Garanzia per vizi della cosa venduta: la vendita con clausola vista e piaciuta

Luca Leidi 09/11/16
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…Il veicolo viene accettato dall’acquirente nello stato di fatto e nelle condizioni in cui si trova al momento della stipula del presente e contratto (trattasi di veicolo visto e piaciuto)…

…Con la presente formulo la mia migliore offerta di acquisto del seguente bene, come visto e piaciuto…

…Il conduttore riconosce di ricevere in consegna l’immobile in buono stato locativo, come visto e piaciuto, nello stato di fatto esistente ed idoneo all’uso convenuto e si impegna a restituirlo parimenti al termine della locazione…

…L’offerta vale per l’acquisto dei beni con formula visti e piaciuti nello stato di fatto e di diritto in cui si trovano,…

Questi sono solamente quattro esemplificazioni dell’applicazione, all’interno di un contratto, della clausola c.d. “visto e piaciuto”.

Tale clausola, che si sostanzia nella apposizione della dicitura “visto e piaciuto” all’interno del contratto, come dice il termine stesso, indica che il compratore ha “visto” l’oggetto che intende acquistare, che gli è piaciuto (da intendere che ha valutato le sue condizioni e il suo reale stato) e che quindi lo acquista così come si presenta, consapevole dei pregi e dei difetti eventuali. 

Ma è proprio il concetto di “visto”, che suscita dubbi giuridici. Il verbo “vedere” trae origine dal latino vidére, ovvero ricevere le immagini degli oggetti per il senso della vista (1), e per ciò, combinato con il dire della clausola, non dovrebbero esserci dubbi nel ritenere che l’acquirente accetti l’estetica, lo stato apparente, del bene da acquistare in quel dato momento.

Ad esempio: se decido di acquistare una autovettura che, al momento della mia percezione visiva, riporta una graffiata sulla carrozzeria della portiera destra, successivamente non potrò rimproverare al venditore la presenza di tale vizio, richiedendogli la riduzione del prezzo della compravendita. Tuttavia, cosa ben diversa, è il caso in cui la stessa auto presenti problemi di meccanica (ovviamente non percepibili visivamente).

E quest’ultimo è proprio il caso proposto alla Suprema Corte.

Se da un lato, infatti, pare non vi siano problemi nell’asserire che la clausola visto e piaciuto comporti l’esclusione della responsabilità in capo al venditore per vizi (2) c.d. “palesi” (ovvero quelli visibili e riconoscibili) e non taciuti in mala fede, dall’altro, dottrina e giurisprudenza di legittimità dibattono se tale esclusione possa essere estesa anche ai vizi c.d. “occulti” (quelli non conoscibili perché non apparenti all’esterno) (3).

Il dubbio concerne la condizione di tale clausola ad escludere tout court la normativa inerente alle garanzie per i vizi della cosa venduta ai sensi dell’art.1490, co.2, c.c., secondo cui «Il patto con cui si esclude o si limita  la garanzia non ha effetto, se il venditore ha in mala fede taciuto al compratore i vizi della cosa venduta.».

In altri termini, può la clausola visto e piaciuto derogare in toto alla garanzia per i vizi, comportando la rinuncia senza alcuna riserva da parte dell’acquirente avverso il venditore per i vizi del bene acquistato? (4)

 

PRIMO GRADO

Nell’aprile del 2009, Tizio acquistò dalla Società una automobile usata. Il contratto di compravendita in oggetto conteneva la clausola vista e piaciuta.

Già lo stesso giorno, l’attore rilevò che la res oggetto della compravendita emanava un inquietante frastuono quando si raggiungeva una velocità autostradale.

Portata dal meccanico di fiducia, quest’ultimo riscontrava al problema, comunicando che il rumore era dovuto ad una rottura della parte meccanica dell’auto (costo di riparazione € 2.850,00 più iva).

Fu così che l’attore comunicava il “problema” con email e, successivamente, con fax e raccomandata, indirizzate alla Società venditrice.

