Gravosità delle condizioni di lavoro e onere della prova. Insufficienti le deduzioni generiche

Lodi Luca 23/09/10
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Sicurezza sul lavoro – Denuncia di infortunio – Nesso di causalità tra servizio ed evento – Mancata prova della gravosità delle condizioni di lavoro – Fattispecie

 

(Massima redazionale) In sede di giudizio per la domanda di equo indennizzo, la “causa di servizio“ va dimostrata non già con mero accertamento di C.T.U., bensì con deduzioni specifiche, fatti e documenti di idonea ed adeguata rilevanza probatoria. Le circostanze generiche relative alla gravosità delle condizioni di lavoro non integrano l’accertamento dell’esistenza di un nesso causale tra l’evento lesivo e il servizio prestato dal lavoratore.

(Cass., sez. lav., 18 giugno 2009, n. 14192, Pres. Roselli, Rel. Zappia)

A breve distanza dalla sentenza n. 13947 del 16/6/09, che verteva sull‘onere probatorio a carico del lavoratore per la dimostrazione del nesso causale tra malattia professionale e nocività dell‘ambiente di lavoro, la Suprema Corte ha approfondito, con la sentenza n. 14192 del 18 giugno 2009, il criterio del nesso di causalità tra servizio ed evento con riguardo al decesso di un ferroviere a seguito di infarto. Gli eredi di An. Vi. – queste le iniziali del de cuius – si rivolgevano nel 2002 al giudice del lavoro per accertare che il decesso fosse avvenuto a causa di servizio ai sensi dell’art. 64 del d.p.r. n. 1092/73. Il positivo parere del tribunale veniva integralmente riformato nel 2005 dalla Corte di Appello di Napoli “in quanto le circostanze relative alla gravosità delle condizioni di lavoro di An. (…) sarebbero state talmente generiche da non poter in alcun modo fondare l’accertamento dell’esistenza di un nesso causale tra l’evento morte e il servizio prestato alle dipendenze delle ferrovie, mentre le successive specificazioni modali riportate nella relazione del C.T.U. (…) non avrebbero costituito oggetto di prova”.

Rigettando quindi la domanda di equo indennizzo ed essendo possibile, in sede di legittimità, il controllo alla eventuale insufficienza o contraddittorietà dell’iter logico seguito dal giudice di merito nella motivazione della sentenza, senza invece alcuna competenza sui fatti in causa, la Suprema Corte conclude condannando i ricorrenti, in solido, alle spese.

Interessante, tuttavia, tale sentenza poiché, nel ribadire la necessità di prova del nesso di causalità di servizio ed evento, si sofferma sul giudicato n. 11353 del 2004 delle Sezioni Unite che chiarisce, una volta per tutti, il predetto principio del nesso di causalità nell’onere della prova, superando i precedenti orientamenti (come, ad esempio, Cass. 5 agosto 2003, n. 11823 richiamata dai ricorrenti) che permettevano – in tema di onere della prova e in caso di mancata contestazione – “la sola indicazione delle mansioni spiegate che hanno causato la menomazione della (omissis) integrità fisica” (secondo le SS.UU., infatti, il nesso di causalità fra attività lavorativa ed evento, in assenza di un rischio specifico – v. previgente d.lgs. n. 626/94 ed attuale d.lgs. n. 81/2008 – non può essere oggetto di presunzioni semplici, ma esige una dimostrazione, quanto meno in termini di probabilità, su concrete e specifiche situazioni di fatto, con riferimento alle mansioni svolte, alle condizioni di lavoro e alla durata e intensità di esposizione a rischio).

 

Lodi Luca

Consulente privacy e sicurezza sul lavoro e Rspp in Modena, cultore di diritto del lavoro e diritto comparato del lavoro nell’Università di Modena e Reggio Emilia

Lodi Luca

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