In caso di risoluzione del contratto con il dentista per suo grave inadempimento, il paziente ha diritto alla restituzione di quanto versato e al risarcimento danni. Per approfondire questa materia, consigliamo il volume Manuale pratico operativo della responsabilità medica, disponibile su Shop Maggioli e su Amazon.
Indice
1. I fatti: l’inadempimento del dentista
Una signora di 42 anni si rivolgeva ad una clinica dentale per eseguire un ordinario controllo dentale, ma all’esito della visita il dentista assegnatole le comunicava di aver riscontrato delle problematiche al suo arco dentario e le prospettava la necessità di eseguire degli interventi: quali l’estrazione di alcuni molari, l’inserimento di impianti, dei rialzi mascellari, la rigenerazione ossea e l’applicazione di protesi ed apparecchi.
Per l’esecuzione di tutti i predetti interventi, la clinica dentale redigeva un preventivo di €. 5.910 complessivi.
La paziente decideva di accettare il preventivo e di eseguire gli interventi proposti, provvedendo al pagamento immediato dell’intero importo preventivato a favore della clinica.
Dopo il pagamento, la paziente veniva sottoposta all’estrazione di alcuni molari, mentre l’applicazione degli impianti veniva rimandata al mese successivo per il decorso dei primi interventi effettuati.
Tuttavia, nonostante il passare dei mesi, la paziente non veniva sottoposta agli altri interventi preventivati e dopo circa 6 mesi dai primi interventi veniva invitata dalla clinica a rivolgersi al dentista che aveva iniziato l’intervento, in quanto lo stesso non lavorava più presso di loro e sarebbe stato obbligato a proseguire il piano terapeutico.
Dopo diversi mesi, la paziente riusciva a rintracciare il dentista, il quale però si rifiutava di completare il piano terapeutico, dicendo di non essere obbligato in tal senso e invitando la paziente a rivolgersi alla clinica.
Quest’ultima, informata dalla paziente della posizione del dentista, si dichiarava disponibile a proseguire gli interventi con altro sanitario, ma a fronte del pagamento di ulteriori €. 5.000 da parte della paziente.
In considerazione di quanto sopra e vista l’impossibilità di trovare una soluzione bonaria, la paziente adiva il tribunale di Catania al fine di far accertare l’inadempimento, da parte della clinica dentaria convenuta, al contratto di prestazione sanitaria stipulato tra le parti e conseguentemente la risoluzione del medesimo con la restituzione di quanto la paziente aveva corrisposto nonché il risarcimento dei danni non patrimoniali subiti sia come danno biologico permanente e temporaneo (in quanto era rimasta priva di alcuni molari da oltre due anni), che come danno morale (in ragione del disagio e alle ripercussioni sul piano relazione e sociale dovuto alle suddette problematiche ai denti). Per approfondire questa materia, consigliamo il volume Manuale pratico operativo della responsabilità medica, disponibile su Shop Maggioli e su Amazon.
Manuale pratico operativo della responsabilità medica
La quarta edizione del volume esamina la materia della responsabilità medica alla luce dei recenti apporti regolamentari rappresentati, in particolare, dalla Tabella Unica Nazionale per il risarcimento del danno non patrimoniale in conseguenza di macrolesioni e dal decreto attuativo dell’art. 10 della Legge Gelli – Bianco, che determina i requisiti minimi delle polizze assicurative per strutture sanitarie e medici. Il tutto avuto riguardo all’apporto che, nel corso di questi ultimi anni, la giurisprudenza ha offerto nella quotidianità delle questioni trattate nelle aule di giustizia. L’opera vuole offrire uno strumento indispensabile per orientarsi tra le numerose tematiche giuridiche che il sottosistema della malpractice medica pone in ragione sia della specificità di molti casi pratici, che della necessità di applicare, volta per volta, un complesso normativo di non facile interpretazione. Nei singoli capitoli che compongono il volume si affrontano i temi dell’autodeterminazione del paziente, del nesso di causalità, della perdita di chances, dei danni risarcibili, della prova e degli aspetti processuali, della mediazione e del tentativo obbligatorio di conciliazione, fino ai profili penali e alla responsabilità dello specializzando. A chiusura dell’Opera, un interessante capitolo è dedicato al danno erariale nel comparto sanitario. Giuseppe Cassano, Direttore del Dipartimento di Scienze Giuridiche della European School of Economics di Roma e Milano, ha insegnato Istituzioni di Diritto Privato presso l’Università Luiss di Roma. Avvocato cassazionista, studioso dei diritti della persona, del diritto di famiglia, della responsabilità civile e del diritto di Internet, ha pubblicato numerosissimi contributi in tema, fra volumi, trattati, voci enciclopediche, note e saggi.