Rimaste inevase le precedenti comunicazioni, nell’aprile 2010 citava innanzi al Giudice di Pace di Milano la Società, per sentirla condannare alla restituzione di buona parte dell’importo convenuto, previo accertamento della propria responsabilità per i vizi riscontrati nell’automobile e previa riduzione del prezzo di compravendita.

Si costituì la Società, contestando la ricostruzione storica dei fatti esposta da parte attorea, nonché eccependo la tardività della denuncia per vizi ai sensi dell’art.1495 c.c. («entro otto giorni dalla scoperta»).

Il Giudice di Pace milanese, con sentenza n.6831/2011, accoglieva la domanda di parte attrice, condannando la Società convenuta al pagamento.

 

L’APPELLO

La Società propose appello al Tribunale di Milano.

Il secondo grado vede vittoriosa la Società, in quanto il Giudice di secondo grado rilevò che, nel caso in esame, la compravendita aveva ad oggetto una auto usata, e la vendita era avvenuta con la esplicita clausola vista e piaciuta che «non sarebbe una clausola di stile ma, se espressa in modo chiaro, comporta una limitazione della garanzia per i vizi della cosa.» (5).

E così, in forza di tale clausola, il compratore al momento dell’acquisto «accetta senza alcuna riserva» il bene allo stato in cui appare, rinunciando alla garanzia anche per vizi occulti (in quanto per i vizi facilmente riconoscibili l’esclusione della garanzia è disposta dall’art.1490 c.c.).

 

CASSAZIONE CIVILE, SEZ.II, DEL 19/10/2016

Questo indirizzo giurisprudenziale, per quanto gravoso sia in danno del compratore, si è visto che era già presente in altre aule giudiziarie (App. Firenze cit. – vedi nota 4).

L’acquirente decide di presentare ricorso in Cassazione, deducendo come unico motivo la violazione e falsa applicazione degli artt.1362 e 1366 (sull’interpretazione dle contratto, rispettivamente, secondo la comune intenzione dei contraenti e la buona fede), 1371 (sull’interpretazione residuale del “senso meno gravoso per l’obbligato”) e, ovviamente, 1491 (sull’esclusione della garanzia per vizi) c.c..

I Germellini, rilevato che i contraenti ben possono derogare alla disciplina legale della garanzia per vizi della cosa venduta purché sia espressamente approvata per iscritto ai sensi dell’art.1341, co.2, c.c., prendono di mira l’orientamento giurisprudenziale e dottrinale secondo il quale la garanzia per vizi venga esclusa totalmente dalla clausola “vista e piaciuta”, così interpretandola come impegno ad accettare il bene compravenduto senza alcuna riserva e, pertanto, rinunciando in toto alla garanzia per i vizi, anche di quelli occulti.

Al contrario, continua la Cassazione, tale interpretazione è smentita dall’unico precedente della S.C., secondo il quale «La garanzia per i vizi della cosa oggetto della compravendita è esclusa dalla clausola “vista e piaciuta” – la quale ha lo scopo di accertare consensualmente che il compratore ha preso visione della cosa venduta -, qualora si tratti di vizi riconoscibili con la normale diligenza e non taciuti in mala fede.» (6).

Si deve concordare sul fatto che tale calusola non possa rferirsi ai vizi occulti, che si manifestano cioè, dopo i normali controlli eseguiti ante acquisto, soltanto dopo l’uso del bene compravenduto.

Come denota la Cassazione nella sentenza riportata, «né potrebbe essere diversamente, giacché l’espressione “vista”, se priva di precisazioni rafforzative, inequivocabilmente allude solo ai vizi agevolmente riscontrabili dall’acquirente a primo esame.». Di talché, l’espressione “vista” viene assunta nel senso etimologico del termine, come sopra descritto.

