I concorsi sono prove di resistenza: la PA ha sempre ragione anche quando erra o si contraddice!

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Vicenda kafkiana: aspiranti chirurghi e dentisti contestavano fughe di notizie e l’irregolarità di alcuni quiz, in alcuni casi ammessa e sanata dal Ministero, ma non è stata data loro, come ai concorrenti di Catanzaro (fuga di notizie), la possibilità di ripetere la selezione. Il ricorso è stato respinto perché non hanno fornito la prova del loro interesse ad essere ammessi alla specializzazione.

 

Le sentenze del Tar Campania sez. VIII nn. 4128 e 4131, pubblicate il 22 agosto 2013, oltre a fare interessanti riflessioni processuali sull’iter dei concorsi e su questi vizi, contestati anche negli esami di abilitazione (come dato atto spesso su questa rivista), confermano le scarse chances di revisione dell’esclusione dagli stessi, anche quando gli errori o le contraddizioni sono palesi (Tar Campania 3141/13: è lecita la scelta della commissione di far fare un secondo quiz al candidato che ha usato la busta bianca come brutta, anziché sostituirgliela con una nuova).

Il caso. La lite è comune alle due fattispecie: un aspirante dentista ed alcuni candidati chirurghi contestavano diverse irregolarità dei test di ammissione alle relative scuole di specializzazione: mancato rispetto dell’orario fissato dagli atenei (comune a tutta Italia), fuga di notizie dovuta al trafugamento e/o smarrimento di alcuni plichi, scambi di posti, candidati non identificati, carenza di sorveglianza e quiz formulati in maniera inesatta. Infatti dovevano contenere una risposta esatta su 5, ma in diversi casi il numero di domande esatte superava tale limite ed in uno erano tutte errate, ingenerando confusione e stress tra i partecipanti (v. altre analoghe sentenze decise in pari data da questo Tar) . Il Ministero aveva, successivamente, annullato due degli 80 quesiti, perché ritenuti irregolari, ma gli stessi erano stati considerati validi a Catanzaro, ove la prova era stata ripetuta per <<cautela>>. Per il Tar, però, tutto ciò è irrilevante, inammissibile ed improbato, sì che ha respinto i ricorsi.

Interesse ad agire e prova di resistenza. Chi agisce in un qualsiasi giudizio deve dimostrare concretamente l’interesse all’azione ex art. 100 cpc, il bene che intende tutelare e se è << ristorabile per effetto dell’accoglimento della pretesa fatta valere in giudizio >>, pena l’inammissibilità perché il giudice non può vagliare le sue richieste (ex multis CDS 2127/09 e 301/08, Tar Campania 3083 e 3221/09). Invero << nel processo amministrativo, l’interesse a ricorrere è condizione dell’azione e corrisponde ad una specifica utilità o posizione di vantaggio, riflettentesi su uno specifico bene della vita, derivante dall’accoglimento della domanda giudiziale contenuta nel ricorso, fermo restando che un simile beneficio da acquisire deve essere contraddistinto sia dalla personalità dell’interesse (a ricorrere), vale a dire dal suo conseguimento direttamente al ricorrente, sia dall’attualità, laddove l’interesse deve sussistere al momento della proposizione del ricorso, sia dalla concretezza, vale a dire dal riferimento ad un pregiudizio concretamente verificatosi ai danni del ricorrente.>>. Nelle liti sulle prove concorsuali, poi, è richiesto l’ulteriore requisito della c.d. prova di resistenza: il candidato deve dimostrare l’utilità che trarrebbe <<nella ipotesi di una decisione del giudice di annullamento e quindi di esito favorevole del giudizio>>. Si fa, infatti, <<riferimento alla posizione della parte ricorrente rispetto alla procedura selettiva le cui operazioni sono prospettate come illegittime, dovendosi dichiarare inammissibile il gravame laddove, in esito ad una verifica a priori, risulti che la parte ricorrente non otterrebbe il bene per cui lotta, in caso di accoglimento del ricorso>> (Tar Campania 100, 1143 e 3198/09; Emilia Romagna 3632 e 3150/08). Tutto ciò non è ravvisabile nella fattispecie: sono stati citati fatti, circostanze astratte e di cui non è stata fornita una prova concreta, nè è stato dimostrato che un esito diverso avrebbe potuto consentire l’accesso al corso di specializzazione, dato che non hanno indicato la loro classificazione.

Sanatoria dei quiz e garanzie offerte dalla correzione automatica. Sul primo punto sussiste un contrasto giurisprudenziale: un orientamento la esclude (CDS 241, 2684, 4071/08, Tar Pescara 641/08), mentre l’altro la conferma (Tar Trento 218/08, Lazio 5986/08, Emilia Romagna 1532 e 2661/08, giurisprudenza costante di questo Tar), ma in ogni caso gli interessati devono dimostrare che l’annullamento di questi vizi (v.DM 17/5/07, con cui è stata indetta la selezione e la legge sui concorsi) avrebbe comportato un loro avanzamento nella graduatoria. Infine gli strumenti di correzione automatica, anche nel caso di <<omessa sterilizzazione>> delle domande irregolari, sono pensati in maniera tale da far emergere quale delle ipotesi ugualmente corrette è la risposta migliore e più logica e, così, individuare i candidati più meritevoli (Tar Cagliari 163/09 e Catania 1158/08).

