Il federalismo tra flussi finanziari e costi indiretti

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“Le decisioni sul totale da risparmiare e su quanto bisogna investire non sono presi dagli interessati, ma per gli interessati” ( Galbraith)

 

Sergio Sabetta

 

In un recente articolo apparso su MF ( Roberto Sommella, federalismo, scoppia la grana debito, MF, 30/4/10,1) si è osservato che il trasferimento a comuni, province e regioni di beni demaniali per circa 5 miliardi di euro deve comunque comportare il trasferimento di una quota del debito pubblico agli enti locali, essendo il patrimonio elemento di garanzia dello stesso debito pubblico.

Il federalismo è visto come un possibile forma di controllo interno tra aree geografiche nella distribuzione di risorse, vi è tuttavia un ulteriore elemento che interviene in questa analisi costituito dal trasferimento dei costi di produzione e di quelli sociali, come nel caso del flusso e smaltimento di scorie inquinanti da una regione ad un’altra o nella sanità a seguito del trasferimento di persone anziane, fuori dal ciclo produttivo, da un’area all’altra del paese, vedasi ad esempio il caso Lombardia – Liguria, senza che vi sia un ritorno in termini contabili per il discarico dei costi sanitari stessi.

Ancor più se consideriamo la nazione come un dato contabile pratico in un ambito di riferimento scontato secondo una visione fisiocratica, la nazione diventa uno spazio di scambio di cui tuttavia si deve tenere attenta contabilità (Mairet) non solo delle uscite – attive di cassa, ma anche della diminuzione di costi a seguito del loro accollarsi da parte di altre aree, il dare e  avere risulta essere quindi più complesso di un semplice trasferimento positivo di risorse.

Dobbiamo considerare il potere del capitale e delle tecnostrutture collegate, nonché la conflittualità che ne deriva, principio stesso del dinamismo finanziario ma anche generatore di profonde seppure fruttuose lacerazioni sì da indurre l’intervento sovrano, tanto da creare un’oscillazione continua tra i due estremi dello Stato minimalista ( Locke – Smith) e dello Stato interventista ( Hegel – Keynes ), secondo una concezione storicistica hegeliana delle teorie (Chatelet).

Mentre un tempo tutta la attività economica era regolata dalle leggi del mercato concorrenziale, oggi è sempre più soggetta alle trattative di interesse portato avanti sotto l’egida del governo” ( Galbraith ), questo è ancor più vero nei tempi attuali sotto una apparente deregolamentazione l’attività indiretta di mediazione politica è aumentata, in quest’ambito rientrano la distribuzione di risorse e costi all’interno del sistema nazione.

L’ esternalizzazione dei costi di produzione e dei costi sociali in presenza di un sistema federale assume delle valenze molto forti in quanto l’attenzione è attirata piuttosto dai flussi finanziari diretti, ma difficilmente dalla distribuzione dei costi indiretti e dai suoi ritorni economici tanto da diventare costi invisibili; pertanto anche questo aspetto deve essere attentamente valutato in una ottica federale né può essere lasciato volta per volta ad una trattativa estemporanea tra politici espressione delle varie aree locali senza una pianificazione contabile che individui oggetto e criteri di misurazione ( Facchinetti).

Dobbiamo considerare che, come osserva Borgonovi, un federalismo perseguito come rottura del sistema e delle relazioni economiche e sociali fra le diverse aree del paese se non calibrate può creare sia equilibri più avanzati, ma può creare anche equilibri economici più  arretrati   con elevata conflittualità difficile da gestire e tale da portare al fallimento del sistema, quindi occorre avere una chiara coscienza di quello che si offre ma al contempo anche di quello che si preleva, sebbene indirettamente, questo può avvenire solo attraverso una comparazione socio-economica “onesta” tra aree, oltre ad una chiave di lettura dei dati il più possibile condivisa.

Per evitare una conflittualità permanente si devono quindi oggettivizzare i criteri di valutazione per i costi indiretti, rendendoli flessibili nell’inserire nuovi parametri al fine di definire la contrattazione politico-amministrativa che ne consegue e che dovrà rinnovarsi periodicamente nella revisione dei parametri stessi, tanto più che già attualmente non sono ancora ben definiti, seppure in termini probabilistici, i costi iniziali di un tale sistema.

Non dobbiamo, inoltre, sottacere che la federalizzazione aumenta le possibilità di ulteriori differenziazioni per la creazione ed il rafforzamento di un reticolo di correlazioni che leghino strettamente aree economico geografiche transfrontaliere, proiettando alla creazione di nuove aree politico-amministrative tra Stati diversi, d’altronde le aree politico ed   economiche oltralpe più sviluppate costituiscono elementi di attrazione, con una ulteriore differenziazione di flussi economici e di costi nella contabilità nazionale peraltro sottoposta ai rischi finanziari della globalizzazione, una possibilità già esistente secondo un preciso richiamo storico plurisecolare di trazioni tra area germanica e Francia.

 

Bibliografia

  • E. Borgonovi, Principi e sistemi aziendali per le amministrazioni pubbliche, Egea 2005;
  • F. Chatelet, Il lavoro e l’industria: il marxismo, vol. II, in Storia delle ideologie a cura di F. Chatelet, Rizzoli 1978;
  • I. Facchinetti – L. Rigano – P. Svanoni, Il controllo di gestione, Pirola ed. 1993;
  • J. K. Galbraith – N. Salinger, Sapere tutto o quasi sull’economia, Oscar Mondadori 1982;
  • O. Tronconi, Complexlife: Il nuovo mondo, in Complexlab.com.

Dott. Sabetta Sergio Benedetto

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