Giuseppe Cassano | Maggioli Editore 2024
58.90 €
2. Gli accertamenti della CTU
All’esito della CTU svolta in giudizio è emersa la sussistenza di un rapporto causale tra l’interruzione del trattamento terapeutico (quindi la condotta posta in essere dalla struttura sanitaria) e la patologia lamentata dalla paziente, cioè la edentulia parziale (dovuta alla mancanza di alcuni molari).
Per quanto concerne il danno biologico permanente, i CTU hanno accertato che sono residuati postumi permanenti a carico della paziente pari al 6%, ma che se la struttura sanitaria avesse completato correttamente il trattamento previsto, sarebbero comunque residuati alla paziente dei postumi pari al 2%. Pertanto, il danno biologico differenziale imputabile alla struttura sanitaria è pari al 4%.
Per quanto concerne il danno biologico temporaneo, i CTU hanno individuato una minima inabilità temporanea pari a 90 giorni al 10%, correlata ai disturbi relazionali e fisici cui la paziente ha avuto necessità di abituarsi e a quelli necessari per il futuro se la stessa deciderà di procedere ad un intervento di implantologia per ultimare l’iter terapeutico.
Infine, i CTU hanno ritenuto sussistente una coerente sofferenza soggettiva correlata alla patologia subita dalla paziente (cioè la edentulia parziale), dovuta alla ridotta capacità relazionale, ed hanno altresì valutato detta sofferenza meritevole di attenzione nella quantificazione del danno (anche se non di gravità tale da essere quantificata separatamente).
Potrebbero interessarti anche:
3. La decisione del Tribunale
Secondo il Tribunale, nel corso del giudizio è stato provato dalla paziente danneggiata l’esistenza di un contratto in essere con la struttura sanitaria, in virtù del quale quest’ultima si era obbligata a eseguire un iter terapeutico composito a favore della paziente, consistente in una serie di interventi dentali.
La paziente ha inoltre provato anche che detto iter terapeutico non è stato completato da parte della struttura sanitaria, senza che vi fosse alcun motivo che giustificasse la mancata prestazione e nonostante la paziente avesse preventivamente adempiuto alla propria prestazione, pagando integralmente il corrispettivo pattuito.
In considerazione degli accertamenti emersi in sede di CTU, il giudice ha ritenuto che la struttura sanitaria abbia posto in essere un grave inadempimento agli obblighi sulla medesima scaturenti dal contratto di implantologia dentale intercorso con la paziente.
Conseguentemente, il giudice ha accolto la domanda di risoluzione contrattuale proposta dalla paziente.
Dalla risoluzione del contratto per inadempimento della struttura sanitaria, il tribunale ha poi fatto discendere in primo luogo un obbligo restitutorio a favore della paziente di quanto dalla medesima pagato a titolo di corrispettivo.
A tal proposito, il giudice ha ritenuto che il medico sia obbligato alla restituzione almeno parziale del corrispettivo ricevuto, non rilevando a nulla che la prestazione da lui resa non sia ripetibile in natura, in quanto la mancata restituzione contrasterebbe con l’esigenza di salvaguardare il sinallagma tra le reciproche prestazioni ed inoltre il paziente sarebbe costretto a pagare una prestazione inutile se non addirittura anche dannosa.
Conseguentemente, il giudice ha condannato la struttura sanitaria a restituire alla paziente l’importo di €. 4.200,00, corrispondente alla quota di corrispettivo pagata dalla paziente per la quale la clinica non aveva eseguito la relativa controprestazione.
In secondo luogo, il giudice ha condannato la struttura sanitaria a risarcire i danni non patrimoniali subiti dalla paziente a causa della erronea prestazione terapeutica eseguita dalla clinica (che aveva appunto estratto alla paziente alcuni molari, senza completare il lavoro e quindi lasciandola senza denti per circa 3 anni).
In particolare, il giudice ha condannato la struttura sanitaria a risarcire alla paziente il danno biologico permanente differenziale, stimato dai CTU nella misura del 4%, nonché il danno biologico temporaneo, stimato dai CTU in 90 giorni al 10%.
Infine, il giudice ha disposto l’aumento del predetto danno biologico nella misura del 33% a titolo di danno morale, in quanto ha ritenuto allegate e provate le circostanze soggettive che impongono una personalizzazione del danno biologico sotto l’aspetto dinamico – relazionale.
Vuoi ricevere aggiornamenti costanti?
Salva questa pagina nella tua Area riservata di Diritto.it e riceverai le notifiche per tutte le pubblicazioni in materia. Inoltre, con le nostre Newsletter riceverai settimanalmente tutte le novità normative e giurisprudenziali!
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento