Il Foia italiano: la casa di vetro ha un’anima di piombo?

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Approvate le Linee Guida dell’Autorità per l’attuazione dell’accesso civico generalizzato e degli obblighi di pubblicazione previsti dal dlgs. 97/2016

 

L’Anac ha approvato il 28 dicembre scorso le linee guida per l’attuazione dell’accesso civico “generalizzato”, il cosiddetto Foia italiano, entrato in vigore il 23 dello stesso mese, emulazione di quel Freedom of Information Act statunitense che il 4 luglio del 1966 conferì alla generalità del pubblico il diritto di accedere alle informazioni in possesso di qualsiasi ente federale.

 

Il documento ha ottenuto l’intesa del Garante della privacy, il parere favorevole della Conferenza unificata e ha accolto le osservazioni avanzate dagli enti territoriali. Nella medesima seduta il Consiglio dell’Anac ha approvato le prime Linee guida sull’attuazione degli obblighi di pubblicazione previsti dal decreto Trasparenza (dlgs. 97/2016).

 

In questo primo contributo, ci concentreremo sul tema dell’accesso civico generalizzato, senza dubbio centrale nel nuovo sistema della Trasparenza, alla luce delle significative novità introdotte.

 

Si può affermare, in primo luogo, che ora la trasparenza diviene norma generale per le pubbliche amministrazioni, mentre la riservatezza e il segreto devono costituire eccezioni.

Vale la pena ricordare che anche nell’ordinamento dell’Unione Europea (art. 15 TFUE e capo V della Carta dei diritti fondamentali), il diritto di accesso non richiede la prova di un interesse specifico, ma risponde ad un principio generale di trasparenza dell’azione dell’Unione ed è uno strumento di controllo democratico sull’operato dell’amministrazione, volto a promuovere il buon governo e garantire la partecipazione della società civile.

 

La nuova tipologia di accesso (d’ora in avanti “accesso generalizzato”), è delineata nel novellato art. 5, comma 2 del decreto Trasparenza, ai sensi del quale “chiunque ha diritto di accedere ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione ai sensi del presente decreto, nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi pubblici e privati giuridicamente rilevanti, secondo quanto previsto dall’art. 5-bis” e si traduce in una facoltà di accesso non vincolata dalla titolarità di situazioni giuridicamente rilevanti ed avente ad oggetto tutti i dati e i documenti e informazioni detenuti dalle pubbliche amministrazioni, non più solo quelli per i quali è stabilito un obbligo di pubblicazione secondo quanto disposto per il precedente “accesso civico” introdotto dal d.lgs. 33/2013.

L’accesso generalizzato è estrinsecazione di una libertà che incontra, quali unici limiti, da una parte, il rispetto della tutela degli interessi pubblici e/o privati indicati all’art. 5 bis, commi 1 e 2, e dall’altra, il rispetto delle norme che prevedono specifiche esclusioni (art. 5 bis, comma 3).

 

La ratio della riforma risiede nella dichiarata finalità di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico (art. 5, comma 2 del decreto Trasparenza). Come previsto nella legge 190/2012, il principio della trasparenza costituisce, inoltre, misura fondamentale per le azioni di prevenzione e contrasto della corruzione.

 

L’accesso generalizzato deve essere tenuto distinto anche dalla disciplina dell’accesso ai documenti amministrativi di cui agli articoli 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241 (“accesso documentale”). La finalità dell’accesso documentale ex l. 241/90 resta quella di porre i soggetti interessati in grado di esercitare al meglio le facoltà che l’ordinamento attribuisce loro, finalizzate alla tutela di posizioni giuridiche qualificate di cui sono titolari, escludendo categoricamente l’avvalimento del diritto di accesso al fine di sottoporre l’amministrazione a un “controllo generalizzato”.

 

Più precisamente, dal punto di vista soggettivo, ai fini dell’istanza di accesso ex lege 241, il cittadino deve dimostrare di essere titolare di un “interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso”.

