Il Documento Informatico Tributario

Scarica PDF Stampa
A seguito dell’interessante dibattito dottrinario[1] provocato dall’ultima risoluzione dell’Agenzia delle Entrate (la n. 14/E/08) in tema di conservazione elettronica sui siti specializzati in ICT, mi sembra doveroso un mio modesto contributo sull’argomento da tributarista.
Innanzitutto, ed è certamente utile ribadirlo in questa sede anche alla luce della recente sentenza della Cass a SS. UU. n. 23031/2007, si deve ricordare che le circolari dell’Agenzia delle Entrate altro non sono che pura dottrina e quindi inidonee a vincolare sia i cittadini sia i giudici tributari. Ulteriore pronuncia e, si spera, definitivo tassello per l’esatto loro posizionamento nella teoria delle fonti in conformità a quei principi già espressi in sede di definizione della natura dell’interpello (atto, cioè, reso dall’amministrazione ai sensi dell’articolo 11 L. 212/2000) dagli stessi giudici. Gli atti provenienti dall’Agenzia delle Entrate (siano essi emanati sotto forma di interpello, che di circolari o risoluzioni) non integrano, quindi, alcun esercizio di potestà impositiva e devono considerarsi un mero parere rispetto al quale il cittadino, nei cui confronti sono indirizzati, è libero.
Per l’interprete, invece, è indubbio il loro valore, perché consentono di poter conoscere quella che viene definita (in gergo) la “dottrina dell’Amministrazione”; quindi cosa si pensa nelle stanze dell’Agenzia delle Entrate.
Altra puntualizzazione, in tema di teoria delle fonti, riguarda l’incidenza nel settore tributario delle c.d. fonti sovranazionali[2]. A tal proposito, semplificando[3], se i rapporti con i paesi extra UE rientrano nel consueto rapporto di "coordinamento" che è studiato dal Diritto Tributario Internazionale, quelli con i paesi CEE ( per sintetizzare) sono piuttosto, e fino a che non venga alla luce la c.d. carta costituzionale comunitaria, di "integrazione". I cui principi sono da ricercare negli artt. 11, 115 e 117 Costituzione e, cioè, nel riconoscimento al primato e al conseguente effetto diretto del Diritto Comunitario sull’ordinamento interno, in concomitanza con l’altro fondamentale principio dell’immediata disapplicazione della norma interna quando in contrasto con quella comunitaria.
Da questi principi ne discende chiaro e pacifico il dovere che ha il legislatore di rispettare, nell’esercizio dell’attività legislativa, i vincoli (norme e principi) che progressivamente emergono nel processo di costruzione dell’ordinamento giuridico comunitario.
Fatte queste necessarie premesse ermeneutiche, andiamo al nocciolo dell”argomento oggetto del presente saggio.
Devo subito dire che le tesi illustrate dagli illustri commentatori, pur se estremamente interessanti per gli spunti di riflessione che provocano, non mi hanno del tutto convinto perchè le ho trovate non incisive (anche se molto affascinanti in specie le obiezioni illustrate da A. Lisi nel suo commento, molto più articolato, espresso a seguito della pubblicazione della risoluzione n. 161/E del 9 luglio 2007[4]) in quanto non completamente pertinenti alla materia regolata dal Diritto Tributario[5] e, pertanto, non condivisibili perchè colgono solo un aspetto del problema.
Cercherò di spiegarmi.
Voler trapiantare, senza mediazione alcuna, i principi propri della tecnologia digitale (e del conseguente Diritto delle Tecnologie Informatiche) nel mondo del Diritto Tributario, è fuorviante; così come rigido e conservatore (per l’ incapacità di interpretare il nuovo che incalza se non con istituti nati e concepiti in un modo antico) è l’intervento del Legislatore tributario e dell’Agenzia dell’Entrate (suo braccio operativo). Le tesi della circolare in oggetto (ben altra sostanza, anche intellettuale, è da riconoscere alla Risoluzione n. 36/E del 2006) sono sintomatiche della superficialità necessitata[6] con cui l’Agenzia (anche o forse soprattuto), per incapacità culturale del Legislatore, cerca di "mediare" gli istituti propri del Diritto Tributario alla luce delle problematiche che il diritto delle Tecnologie Informatiche pone[7].
Posizioni stimolanti, comunque, per la sfida che pongono: ricercare le basi per la nascita di quello che ho definito come Diritto Tributario Telematico[8].
Naturalmente, anche per la delimitazione del campo d’indagine, questo scritto cercherà solo di individuare quali sono, ad oggi, i caratteri salienti che consentono di stabilire se un documento informatico è rilevante e, quindi, utilizzabile ai fini tributari; rinviando ad un secondo momento sia le questioni relative alla dematerializzazione[9] e conservazione[10]  dei documenti informatici nel Diritto Tributario sia i complessi problemi collegati ai nuovi meccanismi (imposti da internet e dalle nuove tecnologie) che si dovranno pensare per l’accertamento e la riscossione dei tributi che, spero, di poter trattare in altri interventi.
Giusto per capirci.
Il Legislatore tributario è intervenuto sui problemi appena sopra evidenziati in diversi tempi e con diversi strumenti e, come è ormai prassi consolidata nel Diritto Tributario, utilizzando diverse fonti normative (addirittura, in questo settore abbiamo la presenza di interventi essenziali di comitati quali CNIPA). Il primo intervento significato in questo settore si può far risalire, come è certamente a conoscenza dell’attento lettore, alla necessità di dover attuare la Direttiva 2001/115/CE in materia di semplificazione ed armonizzazione delle modalità di fatturazione ai fini IVA, al D.M. del 23 gennaio 2004 e succedaneo D. Lgs n. 52/04, con cui si è cercato, per la prima volta[11], e in maniera unitaria, (precedente intervento settoriale era avvenuto con il D.L. n. 357/94 e succ. mod. sulla semplificazione degli adempimenti ecc. e con il T.U. sulla documentazione amministrativa DPR n.445/2000) di rendere più agevoli le procedure di conservazione documentale in campo civilistico[12] e, quindi con effetti conseguenti in campo tributario, grazie all’ausilio degli strumenti informatici messi a disposizione dalla tecnica attuale. Ultimo intervento può ritenersi il D. Lgs n. 82/05.
Precedentemente, con il D.P.R. n.404 del 5 ottobre 2001, era stato approvato un regolamento per semplificare e razionalizzare gli adempimenti fiscali (a cui era seguita la Circolare n. 22/E del 28/2/2002 sulle modalità di trasmissione dei documenti fiscali all’Agenzia per via telematica) attraverso la possibilità di utilizzare le nuove tecnologie in merito al trattamento ed alla conservazione delle informazioni.
Cosa è un documento e cosa deve intendersi quando si parla di un documento informatico rilevante ai fini tributari.
Con il termine documento, per la semiotica moderna, si indica qualsiasi supporto sia portatore di significato (o dato) per non più delimitarlo all’essere unicamente qualcosa di leggibile sotto forma di parola scritta, ma quale risultato della capacità del ricercatore di interrogare un materiale. Data questa definizione, allora, qualsiasi materiale che riesca ad essere supporto per la trasmissione dell’informazione (significato) può diventare documento. Il procedimento attraverso il quale,poi, un materiale del tempo diventa un documento, cioè uno strumento di trasmissione, viene definito registrazione del dato sul supporto e la sua eventuale e successiva decodificazione del messaggio è la fase della lettura o presa di conoscenza dell’informazione.
Il materiale di supporto che consente la registrazione di un documento tanto da definirlo, può essere di due tipi:
·       documento analogico, perchè immanente,[13] tangibile; come la carta o la fotografia.
·       documento digitale o informatico[14], perchè attraverso le leggi dell’informatica si effettua una rappresentazione astratta e numerica[15] della realtà sensoriale che viene   trasfusa in un sistema digitale binario (detto bit) che è l’unità di misura con cui, in linguaggio macchina[16], viene rappresentato il mondo fisico. Per tale sua natura questo tipo di documento, oltre che essere caratterizzato dalla numerabilità, astrattezza, combinabilità, serialità, sequenzialità, é (per essere intrinsecamente collegato alla scienza informatica) indissolubilmente portatore di quantità di informazione diverse a seconda della qualità delle componenti hardware e software utilizzate per la sua creazione.
Il Legislatore italiano, con l’art 1 del D.M. del 23.1.2004, sotto la forte spinta dell’innovazione tecnologica dei nuovi mezzi di comunicazione, utilizza una definizione di documento che, rispetto a quella appena fornita, differisce per la necessaria funzione che il supporto deve soddisfare nel settore giuridico: il materiale di supporto si può definire documento solo se i dati in esso contenuti e trasportati si possono conservare nel tempo[17].
Legislatore che, nella difficoltà di trattare questa nuova materia (che in un futuro non troppo lontano, come hanno immaginato scrittori di fantascienza, ci induce a prevedere il momento in cui l’informazione non avrà più bisogno di alcun supporto per raggiungere il ricercante) ha inteso determinarne la natura e le qualità essenziali di ogni singolo aspetto (e tralascio tutte le complesse problematiche rispetto alle questioni che solo descrittivamente elenco e che avrebbero bisogno di ben altro spazio) attraverso tutta una serie di definizioni[18] e differenziazioni. Come tra d. analogico[19] e d. analogico originale[20] o quella tra documento c.d. digitale e quello informatico.
In quest’ultimo caso la differenza , ex lege, è individuata nel fatto che il secondo ( art. 1 lett. e, D.M. 23.1.04) è sì una " rappresentazione informatica di atti, fatti o dati " ma che devono essere ".. giuridicamente rilevanti".
Queste definizioni, però, non consentono ugualmente di condividere le conclusioni formulate dal Tommasi nell’articolo citato alla nota 1). L’autore (se si è compreso il suo argomentare) giunge ad una valutazione tra d. analogico e d. digitale discutibile. Utilizza definizioni proprie di altri domini scientifici (fisica e matematica, in primis) che, però, poco o nulla hanno a che vedere con la scienza giuridica, tanto da fargli affermare che con la definizione di analogico si introdurrebbe un concetto di imitazione ed imprecisione, contrapponendolo al concetto di digitale che, a suo dire per essere rappresentazione numerica della natura, è unico ed irripetibile. Niente di più errato[21].
Se per le sue caratteristiche il documento digitale e/o informatico, oltre che produrre vantaggi di natura economica immediati[22], conferisce delle indubbie qualità, prima non immaginabili, al rappresentato quali la flessibilità[23], la simulazione[24], la riproducibilità[25], la trasmissibilità[26] ed infine l’interattività[27] crea, però nel contempo, non pochi problemi nel campo giuridico e differenti a secondo del settore in cui deve essere utilizzato e che sono alla fonte delle paure del Legislatore.
Problematiche che, semplificando, possiamo complessivamente definire come difficoltà sia nell’individuare un efficace metodo di autenticazione[28] sia nel riuscire ad assicurare forme efficaci di garanzia del diritto di proprietà[29]  che, sempre semplificando, sono poi i temi propri del Diritto dell’Informatica Giuridica.
A questi problemi, nello specifico settore di studio del Diritto Tributario[30] , si sommano altre difficoltà collegate all’attuazione della norma tributaria[31], cioè di come, assicurata l’esistenza del presupposto del tributo, concretamente procedere al prelievo nei confronti degli obbligati nel rispetto della loro capacità contributiva (art. 53 Cost) e dopo aver espletato quelle necessarie funzioni di controllo (a secondo dei diversi tributi), per evitare evasioni.
In queste criticità[32] che si è cercato di semplicemente elencare, s’innescano, poi, i problemi collegati alla c.d. la conservazione dei documenti informatici tributari sotto un duplice aspetto: di cosa necessita, ulteriormente, un documento informatico perchè sia utilizzabile anche ai fini fiscali e quali sono gli strumenti[33] per consentirne e garantirne la conservazione tanto da certificarne[34] la non modificabilità[35].
Problemi che sembrano insormontabili e dovrebbero indurre ad una non utilizzabilità del documento informatico in questo specifico settore e proprio per lo scarso o quasi nullo valore probatorio attribuibile al documento informatico ai fini fiscali.
Ma la realtà, che è poi la fonte principale del diritto, ci dice che si è in una fase avanzata di erosione dei vecchi principi e schemi che intaccano il concetto stesso di sovranità. Viene ormai messo in discussione, con l’espandersi di internet, il concetto stesso di confine, cioè di quello spazio non solo fisico, entro cui tutte le vecchie teorie e dottrine economiche racchiudevano la produzione della ricchezza[36].
Effetti che direttamente vanno ad incidere nel settore tributario che, per sua intrinseca natura, è strettamente collegato al concetto di sovranità.
Per l’argomento che delimita questo breve saggio, questo effetto lo riscontriamo nella mediazione trovata dal legislatore tra il problema di assicurare le entrate tributarie allo Stato e l’utilizzabilità delle nuove tecnologie informatiche, che consentono indubbie semplificazioni e risparmi economici[37], anche per quanto riguarda l’attuazione del tributo; se non altro perchè condizionati e sollecitati[38] dalle normative sovranazionali.
Fenomeno, quest’ultimo, rivoluzionario anche per la classica teoria delle fonti, perchè spinge ad un rovesciamento delle classificazioni insegnate a scuola, fino a far divenire il contratto una delle fonti primarie[39], per la sua capacità di intercettare le innovative istanze che giungo dalla civiltà cibernetica. Rivoluzione, che è definita con il nome di interdipendenza sistemica[40] alla legiferazione transnazionale.
 
