di lavoro, tenuto conto della riduzione dei dipendenti, scende al di sotto della percentuale prevista dalla legge oppure se non vengono rispettati i criteri di scelta dei dipendenti da mettere in mobilità (anzianità, carico familiare, esigenze aziendali) o le procedure specifiche previste dalla legge;

L’articolo 10 della Legge 12 marzo 1999 n. 68 prevede che il recesso, di cui all’articolo 4 comma 9 della Legge 23 luglio 1991 n. 223 , il licenziamento per riduzione del personale e il licenziamento per giustificato motivo oggettivo, promossi nei confronti del lavoratore disabile assunto obbligatoriamente, sono annullabili, nel caso in cui nel momento della cessazione del rapporto di lavoro il numero dei rimanenti lavoratori assunti obbligatoriamente sia inferiore alla quota d’obbligo di cui all’articolo 3 della Legge 12 marzo 1999 n. 68 .

–                    per gli stessi motivi per cui può essere licenziato il lavoratore sano, ovvero, ad esempio,  motivi disciplinari, eccessiva malattia ecc.

 

  1. 2.                Casistica giurisprudenziale

 

 

Un soggetto invalido, assunto tramite le liste di collocamento per disabili, può essere licenziato solo se l’impossibilità di reinserimento all’interno dell’azienda viene accertata da una apposita Commissione medica.

Cass. civ. 10 aprile 2014 n. 8450

 

La tutela del lavoratore disabile non può compromettere le esigenze di produttività aziendali.

Pertanto è legittima la decisione del datore di lavoro di licenziare un dipendente portatore di handicap a causa della sopravvenuta inidoneità di quest’ultimo a svolgere la mansione per la quale era sempre stato impiegato nella struttura aziendale e della impossibilità di affidargli incarichi diversi.

Il caso concerneva una lavoratrice disabile, licenziata in quanto – in conseguenza delle limitazioni dettate dal medico curante – era risultata sempre meno utilizzabile in azienda, fino al punto che non era stato più possibile impiegarla in qualsiasi altra attività.

Cass. civ. 19 dicembre 2013 n. 28426 

 

Il diritto del lavoratore invalido a non essere trasferito presso altra sede lavorativa se non con il proprio consenso resta subordinato, secondo quanto previsto dal combinato disposto dagli artt. 3 e 33, comma 6, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, alla gravità della disabilità accertata dall’apposita Commissione istituita presso la competente Azienda sanitaria locale. 

Cass. civ. 3 maggio 2013  n. 10338

 

Il datore di lavoro presso il quale è avviato un invalido per l’assunzione, ai sensi della legge n. 482/1968, pur non essendo obbligato a riorganizzare i mezzi di produzione per consentire tale assunzione, è tuttavia tenuto a ricercare all’interno dell’azienda mansioni compatibili con le condizioni sanitarie del lavoratore.

A questo fine deve, se necessario, procedere a redistribuire gli incarichi tra i lavoratori già in servizio.

Ne consegue che occorre accertare se vi siano in azienda mansioni «concretamente disponibili» per le quali il lavoratore avviato sia idoneo, e solo se tale concreta disponibilità sia impossibile l’azienda può rifiutare l’assunzione.

Cass. civ. 13 novembre 2009 n. 24091

 

 

Nell’ipotesi di licenziamento di invalido avviato ai sensi della legge n. 482 del 1968 per giustificato motivo oggettivo, l’onere, che grava sul datore di lavoro, di provare l’impossibilità di collocare in altro modo il lavoratore nell’ambito aziendale deve essere soddisfatto, ove l’azienda si trovi in una situazione di mancata copertura delle aliquote di invalidi previste dalla legge suddetta, tenendo conto che l’invalido deve essere comunque mantenuto in servizio ancorché in posizione meno produttiva rispetto a quella (soppressa) alla quale era in precedenza addetto, a meno che non vi sia la prova della mancanza assoluta nell’ambito dell’intera azienda di mansioni compatibili con lo stato d’invalidità, ancorché corrispondenti a una qualifica inferiore.

Cass. civ. 26 giugno 2009 n. 15049

 

 

Nel caso di licenziamento di un invalido per mancanza di posti compatibili con la sua menomazione, come deve essere considerato il caso in esame della presente (Cass. n. 24091 del 2009), l’onere probatorio gravante sul datore di lavoro riguarda l’impossibilità di utilizzare il prestatore di lavoro licenziato in altre mansioni compatibili con la qualifica rivestita.

Cass. civ., sez. lav., 29 marzo 1999, n. 3030; Cass. civ., sez. lav., 5 settembre 1997, n. 8555.

 

 

Nell’ipotesi di patto di prova stipulato con disabile, il recesso datoriale dal rapporto di lavoro (in prova), pur non essendo sottoposto ai requisiti di forma e motivazione richiesti dall’art. 2, L. 15 Luglio 1966, n. 604 per il licenziamento, è sottoponibile al sindacato giurisdizionale. 

Nello specifico, recentemente la Cassazione (27 ottobre 2010, n. 21965, in ADL ,2011, n.  2, p. 385, ha, infatti, affermato che “il lavoratore ha la possibilità di dimostrare che il recesso è stato determinato da un motivo illecito, come l’elusione della disciplina relativa al collocamento dei disabili”. 

In sostanza, il lavoratore può dimostrare che “l’atto di recesso è stato determinato da motivi illeciti, fra i quali ben può rientrare lo svolgimento della prova in mansioni incompatibili con lo stato di invalidità o la finalizzazione del recesso adottato, nonostante il positivo superamento dell’esperimento, alla mera elusione della disciplina sul collocamento dei disabili, dovendosi qualificare, per definizione, come licenziamento in frode alla legge quello finalizzato al solo obiettivo di aggirare il sistema delle assunzioni obbligatorie

Corte Cost. 4 dicembre 2000, n. 541, in Giur. it., 2001, I, 885.

 

 

Note

 

1)                D. Ldgs. N. 216/2013

2)               Considerando il fatto che non è possibile imporre al datore di lavoro di “creare” un posto di lavoro che non esiste, occorre ricercare la mansione tra quelle che già esistono nel luogo di lavoro

3)               Licenziamento collettivo per riduzione personale

Rinaldi Manuela

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