Il contratto di compravendita

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Il contratto di compravendita è disciplinato dall’articolo 1470 del codice civile, ed è quel contratto attraverso il quale una parte (che viene definita “venditore” o “alienante”), trasferisce la proprietà di un bene oppure altro diritto a un’altra parte (chiamata “compratore” o “acquirente”), la quale si obbliga a pagare un corrispettivo detto “prezzo”.

Chiarisci i concetti essenziali su questo e altri argomenti con il “Compendio di diritto civile” di Anna Costagliola e Lucia Nacciarone, a cura di Marco Zincani.

La compravendita è un negozio di origini remote che, nonostante affondi le sue radici in epoche ben più lontane, può riconoscere la emptiovenditio dei Romani come suo “progenitore” notevolmente evoluto e molto simile alla configurazione adesso riservata a questo istituto dal nostro codice civile.

Il documento normativo disciplina la “vendita” (così è testualmente definita la figura in questione dal nostro codice civile) nel libro quarto “delle obbligazioni”, dedicandole il primo capo nel titolo terzo, che detta le regole applicabili ai singoli contratti, di volta in volta presi in considerazione.

Come si può dedurre dalla definizione codicistica, il carattere della corrispettività è essenziale.

La compravendita è un contratto a titolo oneroso, perché entrambe le parti (venditore o alienante, compratore o alienatario) ricevono un vantaggio economico dalla loro prestazione, che consiste nel pagamento di un prezzo determinato o determinabile, pena la nullità del contratto (ex artt. 1473-1474 c.c.).

In presenza di un contratto tipico il compratore si impegna a pagare un prezzo espresso e corrisposto in quantità di moneta, se la controprestazione avesse in oggetto un bene di altro tipo, si tratterebbe di “permuta”, che consiste nello scambio di cosa contro cosa (negozio meglio noto con il nome di “baratto”).

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Altra caratteristica fondamentale del contratto è che è  un negozio “consensuale”, perché si perfeziona con il semplice raggiungimento dell’accordo tra le parti (secondo il principio consensualistico del quale all’articolo 1376 c.c. e, nello specifico, all’art. 1465 c.c.), che risulta sufficiente alla valida conclusione del contratto, senza che sia necessaria la consegna della cosa (a differenza dei contratti “reali”, come il deposito o il comodato).

Nella prassi si rinvengono sempre più spesso ipotesi di perfezionamento automatico ad esempio l’acquisto di beni attraverso distributori automatici).

Nota distintiva della compravendita è l’esistenza di un vincolo sinallagmatico, visto che le prestazioni sono corrispettive, nel senso che trovano la loro causa l’una nell’altra.

Da questa connotazione derivano molteplici conseguenze giuridiche, come la piena applicabilità dell’istituto della risoluzione.

L’effetto che deriva dalla conclusione dell’iter di perfezionamento dell’accordo negoziale, di solito è il trasferimento del diritto dal venditore al compratore, per questo si dice che il contratto è “a effetti reali”.

Se la res, oggetto del contratto di compravendita è generica, l’effetto traslativo è prodotto con l’individuazione, effettuata di solito con la consegna all’acquirente, oppure, se si tratti di merci da trasportare, con la consegna al vettore.

Ci sono casi nei quali l’effetto traslativo, cioè l’acquisto del diritto da parte dell’acquirente, è trasferito a un momento successivo al perfezionamento dell’accordo e l’unico effetto che si determina dalla stipula del contratto è il sorgere di una o più obbligazioni, di solito in capo all’alienante, alle quali corrispondono dei diritti di credito in capo all’acquirente.

Si tratta delle cosiddette “vendite ad effetti obbligatori”, che con terminologia meno propria, vengono definite “vendite obbligatorie” e di vendita di cosa “futura”.

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