Ma andiamo al nocciolo delle questioni.
 
IL DOCUMENTO INFORMATICO TRIBUTARIO o D.I.T.
 
Il Legislatore, all’art. 3 del D.M. del 23.1.2004 ha introdotto un altro artefatto giuridico. Ci dice che, affinché il c.d. documento informatico (per come sopra precisato) possa essere utilizzato anche nel settore tributario, è necessario che soddisfi un ulteriore requisito:
deve avere una forma statica non modificabile[41]
 
Con questo (in cui l’aggettivo statico è usato, credo, più per l’effetto onomatopeico che per una chiara e precisa cognizione del suo significato[42]), il legislatore ha inteso affermare la necessità di un quid pluris[43] che deve possedere in campo tributario il documento informatico. Necessità che nasce dalla consapevolezza che la sua funzione è quella di assicurare la certezza della provenienza e della sua non alterazione nel tempo (per questo la richiesta di un riferimento temporale e, nel contempo, dell’apposizione della firma elettronica qualificata[44]) affinché sia garantita la sua funzione primaria nel campo tributario: rendere effettiva l’attuazione della norma tributaria, nel senso sopra detto, ed evitare, in ultima istanza, le frodi[45].
 
De iure condendo, si può certamente criticare questa scelta di politica legislativa, ma che non consente,però, di giungere alle conclusioni del Lisi, nell’artico citato in nota 4), quando afferma che tale meccanismo è in netto contrasto con quanto previsto dalla Direttiva Comunitaria.
Infatti, è stato proprio il Legislatore Comunitario, in previsione delle difficoltà operative e di ritardo tecnologico che, pur stabilendo come (D. 2001/115/CE, art. 2, par. 2 lett. c, 2 comma) a garantire l’autenticità dell’origine e l’integrità delle fatture trasmesse in via elettronica è sufficiente l’apposizione di : "..una firma elettronica avanzata…" , nel contempo ha previsto la possibilità, per i Legislatori nazionali, di : "…esigere che la firma elettronica avanzata sia basata su un certificato qualificato..."che è (lettera h, D.M. 23.1.04) la definizione, per l’appunto, della c.d. firma elettronica qualificata. Con questo introducendo un doppio e differente binario (che rafforza le considerazioni esposte in nota 45) con quanto stabilito per le normali fatture per cui (D. 2001/115/CE, art. 2, par. 2 lett. b, 3 comma) si afferma che: "Gli Stati membri non impongono che le fatture siano firmate". Peraltro, all’attento lettore, non sfuggirà che, sempre lo stesso Legislatore Comunitario, all’art. 1, lett. b) stabilisce, fra le indicazioni necessarie per l’emissione delle fattura, anche la presenza del riferimento temporale[46].
Questo, piaccia o meno, è il quadro normativo a norme date che possiamo brutalmente riassumere: per l’emissione di un Documento Informatico Tributario, il materiale di trasmissione preminente, sia per il Legislatore Comunitario [47] che per quello Nostrano[48] è la carta, cioè il c.d. documento analogico.
 
Ha senso, quindi, parlare di documento informatico nel settore tributario, se si ha chiara la  complessità della situazione che, seppur in divenire, vede oggi il Legislatore (non solo nazionale e proprio per gli effetti transnazionali dell’economia di internet) prodursi in una più semplice e conservativa opera di interventi legislativi che, in via di mediazione, appunto, cercano di trovare equilibri possibili fra le istanze di certezza, prova e semplificazione; anche attraverso la creazione di artefatti giuridici inesistenti sia nella vita reale che nella scienza informatica. Operazione di retroguardia perchè oggi, in un contesto di economia globalizzata[49], si dovrebbero ricercare soluzioni innovative che traghettino il potere impositivo degli Stati (mantenendone e preservandone, nello stesso tempo, le fonti di reddito) da un sistema economico-legislativo pensato e strutturato su un’economia basata sulla circolazione di beni e moneta tangibili, in un nuovo mondo (in cui le transazioni possono avvenire senza che fra l’offerente ed il compratore vi sia mai alcun contatto fisico) fondato sulle informazioni.
 
