Gli strumenti di finanziamento delle società di capitali

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Le società di capitali sono state oggetto dell’importante modifica normativa apportata dal decreto legislativo 17 gennaio 2003 n. 6 con il quale il legislatore ha introdotto novità anche sul fronte dei mezzi di finanziamento alle società medesime.
La disciplina previgente dedicava agli strumenti finanziari finalizzati all’aumento del capitale sociale una regolamentazione troppo scarna rispetto alle esigenze del mercato e si basava unicamente sull’assunto che le compagini societarie si autofinanziassero attraverso i propri soci oppure ricorressero alle banche qualora i soci non fossero stati in grado di fronteggiare le esigenze dell’azienda.
Sotto la vigenza del codice civile pre-riforma, infatti, la possibilità che la società potesse cercare finanziamenti all’esterno, quindi anche tra soggetti che, sebbene non direttamente interessati all’impresa, fossero comunque disposti ad investire il proprio capitale in essa, era considerata un’eventualità remota, marginale e, pertanto, disciplinata in maniera non sufficientemente dettagliata.
Il legislatore del 2003, invece, ha posto tra gli obiettivi della riforma proprio quello di regolamentare analiticamente gli strumenti finanziari che le società hanno a disposizione per incrementare il proprio patrimonio, sia modificando i tradizionali strumenti finanziari, quali i titoli azionari ed obbligazionari, sia introducendone di nuovi, ammettendo persino la possibilità di finanziare la società attraverso titoli non partecipativi che, quindi, non fanno acquisire al possessore la qualità di socio.
Le tipologie dei mezzi di finanziamento delle società di capitali, quindi, non sono più solamente l’emissione di titoli di debito (obbligazioni) o di partecipazione (azioni), bensì, anche la diffusione di strumenti di reperimento delle risorse economiche utili all’attività d’impresa che, giuridicamente ed economicamente, posseggono caratteristiche appartenenti sia agli strumenti obbligazionari che a quelli azionari.
Volendo analizzare analiticamente le differenti tipologie di finanziamento alle società, è utile iniziare l’excursus dallo strumento più tipico che è quello del finanziamento effettuato dai soci medesimi, anch’esso oggetto di modifica da parte del d.lgs. 6/2003.
La nuova normativa prevede una maggiore tutela dei creditori sociali in quanto disincentiva la prassi di reperire finanziamenti dai propri soci senza utilizzare la forma del conferimento e garantisce in tal modo la reale consistenza del patrimonio sociale. I requisiti che debbono sussistere affinché un socio possa finanziare la società sono rimasti quelli disciplinati dalla delibera del Comitato Interministeriale per il Credito ed il Risparmio, in attuazione del decreto delegato 1° settembre 1993 n. 385 e sono: l’iscrizione nel libro dei soci da almeno tre mesi, la partecipazione al capitale sociale pari ad almeno il 2% dell’ammontare del capitale nominale quale risultano dall’ultimo bilancio approvato nonché la previsione di tale possibilità nello statuto.
Salvo differente disposizione statutaria, inoltre, i versamenti in parola debbono essere considerati come infruttiferi in quanto, qualora si voglia procedere a mezzo di finanziamenti fruttiferi, occorre una speciale disposizione.
Per quanto concerne il rimborso dei finanziamenti dei soci, l’art. 2467 del codice civile, norma ad applicazione necessaria che deve essere applicata a prescindere dalle disposizioni statutarie, prevede che esso sia “postergato rispetto alla soddisfazione degli altri creditori della società e, se avvenuto nell’anno precedente la dichiarazione di fallimento della società, deve essere restituito.”
Prima della novella, il credito vantato nei confronti della società era considerato di pari grado rispetto a quello degli altri creditori chirografari; attualmente, invece, esso viene soddisfatto solamente a condizione che non siano pregiudicati quelli degli altri terzi creditori, per cui, in caso di conflitto, questi ultimi saranno preferiti.
La disposizione del primo comma dell’art. 2467 è tuttavia mitigata dal disposto del capoverso, il quale afferma che “si intendono finanziamenti dei soci a favore della società quelli, in qualsiasi forma effettuati, che sono stati concessi in un momento in cui, anche in considerazione del tipo di attività esercitata dalla società, risulta un eccessivo squilibrio dell’indebitamento rispetto al patrimonio netto oppure in una situazione finanziaria della società nella quale sarebbe stato ragionevole un conferimento”e, pertanto, i finanziamenti effettuati fuori dalle summenzionate condizioni sono rimborsabili dalla società liberamente.
Il legislatore riformista ha inteso dare grande rilevanza al potenziamento dei canali di raccolta di risorse economiche soprattutto predisponendo un sistema totalmente nuovo di istituti per effetto dei quali le società di capitali posso reperire finanziamenti di rischio o di debito.
Il mezzo più tipico è il titolo azionario; il codice civile ne prevede diverse categorie che sono state notevolmente ampliate dal decreto legislativo del 2003.
Accanto alle azioni che hanno uguale valore e conferiscono ai loro possessori uguali diritti ai sensi e per gli effetti dell’art. 2348, I comma c.c., si ricordano le azioni privilegiate che godono di priorità nella distribuzione degli utili, nella restituzione del capitale e che possono essere postergate in caso di perdite (art. 2348 comma II c.c.). Secondo quanto disposto dall’art. 2369 V comma, tale specie di azione può essere emessa solo a seguito di una delibera dell’assemblea straordinaria e con un quorum deliberativo superiore ad un terzo del capitale sociale, sia in prima che in seconda convocazione.
            Lo statuto, inoltre, può prevedere anche azioni prive del diritto di voto, con voto limitato a particolari questioni oppure con voto subordinato al verificarsi di determinate condizioni, senza che sia necessario attribuire vantaggi di natura patrimoniale. I soci cui non è attribuito il diritto di voto e che, pertanto, non possono impugnare le delibere, hanno comunque titolo per ottenere il risarcimento del danno loro arrecato da un’eventuale delibera illegittima ai sensi dell’art. 2377 c.c..
            La compagine societaria ha altresì la possibilità di emettere particolari azioni a favore dei propri dipendenti o collaboratori, ma tale facoltà deve essere espressamente prevista dall’atto costitutivo o da una sua modifica. E’ utile sottolineare che con il termine “dipendenti” si intendono anche i dipendenti delle società controllanti e controllate dall’emittente.
            La novella, contempla anche l’ipotesi dell’emissione di azioni a favore di soggetti non legati alla società da alcun rapporto di lavoro subordinato: ciò può avvenire sia mediante aumento di capitale con esclusione del diritto di opzione, sia attraverso un’assegnazione gratuita di azioni agli amministratori, sia con una vendita di propri titoli azionari a società controllanti o controllate.
           
Le azioni di godimento, invece, sono particolari titoli azionari attribuiti ai possessori di azioni ordinarie quando, a seguito di una riduzione del capitale per eccedenza, ne sia stato interamente rimborsato il valore nominale. La loro disciplina non è stata toccata dalla novella del 2003 e, salvo diversa disposizione dello statuto sociale, sono prive del diritto di voto.
Le azioni possono essere altresì con prestazioni accessorie i cui possessori, oltre all’obbligo del conferimento, hanno l’obbligo di prestare alla società un’attività di tipo personale.
            Il decreto delegato n. 6/03 ha preveduto anche la possibilità di finanziare le società attraverso le cd. azioni correlate le quali forniscono diritti patrimoniali correlati ai risultati conseguiti dalla società in un determinato settore o ramo di attività. E’ disposto che lo statuto debba stabilire i criteri di individuazione sia dei costi che dei ricavi imputabili al settore, le modalità di effettuazione dei rendiconti, i diritti attribuiti a tali azioni nonché le modalità di conversione in azioni di altra categoria.
            La dottrina ritiene che la società possa stabilire che tali titoli possano percepire utili se il relativo settore è in utile, anche qualora gli altri settori non lo siano. E’ tuttavia escluso che la distribuzione degli dividendi a favore di tali azionisti possa eccedere gli utili che risultano dal bilancio della società. Pertanto se l’attività sociale, nel suo complesso subisce una perdita, i possessori delle azioni correlate non avranno diritto ad ottenere alcunchè.
Un ulteriore tipo di titolo azionario è quello disciplinato dall’articolo 2437 sexies del codice civile che ammette la possibilità che lo statuto della società preveda che più singole azioni, individualmente considerate, oppure una categoria di azioni, siano destinate ad essere riscattate dalla società stessa oppure dai soci. In tale ipotesi, il valore di riscatto è quello stabilito secondo i medesimi criteri previsti per il recesso del socio e resta salva la possibilità di acquisto di azioni proprie.
            La disciplina delle azioni cd. di risparmio è contenuta principalmente nel Testo Unico della Finanza agli artt. 145-147. Trattasi di azioni prive del diritto di voto, finalizzate soprattutto ai piccoli risparmiatori interessati al vantaggio economico costituito dalla distribuzione degli utili. A seguito della novella, questa categoria di titoli azionari, previa modifica dello statuto, può essere emessa da qualsiasi società per azioni, anche non quotata.
            Le società di capitali sono finanziabili anche attraverso le obbligazioni ed il decreto legislativo del 2003 non si è limitato a modificare unicamente i titoli di rischio, ma ha coinvolto anche quelli di debito: notevoli sono, infatti, le novità introdotte in materia di obbligazioni che, oggi, possono essere emesse anche dalle società a responsabilità limitata.
            E’ fatto notorio che i titolari di obbligazioni hanno diritto alla restituzione del capitale nonchè alla riscossione degli interessi; secondo il combinato disposto dei commi I e II del nuovo art. 2411 c.c., tale diritto può essere, totalmente o parzialmente, subordinato alla piena soddisfazione dei diritti di altri creditori della società e la tempistica può variare in relazione alle condizioni economiche in cui si trova la medesima.
            La competenza ad emettere obbligazioni non convertibili -senza opzione sull’acquisto dell’azione- è attribuita agli amministratori, salvo che la legge o lo statuto non dispongano diversamente. L’emissione di obbligazioni convertibili, invece, rimane di competenza dell’assemblea straordinaria secondo quanto previsto dall’art. 2420 bis c.c..
            Per ciò che riguarda i limiti quantitativi posti all’emissione di obbligazioni, per le società quotate in mercati regolamentati non è previsto alcun limite, altrimenti, alla società è consentita l’emissione solo per un ammontare che, complessivamente, non superi il doppio della somma del capitale sociale, della riserva legale e delle riserve disponibili secondo l’ultimo bilancio approvato. Nel caso in cui tali titoli siano sottoscritti da investitori professionali oppure siano garantite da un’ipoteca, questo limite può essere superato, ma solamente fino ai due terzi.
            La vera novità apportata con la riforma del 2003 è quella degli strumenti finanziari partecipativi attraverso i quali il legislatore ha ampliato le possibilità per le società per azioni di reperire mezzi di finanziamento attraverso nuovi strumenti finanziari che attribuiscono diritti patrimoniali e di partecipazione, senza il diritto di voto nell’assemblea degli azionisti ed evitando l’ingerenza dei possessori degli strumenti finanziari nelle decisioni della società.
I possessori di tali titoli non acquisiscono la qualità di soci. Lo statuto stabilisce la determinazione delle condizioni di emissione nonché dei diritti amministrativi e partecipativi. Per quel che concerne i diritti patrimoniali, può attribuire il diritto ad una quota degli utili oppure, il diritto ad una remunerazione fissa.
            Essi sono:
            Le accettazioni bancarie sono titoli assimilabili alla cambiale tratta, con cui una società ingiunge ad un istituto bancario di pagare ad un beneficiario un importo ad una scadenza prefissata. La banca appone la propria firma per accettazione e diviene in tal modo l’obbligato principale. In realtà, però, vi è un accordo tra emittente e banca per il quale il vero obbligato è il cliente, mentre la banca ha la funzione di garante. Attraverso questa modalità di finanziamento, le imprese sopperiscono alla assenza di risorse per il breve periodo.
            Le polizze di credito commerciale sono di un mezzo di finanziamento con cui una società contrae con un’altra un determinato debito che deve essere rimborsato ad una determinata scadenza . L’impresa creditrice a sua volta cede la propria posizione ad un investitore.
            Le cambiali finanziarie sono titoli di credito all’ordine emessi in serie, attraverso le quali cui soggetti diversi dalle banche acquisiscono fondi tra il pubblico, con obbligo di rimborso; sono equiparate per ogni effetto di legge alle cambiali ordinarie.
 
 
Dott.ssa Maddalena Martino

Santini Matteo – Martino Maddalena

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