Il danno da perdita di chance in ambito medico-legale

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Il tema del risarcimento del danno derivante da perdita di chance ha avuto negli ultimi anni una significativa espansione nella prassi giudiziaria, evidenziando diverse problematiche giuridiche in termini di diritto sostanziale e diritto processuale.

Il presente scritto affronta il relativo istituto con specifico riferimento alla risarcibilità del danno da perdita di chance conseguente all’omessa o ritardata diagnosi di uno stato di malattia da parte del medico, soffermandosi sugli aspetti connessi alla liquidazione del danno afferente la perdita della possibilità di guarigione o sopravvivenza per un arco temporale imprecisato ovvero di godimento di una migliore qualità della vita anche di fronte ad un processo morboso terminale.

 

Sommario

1. Una premessa sistematica

2. La natura giuridica del danno da perdita di chance

3. L’aspetto processuale: l’onus probandi

4. La perdita di chance nel sistema medico-legale

 

1. Una premessa sistematica

Nell’evoluzione giurisprudenziale e dottrinale maturata negli ultimi decenni è stato evidenziato come la tutela della persona debba essere considerata non solo sotto un profilo squisitamente biologico, ma anche sotto l’aspetto emotivo e prospettico, come proiezione futura dell’individuo. I diritti inviolabili dell’uomo riconosciuti e garantiti dall’art. 2 della costituzione comprendono, infatti, anche la possibilità di migliorare la propria qualità di vita.

In questo contesto ermeneutico il danno alla persona non si limita al solo pregiudizio di beni già presenti nel patrimonio dell’individuo o che sarebbero sicuramente entrati a farne parte, ma si estende anche alle lesioni di una mera aspettativa, di una possibilità di miglioramento della qualità di vita; si parla, in questi casi, di risarcimento del danno da perdita di chance.

L’asserzione da ultimo propugnata impone una precisazione terminologica sul concetto di chance: quest’ultima non coincide, infatti, con una perdita di beni reali, di situazioni certe, il pregiudizio che si va con essa a tutelare non è la perdita della posta che è in gioco, ma solo ed esclusivamente la possibilità di conservarla[1].

In altre parole: si perde l’opportunità di conseguire un determinato risultato, non il risultato in sé considerato.

Come giustamente osservato[2], la perdita di chance implica un’incognita, perché la situazione vantaggiosa avrebbe potuto prodursi se non si fosse verificato un determinato fatto, ma, al tempo stesso, non può escludersi che, anche senza di esso, altri fattori avrebbero egualmente potuto ostacolare il corso degli eventi.

Dunque, la valutazione della perdita di chance è affidata ad un calcolo probabilistico che mette in relazione un certo comportamento con un avvenimento favorevole non verificatosi, al fine di individuare, innanzitutto, se l’avvenimento si sarebbe realizzato senza il prodursi dell’evento, per poi valutare la percentuale di probabilità ed il conseguente danno sofferto[3].

Naturalmente, deve trattarsi di un’aspettativa legittima, coincidente con un interesse al futuro verificarsi di un fatto giuridicamente tutelato. Qualora, infatti, tale interesse non dovesse trovare copertura di legittimità in una norma giuridica, l’aspettativa non potrà considerarsi legittima, ma di mero fatto e, come tale, insuscettibile di dar luogo al risarcimento in caso di lesione.

Ad essere suscettibili di risarcimento del danno, di conseguenza, non saranno solo le perdite patrimoniali o non patrimoniali certe, ma anche quelle perdite meramente eventuali.

Non si può essere certi che se l’avvocato negligente avesse notificato nei termini l’opposizione a decreto ingiuntivo, eccependo l’adempimento dell’obbligazione pecuniaria dedotta dal ricorrente, la successiva fase di cognizione ordinaria si sarebbe conclusa con una vittoria del proprio assistito; tuttavia, è certo che quest’ultimo ha perso la chance di conseguire la vittoria giudiziale. Nella prefata ipotesi risulta, pertanto, evidente il conseguimento di un diritto al risarcimento del danno da parte del cliente del maldestro avvocato, in ragione dell’autonoma situazione giuridica compromessa dalla condotta del legale[4].

Il riportato caso di scuola permette di discernere chiaramente il concetto di risultato mancato da quello di possibilità di conseguirlo, area, quest’ultima, nel cui ambito va collocato il danno da perdita di chance.