In buona sostanza, il problema non deve essere inquadrato nella semplice ottica della rincorsa della tecnica perchè, proprio per la falsificabilità intrinseca al documento digitale e/o informatico, per come sopra definito, non avremo mai un documento di cui certamente garantirne la immodificabilità ( nel senso sopra descritto).
 
E’ necessario, allora, ripensare il concetto stesso di documento e portare alle estreme conseguenze (o meglio alla sua completa attuazione) la definizione che si è sopra prospettata. Si è Parlato di crisi culturale, proprio perché, nell’era della rivoluzione cibernetica (di cui internet è solo uno degli aspetti, anche se il più socialmente incisivo), è fuorviante fare una distinzione tra strumento con cui si trasferiscono i dati giuridicamente rilevanti e il dato stesso.
 
Se anche nel Diritto, così come nella semiotica moderna, la trasmissione dell’informazione giuridicamente rilevante non è più delimitata dal tipo di materiale usato per il supporto, allora lo strumento di trasmissione informatico é esso stesso il "nuovo materiale" che la tecnica cibernetica, oggi, mette a disposizione della cultura giuridica.
 
Voler distinguere lo strumento con cui vengono trasmessi i dati (informazione) e i dati stessi, è fuorviante e riduttivo. Lo strumento è il dato e il dato è lo strumento.
 
Gli altri problemi, che sono poi i problemi attuali della scienza informatica, cioè della crittografia dei dati per assicurare la non falsificabilità degli stessi in uno a quello delle difese necessarie per impedire intrusioni indesiderate, attengono piuttosto al lato dell’accertamento o della repressione.
Problemi, che riguardano gli aspetti elusivi e/o evasivi collegati al fenomeno dell’armonizzazione fiscale tra stati e, nello stesso tempo, alla capacità accertativa degli organi ispettivi. Peraltro, come gli informatici sanno, è più facile verificare l’intervento falsificatore di un documento informatico, per le tracce che un tale intrusione lascia, rispetto all’accertamento e alla dichiarazione di falso di un documento cartaceo.
 
La prospettiva legislativa nella piena e totale applicazione dell’art. 3 e succ. del D.lgs n. 82/05, deve essere (superata l’attuale concezione che si ha d’internet[50]in ambito tributario) di una maggiore e consapevole interconnessione (connessionesoftware ed hardware) spinta fra tutti gli utenti consumatori/contribuenti e il fisco (inteso in senso generale nella duplice veste di legislatore ed attuatore delle norma tributaria); ottenendo così un duplice effetto positivo: abbattere tutti i costi collegati con gli adempimenti burocratici che il sistema cartaceo (e sistema dematerializzazione e conservazione per come pensato e strutturato) comporta e facilitare in via immediata i controlli. Con l’indubbio vantaggio dal punto di vista sociale ( che è poi lo spirito che ha indotto all’emanazione delle varie legislazioni in materia di dematerializzazione e semplificazione) di accellerare verso la E-Democracy : nascita del nuovo rapporto diretto ed immediato tra le istituzioni e il cittadino.
 
Questa è la rivoluzione culturale cui si accennava : capovolgere la prospettiva da cui analizzare e risolvere il problema.   
 
Solo se si ha ben chiaro il quadro d’insieme che si è tentato (in modo certamente semplificato ma, spero, non semplicistico o scorretto) di illustrare, ben si comprende, allora, perchè pur permanendo, nel campo tributario, più che in ogni altro ramo del diritto, la persistenza del primato del supporto analogico/cartaceo (in cui il digitale è considerato solo un supporto e l’informatica uno strumento), sia arrivato il momento di sostituirlo definitivamente con quello informatico/digitale.
 
 
 
