I modelli organizzativi a vantaggio del no profit

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Il modello di organizzazione, gestione e controllo come strumento di governance nel no profit

Il no profit negli ultimi decenni in Italia ha assunto sempre più peso ed è cresciuto sia per obiettivi, sia per attività ed impatto sul piano occupazionale.

È evidente quanto in questi anni il nostro sistema di welfare stia seguendo il modello dell’appalto a terzi per quanto riguarda i servizi alla persona: la Pubblica Amministrazione sempre più spesso si rivolge a realtà del terzo settore definendo convenzioni e affidamenti di contratti pubblici.

L’importanza del modello di organizzazione, gestione e controllo, introdotto dal D.Lgs. n. 231/2001, si evince dalla possibilità di offrire all’ente l’esimente dalla responsabilità in caso di commissione di reati e rappresentare a terzi, gli stakeholder, di aver aderito ai principi di efficienza, trasparenza e legalità.

In un’ottica di governance il modello costituisce altresì l’occasione di valorizzare i controlli interni e ottimizzare la corretta gestione a vantaggio dell’efficienza e dell’efficacia dell’ente.

 

Partecipazione a gare della PA

 

L’importanza di una consapevole cultura dei controlli interni anche nell’ambito degli enti appartenenti al mondo del no profit è compresa dal Legislatore che, con la recente legge 6 giugno 2016, n. 106, nel delegare il Governo per la riforma del terzo settore, indica anche l’importanza di regolamentare gli obblighi di controllo interno, di rendicontazione, di trasparenza e d’informazione, tenuto conto di quanto previsto dal D.Lgs. n. 231/2001.

L’Autorità Nazionale Anticorruzione (A.N.AC.) ha recentemente specificato i requisiti richiesti alle Onlus in caso di affidamento di contratti pubblici e stabilito una sostanziale obbligatorietà circa l’adozione dei modelli. Secondo le linee guida A.N.AC. il rilascio delle autorizzazioni avviene, pertanto, previa verifica del possesso di requisiti di onorabilità e di capacità professionale, nel rispetto dei principi di imparzialità, trasparenza e concorrenza.

Il documento richiede inoltre che gli enti no profit si dotino di un modello di organizzazione contenente:

  • l’individuazione delle aree a maggior rischio di compimento di reati;
  • la previsione di idonee procedure per la formazione e l’attuazione delle decisioni dell’ente nelle attività definite a maggior rischio di compimento di reati;
  • l’adozione di modalità di gestione delle risorse economiche idonee ad impedire la commissione dei reati;
  • la previsione di un appropriato sistema di trasmissione delle informazioni all’organismo di vigilanza;
  • la previsione di misure di tutela dei dipendenti che denunciano illeciti;
  • l’introduzione di sanzioni per l’inosservanza dei modelli adottati;
  • la nomina di un OdV (per la vigilanza sul funzionamento e sull’osservanza del modello e l’aggiornamento dello stesso con autonomi poteri di iniziativa e di controllo).

 

Costruire il miglior modello per il no profit

 

Ai fini della costruzione del modello, il no profit, a differenza delle imprese commerciali, è carente di indicazioni e approcci specifici: spesso si sono adattati e traslati linee guida e framework destinati al mondo del profit.

L’ente no profit che si dota di un modello dà evidenza scritta dei propri presidi autorizzativi, dei principi di segregazione adottati e delle procedure operative che hanno lo scopo di mitigare i rischi e ridurre le probabilità di commissioni di reato. Valgono poi i principi generali del controllo interno quali: segregazione delle funzioni, sistema di deleghe e poteri, autorizzazioni, trasparenza e tracciabilità delle operazioni e flussi informativi.

Le fasi di costruzione del modello non sono quindi dissimili da quelle che si attuano per il profit, senza tuttavia dimenticare peculiarità e complessità legate alla natura giuridica di tali realtà. L’adeguatezza del modello è, infatti, subordinata al compimento di alcuni passaggi: l’analisi del contesto aziendale e il sistema di controllo interno già in essere; l‘identificazione delle attività ed i processi a rischio con annessa mappa dei rischi/reato il più completa ed aderente possibile alle reali attività dell’ente e la definizione di principi di controllo e protocolli specifici rispetto ai rischi 231 nei controlli interni.

È indispensabile quindi che, già nella fase di costruzione, l’analisi del rischio sia calata sulla realtà e sia data evidenza delle peculiarità dell’ente no profit con la sua mappatura dei rischi e la descrizione del suo sistema di controllo interno.

Dr. Franceco Mapelli – Professionista BLS Compliance

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