 

2. La natura giuridica del danno da perdita di chance

La perdita di chance può assumere le connotazioni sia di danno patrimoniale sia di danno non patrimoniale[5], con consequenziali variazioni in ordine ai criteri risarcitori e le modalità della relativa prova.

Invero, il danno patrimoniale va accertato “nel suo preciso ammontare” (art. 1226 c.c.), pertanto, il giudice dovrà esaminare, ai fini della liquidazione, le sole allegazioni proposte dalle parti. Quanto al danno non patrimoniale, esso è liquidabile nei soli casi previsti dalla legge ordinaria o nei casi di lesione di valori della persona umana protetti, con la previsione dell’inviolabilità della lesione.

Perplessità ha suscitato in dottrina la tesi che identifica il danno da perdita di chance in un lucro cessante[6]; in senso contrario, si è infatti osservato che il lucro cessante è certo nel suo prodursi, della chance invece può dirsi che è certa la sua perdita, mentre è solo probabile o possibile il danno conseguente al mancato sfruttamento. Perciò, ipotizzando – ai fini dell’accertamento dell’esistenza del danno – che le condizioni esistenti al momento dell’evento dannoso siano immodificabili, ne discende che il danno da lucro cessante è danno certo: la perdita di chance è perdita certa; il danno da perdita di chance è solo possibile o verosimile[7].

Alla luce di quanto esposto può facilmente arguirsi come la perdita di chance – intesa come danno emergente conseguente alla perdita della possibilità di un futuro vantaggio – non debba essere confusa con il cd. danno futuro[8], nel cui alveo rientrano danni sottoforma di damnum emergens e lucrum cessans, che si preveda si debbano verificare in un tempo successivo a quello in cui viene fatta valere la pretesa. La perdita di chance, infatti, costituisce un danno attuale, che deriva, come anzidetto, dalla lesione della possibilità di conseguire un risultato favorevole[9].

 

3. L’aspetto processuale: l’onus probandi

L’onere probatorio degli elementi costitutivi della domanda (indipendentemente dalla natura contrattuale o extracontrattuale della responsabilità) di risarcimento del danno derivante da perdita di chance incombe sul danneggiato, in ossequio al principio generale di cui all’art. 2697 c.c.

Quindi, il soggetto che intende far valere la lesione è tenuto a provare la possibilità attuale di conseguire un risultato utile, che va accertata sulla base di criteri di verosimiglianza alla stregua dell’id quod plerumque accidit, secondo il principio giuridico del “più probabile che non”[10].

Invero, dal momento che la chance non costituisce una mera aspettativa di fatto, ma un’entità patrimoniale a sé stante, della sua perdita (id est: della perdita di conseguire un qualsivoglia risultato utile) deve essere provata la sussistenza.

Necessario, dunque, che il danneggiato dimostri (in via presuntiva, ma pur sempre sulla base di circostanze di fatto certe e puntualmente allegate) la sussistenza di un valido nesso causale tra il danno e la ragionevole probabilità della verificazione futura del danno[11].

 

4. La perdita di chance nel sistema medico-legale

Nell’ambito medico-legale accanto ad una perdita di chance intesa alla stregua di danno-conseguenza patrimoniale, costituita dalla perdita totale o dalla riduzione della capacità potenziale di lavorare e produrre reddito, è possibile distinguere una perdita di chance qualificabile come perdita o riduzione della possibilità di conseguire la guarigione ovvero di realizzare un miglioramento di uno stato di malattia.

Con precipuo riferimento alla tipologia di danno da ultimo indicata è possibile affermare che la stessa consiste nel pregiudizio subito da chi, in conseguenza della mancata o errata prestazione del medico, non ha avuto la possibilità di curarsi adeguatamente e tempestivamente, perdendo, in tal guisa, la possibilità “statistica” di guarire o, almeno, di non aggravare la sua pregressa patologia[12].

In tema la giurisprudenza di legittimità ha precisato che l’omissione della diagnosi di un processo morboso terminale, in relazione al quale si manifesti la possibilità di effettuare solo un intervento c.d. palliativo, determinando un ritardo della relativa esecuzione, cagiona, di per sé, al paziente un danno in ragione della circostanza che nelle more egli non ha potuto fruire della tempestiva esecuzione dell’intervento palliativo, che avrebbe potuto alleviare i dolori imposti dal processo morboso[13]. Parimenti, un danno si determina anche nell’ipotesi in cui il paziente perde la chance di vivere per un (anche breve) periodo di tempo in più rispetto a quello poi effettivamente vissuto, ovvero anche solo della chance di conservare, durante quel decorso, una migliore qualità della vita[14].