 
Avv. Francesco Molinari
Socio di Avvocati & Avvocati
 


[1]              Tommasi Fabio: " La questione dello spool di stampa: non è un documento informatico. Riflessioni in occasione della risoluzione n.14/E del 21/01/2008…",
                e Lisi Andrea : " Prima lettura della risoluzione del 21/01/2008 n. 14 dell’Agenzia delle Entrate ", articolo pubblicato all’indirizzo http://www.giuristitelematici.it/modules/bdnews/article.php?storyid=1260
                è doveroso richiamare anche l’intervento molto critico di Cammarata M. , che vede nella risoluzione citata, ".il risultato paradossale di una burocrazia incompetente e ottusa.." in suo articolo." Fattura elettronica: materializzazione del dematerializzato " pubblicato all’indirizzo http://www.giuristitelematici.it/modules/bdnews/article.php?storyid=1259
[2]              con i problemi che ne discendo di: mancata armonizzazione delle imposte dirette ed indirette in ambito comunitario e non; di applicazione dei principi di non discriminazione fiscale nel diritto convenzionale e comunitario; di collaborazione fra gli stati (attraverso procedure amichevoli, scambio di informazioni, cooperazione amministrativa e verifiche simultanee); di concorrenza fiscale, del codice di condotta UE e del rapporto OCSE in materia di tax harmfull competition ecc..
[3]              naturalmente la mia semplificazione tralascia le molteplici e gravi questioni interpretative generate dalle nuova formulazioni degli art. 115 e 117.
[4]              Lisi  Andrea, " Risoluzione n. 161/E del 09 luglio 2007 : nulla di nuovo in materia di dematerializzazione…solo un pò di confusione" in Rivista di Diritto,Economia e Gestione delle Nuove Tecnologie, Nyberg editore 2007.
[5]              che per gli interessi che tutela (quelli, per intenderci che ontologicamente sono alla base dell’esistenza stessa di uno stato e che, nella nostra carta costituzionale, sono richiamate dagli artt. 23 e 53.) è la più conservatrice
[6]              perchè interpreta le norme in chiave ancora più conservatrice del legislatore stesso, come appresso cercherò di dimostrare
[7]              Il Lisi, nello scritto richiamato, giustamente osserva, giustamente, che la circolare 36/E/2006 è stata almeno saggia nell’andare cauta nelle definizioni consentendo una interpretazione elastica ed aperta alle rivoluzioni costanti in campo informatico.
[8]              Intendendo un diritto tributario che rielaborando i principi e le norme concernenti e l’imposizione e la riscossione dei tributi propri di uno stato, li coordina con i rapporti giuridici che vengono a formarsi tra quei soggetti che operando su internet in maniera più o meno prevalente (per la loro attività d’impresa o no) ed utilizzando l’insieme interconnesso d’elaboratori elettronici, sia computer sia mainframe e/o reti di collegamento le più varie (telefoniche o a fibre ottiche ecc), producono reddito. In "Appunti per un Diritto Tributario Telematico O di internet", saggio pubblicato su Diritto & Diritti – Rivista giuridica elettronica, pubblicata su Internet all’indirizzo https://www.diritto.it/art.php?file=/archivio/24990.html
[9]              con questo intendo il processo informatico che, nel rispetto delle normative specifiche ( in primis convenzioni internazionali stipulate in ogni singolo ambito di competenza),consente di riconoscere pieno valore legale (della sua costituzione, elaborazione,conservazione ecc.) a tutti quegli atti (e fatti) transazionali rilevanti sotto il profilo giuridico, direttamente realizzati in formato digitale. Primo esempio è stata la dematerializzazione degli strumenti finanziari, disciplinata con il d.lgs. n. 213/1998.
[10]             con questo termine si intende la procedura informatica con cui, secondo norme stabilite ex lege, si garantisce l’equivalenza tra un documento e le sue copie digitali.
[11]             mentre con il D.M. del 31 luglio 1998 e succ. mod. si erano emanate le sole regole tecniche per la trasmissione delle dichiarazioni e dei contratti di locazione.
[12]             come con il terzo comma dell’art. 2220 c.c., introdotto appunto dal D.L. n.357/94
[13]             in quanto il messaggio, il significato, è insito nel materiale che lo trasporta e trova in esso principio e fine.
[14]             termini, quindi, che sono equivalenti perchè rappresentano, non altro, che la conversione, mediante le leggi dell’informatica, del materiale di supporto in numeri e, in buona sostanza, sono sinonimi per la lingua italiana .
[15]             Con il termine documento digitale, quindi, ci si riferisce ad un qualsiasi oggetto fisico (sia esso un testo, una immagine o un filmato ecc.) che viene rappresentato, cioè codificato, tramite una grandezza fisica (linguaggio convenzionale composto da una serie di 0 ed 1, definito bit) che assume valori binari ottenuti attraverso un processo di elaborazione elettronica, di cui è quindi identificabile l’origine, che sarà memorizzata su un supporto materiale, più o meno mobile ( cd, dvd, hard disk ecc.,) e destinata a durare nel tempo.
[16]             Semplificando, il linguaggio macchina è il linguaggio in cui sono scritti i programmi eseguibili per computer ed è basato su un alfabeto, numerico, detto binario proprio perché comprendente due soli simboli, generalmente indicati con 0 e 1 detto, per l’appunto, bit.
[17]             per la verità la norma dice qualcosa di più, infatti richiede che il materiale di supporto deve consentirne la presa di conoscenza a distanza di tempo dei dati, atti o fatti in esso rappresentati.
[18]             che in alcuni casi sono dei e veri propri artefici giuridici.
[19]             di cui non fornisce la definizione ma solo la sua struttura perchè dice che, lett. b) stesso D.M. citato "...è formato utilizzando una grandezza fisica che assume valori continui, come le tracce su carta…"
[20]             che, lett.c) stesso D.M., senza darne alcuna definizione, ci viene detto che "...può essere unico e non unico…"
[21]             se non altro perchè nell’epistemologia, da Galileo ad arrivare a Popper, è proprio nella ripetibilità che viene indicato il fondamento della scientificità di una teoria e conseguente esperimento.
[22]             I vantaggi della digitalizzazione dei documenti consistono nella drastica riduzione dell’ingombro degli archivi cartacei e/o magnetici, con le conseguenti economie di scala, nonché la maggiore velocità nelle ricerche e negli aggiornamenti dei dai oltre che alla possibilità di un utilizzo contemporanei (con l’apertura di nuovi mercati ancora non del tutto esplorati) in uno stesso documento di elementi multimediali e, infine e non per ultimo, l’innegabile possibilità di trasmissione in tempo reale , mediante internet, dei dati.
[23]             Perché consente di combinare le parti in modo da integrare in un unico documento qualsiasi tipo di materiale.
[24]             Cioè di instaurare un’esatta corrispondenza tra originale e copia sempre reversibile, consentendo ad un documento di essere formalmente manipolato, tagliato e combinato in modi diversi, senza che si perda mai la possibilità di mantenere inalterato l’originale.
[25]             perchè un documento elettronico ha una maggiore sopravvivenza e migliore conservazione nel tempo anche se i dati registrati su un supporto elettronico sono ad alto rischio di cancellazione: per errore dell’utente, per alterazione dello stato magnetico di una traccia.
[26]             che consiste nel trasmettere i bit che compongono il messaggio dall’emittente al ricevente in modo che la sequenza di arrivo sia simile a quella originaria, eliminando, o meglio riducendo di molto l’evenienza, una trasmissione analogica, dell’ intervento di interferenze che distorcono o fanno arrivare incompleto il messaggio al ricevente.
[27]             perchè i documenti digitali non sono indipendenti, ma possono essere collocati all’interno di un sistema ipertestuale aperto verso l’esterno al valore aggiunto portato dai lettori.
[28]             con questo intendendo la difficoltà, una volta per sempre, di organizzare un metodo efficace di autenticazione che elimini la possibilità di manipolare e/o modificare il testo, nonché riesca a scongiurare quello che viene definito plagiarismo, nonché la possibilità di conversione da un formato all’altro ( con quello che questo comporta),
[29]             perchè, la instabilità e la facilità di manipolazione dei documenti digitali rende difficile, se non impossibile garantire i diritti di proprietà intellettuale per la contemporanea difficoltà della tecnica di assicurare la identità ad un contenuto che non è identificabile con certezza. 
[30]             che è poi, a dirla con A. Fantozzi, "-..quel complesso di norme e principi che presiedono all’istituzione e all’attuazione del tributo." pp. 4 in Diritto Tributario edito da UTET. Il cui fine ontologico, seppure enucleatosi dal più ampio ed eterogeneo diritto finanziario, è e rimane assicurare quelle risorse necessarie alla realizzazione di quei fini pubblici che la comunità si è dato e che sono alla base della sua stessa esistenza come comunità organizzata. Mezzi finanziari che dovendo essere strutturati e realizzati nel rispetto dei principi sanciti nella Carta Costituzionale, si inquadrano, sempre a dirla con il Fantozzi in stessa opera citata, pp. 7 :"..come un complesso di norme strumentalmente collegate in funzione della realizzazione del prelievo."
[31]             cioè quando il prelievo, imposto da una norma tributaria rispettosa dei principi costituzionali,deve essere attuato al caso concreto. Tema, che in passato andava sotto il nome di accertamento e riscossione.
