I diritti che spettano ai padri in una coppia di fatto

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Nell’ordinamento italiano non esiste una legge relativa ai diritti dei padri single, perché di fatto  davanti alla legge i padri sono uguali, sposati o non sposati.

Anche in una coppia divorziata, il padre ha gli stessi diritti di quelli che provengono da una coppia di fatto che si è sciolta.

Il motivo di questa uguaglianza, risiede nel tipo di legame che i genitori hanno deciso di adottare per regolare i loro rapporti giuridici, e non può condizionare il rapporto tra genitori e figli, per garantire i minori e i soggetti economicamente più deboli, che non sono capaci di badare a sé stessi.

La questione relativa ai diritti dei padri single equivale un po’ ai doveri del padre single, perché essere genitori, nonostante possa presentare degli atteggiamenti di potere, ha diversi obblighi.

In un passato recente, per la precisione sino a qualche anno fa, le coppie di fatto erano quelle che convivevano senza avere contratto matrimonio.

Abitare con un compagno o una compagna senza essere sposati faceva nascere una coppia di fatto.

In Italia, con la legge 20/05/2016  n. 76, nota come “Legge Cirinnà”, sono state introdotte due forme di unione tra persone diverse dal matrimonio.

Le unioni civili, si rivolgono alle persone dello stesso sesso e le convivenze di fatto, si rivolgono alle coppie che, nonostante non si vogliano sposare, decidono di formalizzare la loro unione.

In relazione all’attuale panorama normativo, le coppie di fatto sono costituite da persone che non si sono volute sposare e che non hanno neanche dichiarato la loro convivenza al Comune di residenza.

I diritti delle coppie di fatto

Le coppie di fatto sono composte da persone che convivono e che hanno deciso di non formalizzare la loro unione con il matrimonio e neanche registrandosi in comune al fine di dare luogo a una convivenza di fatto riconosciuta da parte della legge.

Anche se la legge per le persone che vivano in una simile condizione non preveda niente, la giurisprudenza nel tempo ha elaborato alcuni strumenti di tutela nei confronti delle coppie di fatto, soprattutto nel caso di crisi o fine dell’unione.

La prima questione che si pone in tema di diritti delle coppie di fatto è quella sul diritto del partner di restare in casa anche dopo la fine della relazione.

Il diritto al riconoscimento del figlio

Se il figlio di una coppia sposata nasce “riconosciuto”, presumendo che sia figlio del marito e della moglie, nella coppia di fatto, questa presunzione non può agire.

L’ordinamento, nonostante sappia con sicurezza chi sia la madre, non ha la stessa possibilità di risalire al padre.

il padre single ha il dovere, di riconoscere il figlio come suo, e se non dovesse d’accordo con la madre, non potrà subire impedimenti da parte della stessa.

Se il padre non dovesse riconoscere il figlio in modo spontaneo, la madre o il figlio stesso lo potranno obbligare a farlo, facendo ricorso un giudizio in tribunale e all’analisi del Dna, alla quale l’uomo non si può sottrarre senza valido motivo, pena il riconoscimento automatico della paternità.

Il diritto al cognome

Una volta riconosciuto il figlio acquisisce il cognome del padre.

I genitori si possono accordare per aggiungere ad esso anche il cognome della madre.

La madre non può negare al padre di dare al figlio il suo cognome.

Il diritto alle decisioni relative al figlio

Sino a quando una coppia di conviventi è unita, le decisioni sul figlio devono essere prese di comune accordo da parte del padre e della madre.

Se tra loro non ci dovesse essere accordo, i due si possono recare dal giudice, in modo che scelga quale delle due posizioni sia più conveniente per il minore.

Se la coppia  si separa in assenza di accordo, spetterà al giudice a definire l’affidamento del minore, vale a dire, quale debba essere il genitore a prendere le decisioni relative alla sua educazione, istruzione e crescita e, la collocazione dello stesso.

L’affidamento di solito è condiviso, sia il padre sia la madre, nonostante siano separati, avranno gli stessi poteri decisionale.

In presenza di pericolosità di uno dei due nei confronti del minore, verrà disposto l’affido esclusivo in favore dell’altro.

La collocazione non deve avvenire presso l’abitazione di uno dei due genitori che, la maggior parte delle volte è la madre, salvo che il giudice, sentito anche il minore, decida in modo diverso.

Il diritto alle visite periodiche

Se in una famiglia marito e moglie si dovessero separare, quello dei due che non abita con il minore ha diritto di vederlo periodicamente, secondo un calendario stabilito di comune accordo dai genitori stessi, oppure, in caso di contrasto, dal tribunale.

Se il figlio dovesse essere collocato presso la madre, il padre avrà il diritto e il dovere di partecipare agli incontri periodici, ai quali non si può sottrarre per nessun motivo.

Il figlio ha il diritto alla bigenitorialità vale a dire, crescere e mantenere dei legami solidi con entrambi i genitori.

Per questo, la madre non si può in nessun modo frapporre a questi incontri rendendo più difficoltoso l’esercizio del diritto-dovere, oppure allontanare psicologicamente e moralmente il bambino dal padre, pena anche la revoca della collocazione o dell’affidamento.

Se il figlio dovesse essere collocato presso il padre, il genitore dovrà fare in modo che il figlio veda periodicamente la madre secondo gli accordi stabiliti con la stessa o secondo un calendario fissato dal giudice.

Il dovere di mantenimento

Insieme ai diritti, il padre ha anche il dovere primario di mantenere il figlio sino a quando non diventerà economicamente autonomo, che non significa che sia sino a 18 anni ma anche più avanti,  sino a quando non diventerà indipendente e possa badare a sé stesso.

Questo dovere scatta anche quando la coppia di fatto si dovesse lasciare.

Se il figlio dovesse essere collocato presso la madre, il padre dovrà versare un contributo mensile a alla stessa in modo che badi all’ordinaria amministrazione, oltre a partecipare, al 50%, delle spese straordinarie.

Se il figlio dovesse essere collocato presso il padre, dovrà essere lui a provvedere alle spese, salvo il contributo mensile versatogli da sua madre.

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