In concreto, quindi, il paziente potrebbe subire una duplice perdita di chance: quella di vivere meglio durante il decorso della malattia, in quanto le sue precarie condizioni di salute subiscono un aggravamento ulteriore, e quella di vivere più a lungo, stante la riduzione delle aspettative di vita.

La diversa natura ontologica del danno da perdita di chance rispetto al danno biologico evidenziata nei precedenti paragrafi induce a configurare la perdita di chance come autonoma voce di danno emergente, che va commisurato alla perdita della possibilità di conseguire un risultato positivo; conseguentemente, la relativa domanda costituisce domanda diversa rispetto a quella di risarcimento del danno da mancato raggiungimento del risultato sperato[15].

Sotto il profilo squisitamente probatorio, l’attore che agisce in giudizio per ottenere il risarcimento da perdita di chance in campo medico deve dimostrare, anche in via presuntiva e di calcolo probabilistico, l’esistenza di una chance di consecuzione di un vantaggio in relazione ad una determinata situazione giuridica; la perdita di tale chance è risarcibile come danno alla situazione giuridica di cui trattasi indipendentemente dalla dimostrazione che la concreta utilizzazione della chance avrebbe presuntivamente o probabilmente determinato la consecuzione del vantaggio, essendo sufficiente anche la sola possibilità di tale consecuzione. La idoneità della chance a determinare presuntivamente o probabilmente ovvero solo possibilmente la detta consecuzione è, viceversa, rilevante, soltanto ai fini della concreta individuazione e quantificazione del danno[16].

In termini di liquidazione del danno, l’assenza di specifici parametri e tabelle, impone il ricorso alla valutazione equitativa, che non consente, naturalmente, un’astrazione dal caso specifico.

In proposito, ad esempio, la giurisprudenza ha stabilito che in caso di errata esecuzione di un intervento chirurgico praticabile per rallentare l’esito certamente infausto di una malattia, che abbia comportato la perdita per il paziente della chance di vivere per un periodo di tempo più lungo rispetto a quello poi effettivamente vissuto, le possibilità di sopravvivenza, misurate in astratto secondo criteri percentuali, rilevano ai fini della liquidazione equitativa del danno, che dovrà altresì tenere conto dello scarto temporale tra la durata della sopravvivenza effettiva e quella della sopravvivenza possibile in caso di intervento chirurgico corretto[17].

In altra fattispecie caratterizzata da errata diagnosi di un tumore che ha inibito al malato la possibilità di avvalersi di cure tempestive, si è ritenuto che il paziente abbia perduto le speranze di sopravvivenza che, secondo la statistica clinica, sarebbe stata di 5 anni nel 30% dei casi consimili; quindi, il giudice ha liquidato la somma che sarebbe spettata alla vittima nel caso di invalidità permanente al 100%, dividendo tale somma per il numero di anni della vittima, moltiplicando, infine, il risultato per 5 ovvero per il numero di anni di vita probabilmente persi[18].

 

 


[1] CHABAS F., La perdita di chance nel diritto francese della responsabilità civile, in Resp. civ. e previdenza, 1996, 231.

[2] MASTROPAOLO F., voce Danno (risarcimento del), in Enc. Giur., X, 1988, Roma.

[3] MAGNI F., Responsabilità dell’avvocato per negligente perdita della lite tra “certezza” e “probabilità” di un diverso esito del giudizio, nota a sentenza Cass., 06/02/1998, in Danno e resp., 1998, 343.

[4] Per un caso pratico si veda: Trib. Bari, 24/04/2014,  n. 2078, in De Jure.

[5] CHINDEMI D., Il danno da perdita di chance, Giuffrè Editore, 2010, 127, sul tema sostiene che “Trattasi della voce di danno che, all’interno del danno non patrimoniale, è alla ricerca di una sua propria collocazione sistematica, stante la peculiarità che la differenziano dalle tradizionali sottocategorie di danno (biologico – morale . esistenziale). Trattasi di una componente del pregiudizio reddituale che, comunque, è riconosciuta dalla giurisprudenza, di merito e di legittimità, con la sola incertezza della percentuale necessaria al suo riconoscimento, e di cui vengono puntualizzati i presupposti e i criteri, necessariamente equitativi, quanto al pregiudizio di natura non patrimoniale, per la liquidazione di tale voce di danno”.

[6] MASTROPAOLO F., voce Danno (risarcimento del), cit., ritiene che “il danno da perdita di chance rientra nel lucro cessante perché il lucro cessante non è né un bene autonomo, né un’entità, bensì soltanto un vantaggio derivante dal bene oggetto delle situazioni soggettive tutelate dal diritto. In questo senso, tanto l’ipotesi di impegnare economicamente in un futuro lavoro la propria integrità fisica (perdita di chance), sia la possibilità di vincere una causa, non sono probabilità di mero fatto, ma dipendenti dal diritto che ha il creditore cliente alla prestazione. In entrambe le ipotesi, la chance si collega al danno evento, ossia a quel primo evento che segna la violazione di posizione giuridica tutelata dall’ordinamento. Infine, per gli interessi coinvolti non occorre verificare l’esistenza di una specifica tutela, poiché la loro rilevanza e l’ingiustizia della loro lesione viene data dalla connessione col bene giuridico violato o con la posizione giuridica violata”.

[7] ROSSETTI M., Il danno da perdita di chance, in Riv. giur. circ. e trasp., 2000, 665.

[8] Di recente: Cass., 13/06/2014, n. 13491, in Giust. civ., Mass., 2014.

[9] Sul tema, in ambito sanitario, la giurisprudenza di merito ha stabilito che “Il danno da perdita di chance di sopravvivenza è danno patrimoniale, che consegue all’omissione della diagnosi di un processo morboso e consiste nell’impossibilità per il paziente di scegliere cosa fare nell’ambito di ciò che la scienza medica suggerisce per garantire la salute fino all’esito infausto. Esso consiste in un danno concreto ed attuale, si trasmette jure hereditario, e la sua quantificazione deve avvenire secondo un criterio equitativo puro. Nel caso di perdita di chance di sopravvivenza, ai familiari della vittima spetta altresì jure hereditario il risarcimento del danno biologico terminale, e jure proprio il risarcimento del danno da perdita del rapporto parentale”: Trib. Como, 23/06/2016, in www.ridare.it 2016, 26 ottobre (nota di ROSSI R.).

[10] Cass., 17/09/2013, n. 21255, in Resp. civ. e previdenza, 2014, 1, 143.

[11] Cass., 25/09/1998, n. 9598, in Giust. civ., Mass., 1998, 1944.

[12] Cass., 04/03/2004, n. 4400, in Cass. pen., 2004, 2537, secondo cui “in una situazione in cui è certo che il medico ha dato alla patologia sottopostagli una risposta errata o in ogni caso inadeguata, è possibile affermare che, in presenza di fattori di rischio, detta carenza (che integra l’inadempimento della prestazione sanitaria) aggrava la possibilità che l’esito negativo si produca. Non è possibile affermare che l’evento si sarebbe o meno verificato, ma si può dire che il paziente ha perso, per effetto di detto inadempimento, delle chances, che statisticamente aveva, anche tenuto conto della particolare situazione concreta”.

[13] Cass., 20/08/2015, n. 16993, in www.personaedanno.it; Cass., 23/05/2014, n. 11522, in Guida dir., 2014, 32, 66; Cass., 18/09/2008, n. 23846, in Riv. it. medicina legale (dal 2012 Riv. it. medicina legale e dir. sanitario) 2010, 1, 173.

[14] Cass., 27/03/2014, n. 7195, in Guida dir., 2014, 17, 63.

[15] Cass., 04/03/2004, n. 4400, cit., ha infatti sostenuto che la domanda di risarcimento del danno biologico costituisce domanda diversa rispetto a quella di risarcimento del danno da perdita di chance in quanto “l’una attinente la lesione del diritto alla salute, l’altra la perdita della possibilità di conseguire un esito diverso”. In senso analogo è stato sostenuto che “Nella ricorrenza di responsabilità medica, al paziente deve essere liquidato il danno da perdita di chances a condizione che vi sia stata un’espressa domanda, e qualora sia stato richiesto solo il risarcimento del danno da mancato raggiungimento del risultato sperato tale voce non può comunque essere liquidata, trattandosi di domande diverse non ricomprese l’una nell’altra”: Trib. Monza, 11/02/2005, in De Jure, 2005.

[16] Cass., 14/06/2011, n. 12961, in D&G on line, 2011, 18 giugno (nota di FERRARIO).

[17] Cass., 27/03/2014, n. 7915, in Giust. civ., Mass., 2014.

[18] Trib. Monza, 30/01/1998, in Resp. civ. e previdenza, 1999, 701.

Giovanni Gargiulo

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