Il concorso di colpa del pedone in caso di sinistro

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(breve commento alla sentenza della Cassazione civile n. 29254/2018)

E se nell’attraversa una strada buia, non prestando attenzione al traffico, il pedone viene investito, di chi è la “colpa”? E se il pedone ha pure assunto dell’alcool e sostanze stupefacenti, tanto da “barcollare”, può “pretendere” di imputare, per intero, la “colpa” del sinistro al veicolo investitore, anche se la velocità della vettura era eccessiva? Sono questi i quesiti ai quali ha risposto la Suprema Corte di Cassazione (sentenza 29254/2018).

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Cassazione civile n. 29254/2018

Quel Collegio ha dapprima ricordato che non le compete l’esame “di merito” della vicenda poiché ciò spetta ai giudici di primo e secondo grado. Osserva inoltre che nella fattispecie a lei sottoposta l’attribuzione di buona parte delle responsabilità dell’accaduto, a carico del pedone, è avvenuta con motivazione esente da rimproveri. Questo il fatto. TIZIO convenne in giudizio, avanti al Tribunale di X, CAIO e la sua compagnia di assicurazione chiedendo che fossero condannati in solido al risarcimento dei danni da lui subiti in un sinistro stradale nel quale egli era stato investito dalla vettura condotta dal CAIO mentre stava attraversando una strada. La vicenda avvenne alle ore 6 del mattino del giorno 2 ottobre 2005. Si costituì in giudizio la società di assicurazione chiedendo il rigetto della domanda, mentre CAIO rimase contumace.

Il Tribunale, ritenuto il prevalente concorso di colpa della vittima (nella misura del 75%), accolse in parte la domanda dell’attore e condannò i convenuti, in solido, al risarcimenti dei danni per quanto di loro competenza (ossia per il rimanente 25%), compensando le spese di lite. La pronuncia veniva impugnata dall’attore – danneggiato e la Corte d’appello di X, con sentenza del 2017, accoglieva, ma solo in parte il gravame e, fermi restando sia il riparto delle responsabilità che la liquidazione del danno, riconosceva sulla somma riconosciuta all’appellante gli interessi e la rivalutazione e poneva a carico degli originari convenuti (appellati) la metà delle spese dei due gradi di giudizio, compensando il resto. Contro questa ultima pronuncia ricorreva TIZIO avanti alla Suprema Corte di CASSAZIONE. Il ricorrente lamentava che la Corte di merito non avesse adeguatamente considerato che la strada teatro dell’incidente era, a quell’ora ed in quel giorno, «investita dalla luce del pieno giorno, con perfetta visibilità» (come dire che il conducente del veicolo avrebbe avuto la possibilità di avvertire la presenza del pedone e quindi arrestarsi) e poi ancora che contro di lui non poteva essere posta in alcuna misura la responsabilità del sinistro. Protestava inoltre violazione e falsa applicazione degli artt. 141 e 142 cod. strada, in relazione al mancato rispetto dei limiti di velocità da parte del conducente investitore. Da ultimo, TIZIO ancora lamentava violazione e falsa applicazione dell’art. 2054 cod. civ., sul rilievo che la condotta di guida del conducente CAIO non poteva essere ritenuta esente da colpa. Il collegio giudicava inammissibile il ricorso e ciò per svariati motivi anche procedurali, che in questa sede non si affrontano.

Ciò, invece, che più rileva è che anche nel merito il ricorso veniva considerato inammissibile. In particolare questo veniva affermato: “la giurisprudenza di questa Corte ha in più occasioni ribadito che, in materia di responsabilità da sinistri derivanti dalla circolazione stradale, la ricostruzione delle modalità del fatto generatore del danno, la valutazione della condotta dei singoli soggetti che vi sono coinvolti, l’accertamento e la graduazione della colpa, l’esistenza o l’esclusione del rapporto di causalità tra i comportamenti dei singoli soggetti e l’evento dannoso, integrano altrettanti giudizi di merito, come tali sottratti al sindacato di legittimità se il ragionamento posto a base delle conclusioni sia caratterizzato da completezza, correttezza e coerenza dal punto di vista logico-giuridico (v., tra le altre, le sentenze 23 febbraio 2006, n. 4009, 25 gennaio 2012, n. 1028, 30 giugno 2015, n. 13421, nonché l’ordinanza 22 settembre 2017, n. 22205).

La responsabilità da sinistro stradale

Nella specie la Corte d’appello, con motivazione molto accurata e priva di vizi logici, ha illustrato le ragioni per le quali ha ritenuto di attribuire la responsabilità del sinistro in misura dei tre quarti a carico dell’odierno ricorrente e del residuo quarto a carico del conducente investitore.

La sentenza impugnata ha richiamato la deposizione dell’unico testimone — il quale ha riferito che l’odierno ricorrente aveva attraversato la strada con andamento barcollante e che «puzzava di birra» — ed ha aggiunto che, condotto in ospedale subito dopo il fatto, il CAIO era risultato positivo all’uso di sostanze stupefacenti. La vittima, inoltre, stava attraversando una strada provinciale priva di illuminazione artificiale e in ora buia, per cui era a suo carico l’onere di usare la massima prudenza; prudenza che, evidentemente, non era stata osservata proprio in condizione della situazione di ubriachezza. Per contro, anche a carico del conducente residuava una quota di responsabilità, posto che egli aveva tenuto nell’occasione una velocità verosimilmente elevata e, pur avendo avvistato la vittima, non era riuscito ugualmente ad evitare di investirla. 5.3. A fronte di simile ricostruzione, il primo motivo è inammissibile, perché contesta, in effetti, non un’omissione, quanto una contraddittoria motivazione, in tal modo prospettando un tipo di censura che non è più prevista dall’art. 360, primo comma, n. 5), cit.; e comunque è palesemente errato sostenere che il 2 ottobre alle ore 6 del mattino vi sia luce come in pieno giorno, stante la perdurante vigenza dell’ora legale a tale data. Il secondo ed il quarto motivo, continuando genericamente a sostenere che nessuna responsabilità sussisterebbe a carico del ricorrente, si risolvono nell’evidente tentativo di ottenere in questa sede un nuovo e non consentito esame del merito; il terzo dimostra di non cogliere la ratio decidendi della sentenza nella parte in cui, come si è detto, ha valutato anche l’eccesso di velocità del conducente, ponendo a suo carico un quarto della responsabilità del sinistro, sicché non sussiste alcuna violazione del codice della strada. 6. Il ricorso, pertanto, è dichiarato inammissibile. Non occorre provvedere sulle spese, atteso il mancato svolgimento di attività difensiva da parte degli intimati”.

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