In famiglia è lecito rubare: nessuna sanzione al partner che ruba al convivente

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A dirlo è l’articolo 649 del codice penale rubricato “Non punibilità e querela della persona offesa, per fatti commessi a danno di congiunti” che recita:

Non è punibile chi ha commesso alcuno dei fatti preveduti da questo titolo in danno:
1. 1) del coniuge non legalmente separato;
2. 1-bis) della parte dell’unione civile tra persone dello stesso sesso;
3. 2) di un ascendente o discendente; o di un affine in linea retta, ovvero dell’adottante o dell’adottato;
4. 3) di un fratello o di una sorella che con lui convivano.
I fatti preveduti da questo titolo sono punibili a querela della persona offesa, se commessi a danno del coniuge legalmente separato o della parte dell’unione civile tra persone dello stesso sesso, nel caso in cui sia stata manifestata la volontà di scioglimento dinanzi all’ufficiale dello stato civile e non sia intervenuto lo scioglimento della stessa, ovvero del fratello o della sorella che non convivano coll’autore del fatto, ovvero dello zio o del nipote o dell’affine in secondo grado con lui conviventi.
Le disposizioni di questo articolo non si applicano ai delitti preveduti dagli articoli 628,629 e 630 e ad ogni altro delitto contro il patrimonio che sia commesso con violenza alle persone.
In questo modo si taglia ogni possibilità al marito o alla moglie di sporgere querela contro il coniuge per uno di questi reati.
Furti, truffe, danneggiamenti, sottrazione di oggetti sono i delitti contro il patrimonio che non comportano violenza sulle persone (come la rapina e l’estorsione) e non possono essere puniti tra persone sposate.

Il discorso non è relativo in modo esclusivo ai soldi che si trovano in cassaforte, in un libretto di deposito, nel portafogli o sul conto corrente bancario, ma anche agli oggetti di casa come ad esempio un gioiello prezioso.

Se uno dei due coniugi vende un oggetto che è nella comunione dei beni senza dire niente e tenendosi per sé i soldi, il contratto resta valido ma l’altro può agire entro un anno per ottenere la metà del prezzo o la reintegra della comunione con un bene di uguale valore.

La sentenza n. 41675/2018

La Suprema Corte di Cassazione con la recente sentenza 41675/2018, ha detto che l’asportazione dei mobili, da parte del marito, prima della separazione, non integra l’appropriazione indebita, perché il fatto è stato commesso in danno della moglie non ancora legalmente separata.
Un discorso diverso è quello delle lesioni o della violenza, reati che non sono relativi al patrimonio e che, anche tra conviventi, vengono puniti.
Nonostante la norma del codice penale parli di coniugi, sia il legislatore sia la giurisprudenza hanno equiparato le due fattispecie per tutelare anche quelle coppie che decidono di non sposarsi ma di formare lo stesso una famiglia.

In simili casi la questione sorge per il fatto che le norme penali non possono essere interpretate in via analogica, vale a dire che non si possono estendere rispetto ai confini previsti dalla norma.

La conclusione alla quale si arriva, è che non si può denunciare il convivente che ruba al partner, anche se in questo caso si parla più propriamente di “querela” e non di “denuncia”, termine riservato ai reati procedibili d’ufficio e tali non sono né il furto, né la truffa.

Si deve privilegiare un’interpretazione restrittiva dell’articolo del codice penale che parla di coniugi.
Se un convivente sottrae dei beni all’altro o se ne appropria indebitamente può essere querelato. Non rileva che in questo modo si vanno a discriminare le coppie di conviventi more uxorio, secondo la Cassazione non c’è nessuna violazione della Costituzione e del principio di uguaglianza.

Sulle copie gay che hanno posto in essere unioni civili, si ha l’equiparazione alle coppie sposate, allo stesso modo, godono del beneficio della non punibilità per i delitti contro il patrimonio.

Dott.ssa Concas Alessandra

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