 

L’ANAC in proposito raccomanda di “tenere ben distinte le due fattispecie” per “calibrare i diversi interessi in gioco” nella consapevolezza che la conoscibilità generalizzata incontra eventuali temperamenti solo in vista di eccezioni poste a tutela di interessi (pubblici e privati) che possono essere lesi/pregiudicati dalla rivelazione di certe informazioni, mentre vi saranno ipotesi in cui sarà possibile, “ove titolari di una situazione giuridica qualificata”, godere di un accesso documentale laddove sia invece negato quello generalizzato.

 

Le linee guida, enfatizzato il principio generale, definiscono esclusioni e limiti dell’accesso civico a dati non oggetto di pubblicazione obbligatoria, distinguendo eccezioni assolute e relative.

Le eccezioni relative (o qualificate) si configurano laddove le amministrazioni dimostrino, con riferimento al contesto temporale in cui viene formulata l’istanza, che la diffusione dei dati documenti e informazioni richiesti possa determinare un probabile pregiudizio concreto ad alcuni interessi pubblici e privati di particolare rilievo giuridico individuati dal legislatore ed elencati all’art. 5-bis, c. 1 e 2 del d. lgs. 33/2013. 

 

In questo caso l’amministrazione dopo aver accertato l’assenza delle eccezioni assolute, che vedremo a breve, dovrà verificare caso per caso se l’ostensione degli atti possa determinare un pregiudizio concreto e se sussista un preciso nesso di causalità tra l’accesso e il pregiudizio. Tale attività valutativa dovrà essere effettuata sia con riferimento agli interessi pubblici elencati nel nuovo art. 5 bis, c. 1 del decreto trasparenza inerenti a sicurezza nazionale, sicurezza pubblica e ordine pubblico, difesa e questioni militari, relazioni internazionali, la politica e la stabilità finanziaria ed economica dello Stato, la conduzione di indagini sui reati e il loro perseguimento, regolare svolgimento di attività ispettive, sia con riferimento alla tutela degli interessi privati indicati nel comma 2 dell’art. 5 bis e cioè protezione dei dati personali, libertà e segretezza della corrispondenza, interessi economici e commerciali di una persona fisica o giuridica, ivi compresi proprietà intellettuale diritto d’autore e segreti commerciali.

 

Le eccezioni assolute sono stabilite, al comma 3 dell’art. 5-bis, nei casi in cui una norma di legge dispone l’incondizionata non ostensibilità di dati, documenti e informazioni per tutelare interessi prioritari e fondamentali che ricorrono in caso di segreto di Stato e negli altri casi di divieti di accesso o divulgazione previsti dalla legge, ivi compresi i casi in cui l’accesso è subordinato dalla disciplina vigente al rispetto di specifiche condizioni, modalità o limiti, inclusi quelli di cui all’articolo 24, comma 1, della legge n. 241 del 1990.

 

Vi rientrano in base alla normativa vigente, ricorda l’Autorità, salvo che non sia previsto un accesso parziale con oscuramento dei dati, anche i dati idonei a rivelare lo stato di salute, la vita sessuale e i dati identificativi di persone fisiche beneficiarie di aiuti economici da cui si possono ricavare informazioni sullo stato di disagio economico-sociale. 

 

La questione delle esclusioni si fa controversa però se consideriamo che tra i casi di esclusione dell’accesso generalizzato rientrano, come riportato poc’anzi, anche quelli in cui l’accesso è subordinato dalla “disciplina vigente al rispetto di specifiche condizioni, modalità o limiti, inclusi quelli di cui all’art. 24 c. 1 della legge 241/1990”.

 

Si tratta di ipotesi che attengono:

a) ai divieti di divulgazione espressamente previsti dal regolamento governativo di cui al co. 6 dell’art. 24 della legge 241/1990 e dai regolamenti delle pubbliche amministrazioni adottati ai sensi del co. 2 del medesimo articolo 24;

b) ai procedimenti tributari;

c) all’attività della pubblica amministrazione diretta all’emanazione di atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione;

d) ai documenti contenenti informazioni di carattere psicoattitudinale relativi a terzi raccolte nei procedimenti selettivi.

 

Con riferimento alla lett. a), si ricorda che il regolamento governativo di cui all’art. 24 c. 6 della medesima legge 241/1990 ancora non è stato adottato né la maggior parte delle amministrazioni risulta abbia adottato i regolamenti ai sensi dell’art. 24 c. 2 che devono individuare le categorie di documenti sottratti all’accesso ai sensi del c. 1 dello stesso articolo 24.

 

In tal modo, si lascia alle Amministrazioni l’opportunità di ricondurre ora determinate ipotesi di esclusione dall’accesso documentale nell’alveo delle eccezioni assolute all’accesso civico generalizzato, mediante un’autoregolamentazione rimasta in larga parte disattesa, nonostante fosse prevista da ben 5 lustri.

 

A ben vedere, inoltre, il regolamento governativo di cui al co. 6 dell’art. 24 della legge 241/1990 deve disciplinare i casi di sottrazione all’accesso di determinati documenti con riferimento alle stesse categorie di interessi che la normativa sull’accesso generalizzato identifica come casi di esclusioni “relative” all’accesso generalizzato stesso, dove quindi l’Amministrazione sarebbe tenuta a ponderare caso per caso “il bilanciamento, tra l’interesse pubblico alla disclosure generalizzata e la tutela di altrettanto validi interessi considerati dall’ordinamento.”

 

L’Autorità Nazionale Anticorruzione, ben conscia di tali criticità, ha invitato le Amministrazioni a interpretare tale situazione “tenendo conto della parziale coincidenza tra le categorie di interessi che, ai sensi dell’art. 24, comma 6, della l. 241/1990, giustificano l’esclusione del diritto di accesso documentale, mentre, ai sensi dell’art. 5 bis, co. 1 e 2 del decreto trasparenza, comportano eccezioni solo relative all’accesso generalizzato” ed invitando, in sostanza, le stesse a prendere atto del radicale cambiamento intercorso nel contesto normativo.

 

Anche per questo, l’Autorità entro un anno provvederà ad un aggiornamento delle Linee guida, che consentirà “di tenere conto delle prassi nel frattempo formatasi con le decisioni delle amministrazioni, ovvero con le decisioni su eventuali ricorsi amministrativi o giurisdizionali, e di selezionare le tecniche di bilanciamento e le scelte concretamente operate che risulteranno più coerenti rispetto alle indicazioni formulate nelle presenti Linee guida”.

 

Le amministrazioni sono tenute da subito ad assicurare l’applicabilità del nuovo accesso adottando “anche adeguate soluzioni organizzative, quali, ad esempio, la concentrazione della competenza a decidere sulle richieste di accesso in un unico ufficio (dotato di risorse professionali adeguate, che si specializzano nel tempo, accumulando know how ed esperienza), che, ai fini istruttori, dialoga con gli uffici che detengono i dati richiesti.” Viene altresì caldeggiata l’adozione di una disciplina interna sugli aspetti procedimentali per esercitare l’accesso e l’istituzione presso ciascuna amministrazione di un registro delle richieste di accesso presentate, al fine di assicurare uniformità ai comportamenti dell’amministrazione nella trattazione delle istanze.

 

Non può, in definitiva, non evidenziarsi la possibilità che in questo anno di “osservazione”, nonostante l’opera di persuasione dell’Autorità, possano instaurarsi o consolidarsi accorgimenti che, avvalendosi della possibilità di individuare legittimamente possibili eccezioni alle istanze di accesso documentale, vanifichino nella sostanza l’impatto potenzialmente rivoluzionario dell’istituto introdotto col d.lgs. 97/2016.

Basti pensare che tra i regolamenti ex art. 24, c. 2, vi è, ad esempio, il Decreto 29 ottobre 1996, n. 603 del Ministro delle Finanze che viene tuttora applicato dall’Agenzia delle Entrate per individuare le categorie di documenti sottratti al diritto di accesso.

 

Risulta sin troppo facile sottolineare come provvedimenti simili possano non essere affatto rispondenti alle esigenze da tutelare con il nuovo istituto dell’accesso, essendo frutto di scenari normativi, istituzionali e soprattutto culturali completamente diversi, quando il FOIA made in USA era oggetto di culto solo da parte di una ristrettissima cerchia di adepti.

Dottore Commercialista e Revisore Legale in Roma Michele Mariella

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