L’esperienza aiuta. L’uso delle regole di prudenza, sottese ad ogni esame, avrebbe ovviato ad ogni problema: i candidati avevano a disposizione un lasso di tempo sufficiente a svolgere il quiz ed avrebbero dovuto iniziare dalle domande più facili e conosciute per affrontare con maggior calma e discernimento quelle più ostiche ed eventualmente tralasciarle, senza che ciò inficiasse il superamento del test. Se si fossero soffermati maggiormente avrebbero notato che nessuna altra domanda offriva due soluzioni esatte e, come sopra detto, ravvisare, in ogni caso, quella più consona.

Nessuna censura alla PA. Nell’annullare i due quesiti, una volta riscontrata d’ufficio la loro irregolarità, ha agito correttamente, nel rispetto dell’art. 97 Cost. e della par condicio dei concorrenti. Ergo non sono accoglibili le lamentele dei ricorrenti, così come quelle su una presunta contraddittorietà di comportamento col caso di Catanzaro ,meglio descritto in sentenza cui si rinvia in toto. Ha attuato una <<fictio iuris>>, sì che in realtà i quesiti erano sempre 80, ma i due errati risultavano, per tutti, come non dati : non attribuivano, né sottraevano alcun punteggio al candidato che non risultava, perciò, danneggiato dall’errore.

L’accoglimento delle censure creerebbe discriminazioni? Il Tar rileva come le censure siano state sollevate solo da una ristretta minoranza di concorrenti, sì che se fossero accolte minerebbero la regolarità della procedura perché discriminerebbero chi non ha fatto ricorso.

Lex specialis ed autotutela. Per giurisprudenza costante il bando è un atto ammnistrativo generale e non regolamentare: è una fonte <<sovraordinata, ma non eterointegrativa in via normativa della lex specialis di concorso>>. In breve il concorso è regolato dalla lex specialis che dovrà essere impugnata come la legge ordinaria che regola la materia. Inoltre l’annullamento o meno dei quesiti rientra nella discrezionalità e nelle conoscenze tecniche della PA, che opera nell’interesse suo e della collettività, perciò non è sindacabile né può essere considerato un atto di autotutela. Doveva essere impugnata tutta la procedura ab origine od in ogni caso i ricorrenti avrebbero dovuto indicare i singoli segmenti della selezione che intendevano contestare, esplicando quale e perché era il contrarius actus che censuravano, in ossequio alla prova di resistenza.

Fuga di notizie, deroga alla sicurezza e diversità di scelte con Catanzaro. Secondo il parere dell’Avvocato di Stato del 11/9/07, << i vizi propri di ciascuna procedura selettiva fatta a livello locale non sono ex se idonei a contaminare tutte le altre svolte sul territorio nazionale >>, tanto più che la fuga di notizie è stata ipotizzata, ma non provata, stante la presunta manomissione e/o smarrimento di alcuni plichi. Ciò <<comporta che, nella, specie non può dirsi consumata alcuna violazione dei principi di riservatezza o di trasparenza, posti a presidio di ogni procedura selettiva bandita da una pubblica amministrazione>> (CDS ord.1838/08). È insindacabile, quindi, la scelta di far ripetere il test solo a Catanzaro e non anche nelle altre sedi.

Nessun onere di pubblicazione in G.U. Nella fattispecie, stante la sua natura regolamentare, non è opponibile l’art.4, comma I, L.264/99: è obbligatorio pubblicare sulla Gazzetta Ufficiale solo l’avviso di indizione del concorso ed i termini di scadenza per la presentazione delle domande di ammissione al fine d’informare tutti i potenziali interessati. Una volta che questi sono scaduti, <<essendosi, così, ristretto l’ambito operativo della procedura in parola e la connessa cerchia dei relativi destinatari ai soggetti concorrenti>>, non è più necessario pubblicare gli avvisi in G.U. Nel bando, poi, è quasi sempre specificato che il diario sarà reso noto sul relativo sito web od in altre forme. È stata, quindi, respinta l’eccezione di carenza d’informazione, perché non necessaria, tanto più che è stata sollevata dopo la conclusione della selezione.

 

Le Sentenze commentate possono essere reperite nel sito istituzionale della GA a questi links:

Tar Campania sez. VIII n. 4128/13:

http://www.giustizia-amministrativa.it/DocumentiGA/Napoli/Sezione%208/2007/200706392/Provvedimenti/201304128_01.XML

Tar Campania sez. VIII n. 4131/13:

http://www.giustizia-amministrativa.it/DocumentiGA/Napoli/Sezione%208/2007/200705253/Provvedimenti/201304131_01.XML

Dott.ssa Milizia Giulia

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