Aggiunge la Corte che, anche considerando «i principi fondamentali che governano l’istituto del contratto», quali la buona fede e l’equità del sinallagma contrattuale, «sarebbe incongruo ritenere che la clasuola visto e piaciuto possa sollevare il venditore dalla garanzia per i vizi occulti

A contrario, questi principi inducono a ritenere che quella clausola vada limitata ad una accettazione del bene con tutti quegli eventuali vizi riconoscibili ictu oculi, nonché, se vi sia stata concreta possibilità di farlo, con tutti i vizi che avrebbero potuto essere riconoscibili con una «diligente disamina del bene».

Da ciò, i Germellini asseriscono l’esclusione dell’accettazione dei vizio occulti, perché, ove così fosse, si determinerebbe un ingiustificato squilibrio del sinallagma contrattuale.

Nel caso concreto, quindi, il venditore di auto usate sarà pertanto tenuto alla garanzia per i vizi occulti, anche nel caso in cui il contratto di compravendita riporti la dicitura “vista e piaciuta”, e ciò «a prescindere dal fatto che la presenza di essi non sia imputabile ad opera del vendditore, ma, esclusivamente, a vizi di costruzione del bene venduto.».

Concludendo, asserisce la S.C., il ricorso va accolto, cassando la sentenza con rinvio al Tribunale di Milano, in persona di altro magistrato, affinché la clausola visto e piaciuto venga interpretata riferendosi «allo stato apparente in cui si trova il bene compravenduto, cioè così come possa essere, ragionevolmente, percettibile e manifesto», considerando anche i principi contrattuali dell’equità e del corretto sinallagma del contratto, nonché della buona fede contrattuale, che induce a tener conto del corretto equilibrio degli interessi contrapposti.

 

 

 

 

 

 

(1) Da Pianigiani O., Vocabolario Etimologico della Lingua Italiana, versione web www.etimo.it, consultato in ottobre 2016.

(2) Per vizio si deve intendere qualsiasi alterazione o carenza della res, che incida sulla funzionalità, sull’utilità o sul pregio del bene stesso, rendendola inidonea all’uso a cui destinata o che ne diminuiscono in modo apprezzabile il valore. Così, Ravazzoni A., La compravendita: corso di diritto civile, Parma, 1998, 211, che ricava tal nozione direttamente dall’art.1490 c.c..

(3) Sulla nozione di vizi occulti: Cass. n.26233/2013 e 25/2012.

(4) In tali termini si espresse, ad esempio, la Corte d’Appello di Firenze, sez. I, sent. 26/01/2011 n. 134, ritenendo che la clausola visto e piaciuto sarebbe da interpretare come «l’impegno ad accettare il bene compravenduto senza alcuna riserva e, pertanto, rinunciando in toto alla garanzia per i vizi»; aggiunge il giudice di secondo grado, «se così non fosse, la clausola verrebbe a perdere ogni incidenza nella disciplina contrattuale in quanto, per i vizi facilmente riconoscibili, l’esclusione della garanzia già è disposta dall’art. 1491 c.c.». Conforme a tale pronuncia anche il Tribunale di Milano, sent. 9920/2014, in qualità di giudice di appello, nel caso oggetto del presente studio.

(5) Sulla differenza tra le clausole di stile e quella di visto e piaciuto, si veda Tribunale di Trieste, sent. 20 febbraio 2009, n.239. In dottrina, sull’esclusione della clausola visto e piaciuto dalla categoria di quelle di stile, Izzo N., La garanzia per i vizi occulti nella vendita con specifica clausola”vista e piaciuta”, in Immobili e Diritto, V, 2009, 64; Klesta Dosi, La clausola “visto e piaciuto” nella vendita di beni mobili usati, nota a sentenza del 31/7/2000 – Trib. Casale Monferrato, in Nuova Giurisdizione Civile Commentata, I, 2001, 109.

(6) Cass., sez.II, n.3741 del 3/7/1979, in CED Cass., rv. 400175.

Sentenza collegata

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