[32]             che è poi quello della facilità con cui (e lo sanno bene i tecnici), gli stessi strumenti informatici ed internet consentono di realizzare oggi, più di ieri, la falsificazione e, problema non secondario, la perdita ( virus ecc.) dei dati racchiusi nei vari documenti.
[33]             nel senso di quali requisiti tecnici devono avere
[34]             Garanzia consentita dalla c.d. tecnologia della firma digitale che permette di dare la paternità e rendere immodificabile un documento informatico, se affiancata poi dalla marcatura temporale che consente di datare in modo certo il documento digitale prodotto.
[35]             Problema che, per la verità, è ormai diventato il problema dei problemi in informatica sotto il duplice profilo della sicurezza e della segretezza che, come riconoscono gli stessi informatici, non è risolvibile, allo stato delle conoscenze, neanche dai più sofisticati sistemi crittografici a 128 bit.
[36]             spunti interessantissimi sull’argomento posso essere tratti dal libro di S. Cipollina – i confini giuridici nel tempo presente- edito da Giuffrè, in cui è possibile reperire, inoltre, ampia bibliografia sull’argomento.
[37]             oltre a realizzare il sembra agognato rapporto diretto tra istituzioni e cittadini; la c.d. democrazia diretta e partecipata.
[38]             Non a caso una delle prime normative in cui si trovano tracce di queste problematiche le troviamo nelle normative nell’ambito della commercializzazione a distanza di servizi finanziari, disciplinata, per la prima volta, nella direttiva 90/619/CEE.
[39]             così F.Galgano-S. Cassese-G.Tremonti-T.Treu in Nazioni senza ricchezza, ricchezze senza nazioni, pp. 21 e ss. Il Mulino, 1993.
[40]             indicando con questo termine il processo, in atto, di porosità (così S. Cipollina – nel testo citato– a pp. 11 e ss.) del sistema giuridico di tutti gli stati (certamente in quelli facenti parte dell’OCSE), per cui le sue norme vengono permeate, trasformate se non addirittura sostituite da quelle internazionali; come effetto necessitato della globalizzazione.
[41]             la cui definizione è data dallo steso D.M. alla lett. a).
[42]             In fisica con statico si intende lo stato della materia allo stato inerziale nullo e nella lingua italiana, per l’appunto si intende di qualcosa che è fermo, immoto.
[43]             nella Circolare 36/E/06 ci si diceva, infatti, che questi requisiti erano soddisfatti dalla condizione che il contenuto :" risulti non alterabile durante le fasi di accesso e di conservazione, nonché’ immutabile nel tempo".
[44]             che altro non è (lettera b, par. 2 art. 1 D.M. 23.1.04) che la sottoscrizione elettronica.
[45]             per questo sono richieste ulteriori condizioni sia per la sua emissione (lettera b,) sia per la sua memorizzazione (lettera d,), nonché la necessaria apposizione della sottoscrizione elettronica e di un riferimento temporale nel suo processo (comma 2 stesso D.M.) di conservazione.
[46]             Il commentatore non può che evidenziare come con la prescrizione, comma 2, art. 3 D.M. 23.1.04, nel processo di conservazione, dell’apposizione della marca temporale, si è introdotta, con D.M. una nuova forma di firma elettronica che, per come già Cammarata evidenzia nel suo scritto in nota 1) era scomparsa dal dibattito e dalla legislazione. Con l’introduzione del D.Lgs. n.82/05, in cui si parla solo di validazione temporale ( art. 1 lett.bb) si dovrebbe ritenere intervenuta una abrogazione tacita di tale operazione.
[47]             la tecnica normativa utilizzata alla lettera c) D. 2001/115/CE in cui si stabilisce che : " Le fatture emesse a norma della lettera a) possono essere emesse su carta oppure, previo accordo del destinatario, per via elettronica", non può lasciare dubbi di sorta. Infatti la c.d. fattura elettronica è solo ed esclusivamente un mezzo, peraltro eventuale e lasciato alla volontà di una delle parti, di trasmissione. Ben altra cosa sarebbe stato affermare che le fatture di cui alla lettera a) sono (o devono essere ) emesse in forma informatica.
[48]             che, per la verità usa una congiunzione meno forte quale "o", invece della "oppure" . Infatti, all’art. 21 D.P.R. n. 633/72 , i stabilisce che l’emissione della fattura può essere ".. cartacea o elettronica..".
[49]             non a caso è proprio per regolamentare le transazioni internazionali che si è avuto il primo intervento in tema di documento digitale nella direttiva 90/619/CEE.
[50]            non dimentichiamoci che per l’Agenzia delle Entrate, R.M. n. 133 del 15/11/2004, Internet è solo "un canale alternativo d’offerta ".

Molinari Francesco

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento