Genitori e figli, gli schiaffi sono leciti?

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In tempi passati se un figlio rispondeva in modo poco educato a un genitore, disobbediva o simili, riceveva come risposta un sonoro ceffone. Il risultato era che il genitore, secondo il suo modo di agire, aveva attuato un metodo educativo e il figlio aveva incassato il ceffone senza battere ciglio, trovandosi in una posizione più debole. Non gli avrebbe sfiorato la mente il pensiero di denunciare il genitore per abuso di mezzi di correzione.

Secondo i genitori che preferiscono alti metodi per correggere i figli, la violenza non ha mai prodotto niente di positivo, mentre coloro che privilegiano i metodi “tradizionali”, sostengono che uno schiaffo ogni tanto insegnava qualcosa.

La legge che cosa dice in proposito?

Si può dare uno schiaffo al proprio figlio quando supera ogni limite? Se in sostituzione dello schiaffo si elargisse una punizione?

La legge non dice in modo esplicito se sia lecito dare uno schiaffo ai propri figli. Quello che dice è che non gli si devono procurare danni fisici o psichici.

Chiunque abusa dei mezzi di correzione o di disciplina nei confronti di una persona sottoposta alla sua autorità o a lui affidata per la sua educazione, istruzione, vigilanza o custodia (anche nell’esercizio di una professione) rischia sino a 6 mesi di reclusione se procura a quella persona un danno fisico o psichico, a norma dell’articolo 571 del codice penale. Le pene aumentano in caso di lesioni personali o di morte. Qui si parla di un delitto aggravato dall’evento nel quale le conseguenze non sono volute.

Ad esempio:

Caio dà uno schiaffo a suo figlio, lui cade, batte la testa su un corpo contundente e muore a causa del trauma riportato.

Se Caio dimostra che il suo intento era quello di dargli uno schiaffo perché il foglio ha risposto male, verrà processato per abuso di mezzi di correzione.

Se si dimostra che l’intenzione di Caio era procurargli un grave danno fisico, verrà processato per lesioni o per omicidio.

La legge vieta di procurare un danno fisico o psichico. Il genitore verrà punito per essere manesco e per essere crudele senza muovere le mani. La violenza psicologica può fare, a volte, più male di quella fisica.

Un genitore ha il dovere di istruire e di educare un figlio (art. 30 Costituzione) ed esercita su di lui la responsabilità genitoriale (art. 316 c.c.). Gli strumenti validi per espletare il dovere educativo devono essere quelli che non ledano la dignità e l’integrità fisica del minore, oltrepassare questo limite significa commettere reato di abuso dei mezzi di correzione. Questo reato non si configura se il figlio è maggiorenne, perché quando il ragazzo compie 18 anni si conclude il diritto-dovere dei genitori di educarlo.

Lo dice la legge, anche se il buon senso e quello che si vede spesso in giro suggerirebbero il contrario. Se un genitore dà uno schiaffo a un figlio maggiorenne e gli fa male, il figlio lo può denunciare per lesioni. Se gli dice di non uscire, altrimenti non gli dà da mangiare per giorni, lo può denunciare per intimidazioni.

La legge e la giurisprudenza non sono riuscite a stabilire con sicurezza dove si colloca il confine tra un mezzo di correzione lecito e l’abuso del mezzo di correzione, cioè quando lo schiaffo al figlio è uno scappellotto fine a sé stesso, senza particolari conseguenze se non quelle di avergli insegnato la lezione e quando è un sistema di punizione che sconfina nell’abuso di autorità e che provoca un danno fisico e morale.

Quello che la legge punisce è l’utilizzo eccessivo o inopportuno di un mezzo il quale può essere considerato legittimo.

Se un genitore dice a suo figlio di rientrare all’una di notte con il motorino e lui si presenta alle 3, per di più ubriaco, posso decidere di dargli uno schiaffo per alcuni motivi. Perché ha disubbidito e non ha rispettato la sua autorità. Perché ha bevuto molto per potere girare in motorino. Perché così, magari, lo sveglio dal torpore dell’alcol senza dovere mettere la caffettiera da 6 o infilargli la testa sotto il rubinetto.

Un ceffone, in un determinato contesto ed entro determinati limiti, senza procurare lesioni, viene di solito considerato un mezzo di correzione accettato. Il discorso cambia se lo aspetta dietro la porta di casa con il bastone e gli lascia la schiena come lo spazio tra le due gobbe di un cammello. L’utilizzo del bastone, di per sé, non è ammesso come mezzo di correzione oggi come lo era ai tempi dei nostri nonni, in questo caso il figlio deve partire e rischia una denuncia per lesioni.

La Suprema Corte di Cassazione sottolinea che se un mezzo di correzione è violento contrasta con il suo scopo di essere un mezzo di educazione, sia perché si oppone alla dignità della persona sia perché si contraddice con la finalità di perseguire lo sviluppo armonico della personalità (Cass. sent. n. 25790/2014 del 16.05.2014).

Atti di minima violenza fisica e morale, legittimi ma con alcuni limiti

I giudici dicono anche “gli atti di minima valenza fisica o morale necessari per rafforzare la proibizione, non arbitraria né ingiusta, di comportamenti oggettivamente pericolosi o dannosi che rispecchiano la sottovalutazione del pericolo, la disobbedienza gratuita, oppositiva e insolente sono legittimi” (Cass. sent. n. 42648/2007 del 28.06.2007) che tradotto sarebbe: si può dare uno schiaffo a un figlio minorenne se trovato al volante e, per di più, dice al genitore di farsi gli affari suoi, giusto per fargli capire, che fare gli affari suoi è fare anche gli affari miei.

La Suprema Corte, però, pone dei limiti.

Un conto è uno schiaffo di minima entità fisica e un altro è quello che  manda contro il muro. Uno schiaffo, scrive la Cassazione, di violenza tale da procurare una lesione o un pericolo di danno (ad esempio un danno ai denti) basta a configurare il reato di abuso.

I mezzi di correzione, compresi gli la schiaffi a un figlio, possono essere interpretati in modo diverso a seconda dell’evoluzione delle consuetudini e dei costumi, oltre al tipo di rapporto che si instaura in famiglia e alle diverse circostanze. I mezzi di correzione oggi non accettati, che si possono utilizzare sono: la cinghia o cintura, la frusta, la percossa, il pugno, un oggetto contundente lanciato o utilizzato direttamente per colpire.

Ci sono anche i mezzi di correzione non violenti ma allo stesso modo vietati. Sono: le ingiurie, le intimidazioni, le punizioni degradanti o umilianti, come esempio dire, ti mando a mangiare dalla ciotola del cane.

La giurisprudenza si è espressa su alcuni mezzi di correzione utilizzati dai genitori e finiti nelle aule dei tribunali. Si commette abuso di mezzi di correzione quando:

si impone alla figlia un taglio di capelli e la si afferra con la forza per farglielo mentre la ragazzina si dimena rischiando la sua incolumità.

Si tiene un figlio minore di due anni legato alla tavola durante i pasti e lo si costringe a mangiare anche il cibo che non vuole.

Si lega un figlio a una sedia con gli occhi bendati per costringerlo all’unico ascolto dei cartoni animati.

Si chiude un figlio in un luogo buio per punizione.

Si punisce la cattiva condotta del figlio con continue e lievi percosse o tirate di capelli.

Si commette reato di lesioni personali quando si percuote un minore di 14 anni con una bacchetta sulle orecchie o sui glutei provocandogli dei lividi.

Si commette reato di maltrattamenti in famiglia quando il genitore umilia o rimprovera continuamente il figlio anche per futili motivi, lo offende o gli rivolge delle violenze fisiche.

Non commette reato chi trattiene per le braccia il figlio minore per impedirgli di uscire la sera con persone poco raccomandabili.

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