Extracomunitari e proroga del trattamento presso il centro di permanenza temporaneo (Cass. n. 15223/2013)

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Massima

Al procedimento giurisdizionale di decisione sulla richiesta di proroga del trattenimento presso un Centro di Permanenza Temporanea dello straniero, già sottoposto a tale misura per il primo segmento temporale previsto dalla legge, devono essere applicate le stesse garanzie del contraddittorio, consistenti nella partecipazione necessaria del difensore e nell’audizione dell’interessato, che sono previste esplicitamente, ai sensi dell’art. 14, comma 4, del d.lgs. 286/1998, nel procedimento di convalida della prima frazione temporale del trattenimento, essendo tale applicazione estensiva imposta da un’interpretazione costituzionalmente orientata del successivo comma quinto, relativo all’istituto della proroga, tenuto conto che un’opposta lettura delle norme sarebbe in contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost.

 

1. Questione

L’extracomunitario ricorre per cassazione avverso decreto di proroga del suo trattenimento presso un centro di identificazione ed espulsione emesso de plano dal Giudice di pace di Roma.

La Cassazione accoglie il ricorso; ribadendo il principio che al procedimento giurisdizionale di decisione sulla richiesta di proroga del trattenimento dello straniero, già sottoposto a tale misura per il primo segmento temporale previsto dalla legge, devono essere applicate, infatti, le stesse garanzie del contraddittorio, consistenti nella partecipazione necessaria del difensore e nell’audizione dell’interessato, che sono previste esplicitamente, ai sensi dell’art 14, comma 4, d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286 del 1998, nel procedimento di convalida della prima frazione temporale del trattenimento, essendo tale applicazione estensiva imposta da un’interpretazione costituzionalmente orientata del successivo comma 5, relativo all’istituto della proroga, tenuto conto che un’opposta lettura delle norme sarebbe in contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost..

 

2. Comitato di permanenza temporaneo e proroga

Giova esporre la evoluzione della recente normativa in materia, la quale, lungi dal muoversi lungo un continuum di agevole interpretazione, è stata segnata dalla interazione delle norme di garanzia di fonte nazionale o mediatamente internazionale nei diversi settori del trattenimento pre espulsivo o umanitario.

Il trattenimento temporaneo “pre espulsivo” – dettato da ragioni di soccorso umanitario temporaneo, di identificazione dell’espellendo o di reperimento di idoneo vettore, in attesa dell’accompagnamento coattivo alla frontiera – venne regolato organicamente con l’art. 14 del d.lgs. 286/1998, prevedendosi, per quel che occupa, che, adottato il provvedimento, il Questore del luogo di sede del Centro trasmettesse al Pretore competente entro 48 ore il provvedimento, che il Pretore, all’esito di convocazione dell’interessato in Camera di consiglio, verificata la sussistenza dei presupposti convalidasse la misura (di durata pari a giorni venti) entro le 48 ore successive ed a pena di inefficacia, che la misura potesse dal Pretore essere prorogata, su richiesta del Questore, per non oltre dieci giorni, verificando la permanenza delle ragioni impeditive della esecuzione, che avverso i decreti di convalida e proroga potesse proporsi ricorso per Cassazione. L’art. 13 della L. 189/2002, aumentò a trenta giorni il tempo concesso per il primo trattenimento (convalidabile) ed altrettanto per la sua proroga. Frattanto il legislatore, che nulla aveva previsto all’art. 13, commi 4 e 5, del d.lgs. 286/1998 (regolanti casi e modalità di accompagnamento coattivo alla frontiera dell’espulso), ritenne, sul rilievo dell’incidenza della misura in executivis sui diritti garantiti dall’art. 13 Cost., di introdurre una convalida anche di tal misura con l’aggiunta dell’art. 13, comma 5 bis, anzidetto. Ma la sommaria convalida inaudita altera parte delineata con l’art. 2 del D.L. 51/2002, attribuendone inopinatamente la competenza al P.M., e corretta in sede di conversione ad opera della L. 106/2002 con assegnazione della competenza al Tribunale in c.m., non resse al vaglio della Corte Costituzionale che, con sentenza n. 222 del 7.4.2004, rilevò il contrasto della disposizione con l’art. 13 Cost., anche laddove impingeva nel nucleo insopprimibile del diritto di difesa in materia di limitazione della libertà personale, quello di essere ascoltato dal giudice con l’assistenza del difensore.

La risposta del legislatore fu di pronto adeguamento, inserendosi per effetto dell’art. 1 del D.L. 241/2004, conv. in L. 271/2004, un nuovo art. 13, comma 5bis, del d.lgs. 286/1998, rispettoso delle garanzie della difesa nella convalida della misura coattiva di accompagnamento; ma si intese, altresì, riscrivere in termini più chiari e garantistici la regola della convalida del trattenimento pre espulsivo: venne infatti sostituito il solo comma 4 dell’art. 14 del T.U. con la precisazione che l’udienza di convalida vedesse la partecipazione necessaria di un difensore e la audizione dell’interessato, se comparso. Nulla si ritenne di aggiungere o mutare sul regime della proroga, sui suoi tempi e sulla ricorribilità per cassazione dell’uno e dell’altro provvedimento.

In tempi assai recenti, infine, il regime del trattenimento ha ricevuto una incisiva nuova regolamentazione nei tempi e nelle condizioni: l’art. 1, comma 22, della L. 94/2009, ferme restando le regole di cui all’art. 14, commi 4 e 6, ha riscritto la disciplina delle condizioni e dei tempi della proroga (ferma la sua prima concedibilità in giorni trenta) prevedendo che la permanenza delle condizioni di difficoltà di rimpatrio dello straniero possa portare ad una prima proroga (concessa dal giudice di pace) pari a giorni sessanta e, rimanendo immutata la difficoltà nonostante il compimento di ogni ragionevole sforzo, pari ad altri giorni sessanta, pervenendo ad un trattenimento complessivo di giorni 180 (dei quali 30 in regime di prima convalida e 150 per effetto di tre proroghe).

Parallelamente alla concitata evoluzione normativa del trattenimento pre espulsivo (evoluzione imposta dal radicale incremento degli afflussi migratori) vi è stata una evoluzione anche nella disciplina del trattenimento a scopo di asilo od “umanitario”. Il legislatore, radicalmente modificando le linee della procedura di riconoscimento dell’asilo di cui all’art. 1 del D.L. 416/1989, conv. in L. 30/1990, ebbe, con l’art. 32 della L. 189/2002, a delineare la procedura semplificata di riconoscimento e, per quel che occupa, a statuire il trattenimento eventuale (nei C.I.E.) o necessario (nei C.P.T.A.), commi 1 e 2, per trenta giorni, rinviando all’art. 14 del d.lgs. 286/1998, per le modalità afferenti la convalida e disponendo che la proroga potesse essere richiesta per ulteriori trenta giorni. Una normativa di dettaglio, anche relativamente alla durata della permanenza del richiedente asilo, venne poi posta con il d.P.R. 303/2004 emanato come regolamento di attuazione secondo il disposto dell’art. 1 bis, comma 3, del D.L. 416/1989, introdotto dall’art. 32 della L. 189/2002: nulla viene in tal regolamento previsto sulle modalità della convalida e della eventuale proroga del trattenimento in procedura semplificata di asilo.

Un intervento espresso venne invece formulato, con abrogazione delle norme testè citate, in sede di attuazione legislativa delle Direttive dell’Unione in materia: la direttiva 2004/83/CE venne attuata con il d.lgs. 251/2007, che non rileva sul piano delle garanzie del procedimento, e la direttiva 2005/85/CE venne attuata dal d.lgs. 25/2008, rilevante per quel che occupa, che ha abrogato (art. 40) le testè citate disposizioni legislative e regolamentari. Il decreto del 2008 ha quindi regolato (art. 21) i casi di trattenimento nei Centri sopra menzionati, disponendo che il provvedimento del Questore fosse soggetto all’osservanza delle modalità di cui all’art. 14 T.U. citato (la durata di 30 giorni, la convalida, la proroga e la ricorribilità) con la precisazione che a trattenimento già in corso (e convalidato) potesse, ove attivata la procedura di cui all’art. 28, richiedersi al Tribunale in c.m. la proroga per ulteriori 30 giorni.

Il successivo d.lgs. 159/2008, recante modificazioni al Decreto Delegato n. 25, nulla ha innovato per la parte che in questa sede rileva. Delineato il quadro normativo dell’istituto in esame, attraverso le sue parallele e non lineari strade di evoluzione, giova anche rammentare che, sulla specifica questione sottoposta dal ricorso, questa Corte non ha mai avuto modo di pronunziare, se pur in due decisioni dell’anno 2006 ha delineato condizioni e rilevanza delle garanzie difensive in sede di convalida del trattenimento. Nella sentenza n. 16216/2008, infatti, si è rammentato che discende dal vigente quadro normativo che nel procedimento di convalida della misura di trattenimento in un CPTA lo straniero ha diritto all’assistenza da parte di un difensore di fiducia e che questi deve essere tempestivamente avvertito della relativa udienza e che l’audizione prescritta nei suddetti termini e modi di legge non può ritenersi soddisfatta da alcun altro atto equivalente, quale la presenza in udienza del difensore designato dal Giudice di pace. Nella sentenza n. 3268 del 2008, d’altro canto, si precisa, come riportato nella massima redatta dall’Ufficio, che in tema di esecuzione dell’espulsione dello straniero, disciplinata dall’art. 14 del d.lgs. 286/1998, e con riguardo al procedimento di convalida del provvedimento del Questore di trattenimento temporaneo dello straniero presso un centro di permanenza, ove si denunzi una violazione delle regole dello stesso procedimento commessa dal giudice alla presenza del difensore del trattenuto, essa deve essere prospettata immediatamente a verbale dal difensore, e non può essere prospettata per la prima volta in sede di legittimità con il ricorso proposto avverso l’ordinanza conclusiva del procedimento, poichè la nullità sanata dal raggiungimento dello scopo,o sulla quale si sia registrata l’acquiescenza dell’interessato a dedurla, non si riflette sul provvedimento conclusivo del procedimento. Con tale pronunziato emerge quindi la esigenza di riportare al corretto rapporto impugnatorio in sede di legittimità le violazioni al diritto della difesa commesse con il provvedimento o nella sede della convalida, rammentandosi che nessuna violazione è prospettabile alla Corte di legittimità se essa non sia stata eccepita o denunziata in sede di merito. Ed è tale principio che costituisce, come appresso si preciserà, una delle ragioni che fanno ritenere necessariamente prevista, alla doverosa lettura secundum constitutionem delle norme, una naturale applicazione delle garanzie di cui all’art. 14, comma 4, del d.lgs. 286/1998 anche alla decisione sulla richiesta di proroga del trattenimento (tanto quello pre espulsivo quanto quello strumentale alla procedura semplificata). Devesi premettere che sarebbe di solare evidenza la incostituzionalità della lettura della norma sulla proroga che facesse di essa un meccanismo di controllo officioso della richiesta, al di fuori delle garanzie della difesa nel regolare contraddittorio e con possibilità di audizione dell’interessato: i principi dettati dalla sentenza n. 222 del 2004 e prontamente recepiti dal legislatore del 2004, per i quali il contraddittorio è garanzia indefettibile le volte in cui il soggetto debba essere pur temporaneamente ristretto in stato di limitazione della libertà, non possono essere applicati per la convalida (di durata oggi non superiore a 30 giorni) e ignorati per la proroga, di altri 30 giorni per i trattenuti in richiesta di asilo, e che, nelle sue tre scansioni per il trattenimento pre espulsivo, perviene a giorni 150 di durata ulteriore.

L’incidenza evidente di tal interpretazione sull’art. 24 Cost., si accoppierebbe ad una macroscopica disparità di trattamento (art. 3 Cost.), ove si riservasse il pieno contraddittorio e l’adeguata difesa alla verifica delle condizioni di accesso alla misura e si affidasse al singolare colloquio cartaceo tra Amministrazione e giudice di pace il controllo della permanenza e dell’aggravamento delle condizioni autorizzanti la protrazione del vincolo (cfr. il testo vigente dell’art. 14, comma 4, con le modifiche apportate dalla L. 94/2009).

Ma non ritiene il Collegio che siffatta conclusione debba essere attinta sulla base della lettura delle norme sopra esposte nè che, pertanto, la strada della rimessione alla Corte Costituzionale, come proposto con il terzo motivo del ricorso, sia la strada obbligata: a tanto non si perviene – infatti – là dove sia possibile una lettura secundum constitutionem delle norme, una lettura che la disamina attenta e sistematica delle norme stesse consente senza difficoltà.

Un primo rilievo si impone all’evidenza: il legislatore delegato del 1998 (art. 14 comma 4 nella sua prima stesura), ben prima di alcun intervento “repressivo” della Corte Costituzionale (infatti attingente l’area dell’accompagnamento coattivo, ab initio lasciata senza garanzie) e dell’intervento “integrativo” del 2004 (dettato da esigenze di omologazione delle garanzie vecchie e nuove), ebbe chiara la percezione della necessità che la decisione sulla privazione temporanea della libertà di locomozione dello straniero dovesse essere disposta solo provvisoriamente dall’Amministrazione ma che essa dovesse essere in realtà accordata dal giudice, all’esito di un procedimento camerale e sentito l’interessato. In questa logica legislativa, sin dall’inizio improntata all’osservanza del noto canone della civiltà giuridica, deve necessariamente ascriversi l’intera disciplina, comprensiva della proroga della stessa condizione di trattenimento ed anch’essa bisognevole di un provvedimento del giudice. E se la legittimità della “detenzione” dello straniero è stata fondata su di un provvedimento adottato nel contraddittorio (audiatur et altera pars), nulla impedisce di ritenere che anche il successivo segmento di “detenzione” si sia ritenuto legittimo soltanto se verificato allo stesso modo, posto che il controllo della legittimità di una misura incidente sulla libertà personale non attenua il suo rigore, riducendolo da effettivo a cartaceo, sol perchè le condizioni di accesso alla misura sono state una volta verificate ed ignorando che si tratta comunque di verificare che l’esigenza di indagini sulla identità o la permanente indisponibilità del vettore offerte alla prima verifica del giudice (Cass. n. 5918 del 2002), tali siano rimaste con il decorrere dei primi trenta giorni.

Il fatto che il legislatore abbia materialmente collocato la disciplina delle garanzie nel solo dell’art. 14, comma 4, non significa certo che abbia voluto escluderne l’estensione anche alla proroga contenuta nel comma 5, posto che tanto nel primo intervento del 1998, quanto nei successivi interventi del 2002, del 2004 e del 2009, nel comma quarto trova spazio la disciplina delle regole e nel comma quinto quella afferente la durata e che la proroga non poteva avere menzione altro che nel comma quinto, sedes materiae “della” proroga e quindi “delle” proroghe. Ma all’argomento anzidetto, di particolare rilievo perchè attinente alla significatività della collocazione della previsione, devesi giustapporre un altro argomento di sistema, non meno decisivo, quello attinente la necessaria omogeneità dei provvedimenti chiesti al giudice (già il Pretore, quindi il Tribunale in c.m. e poi il Giudice di pace), non essendo configurabile una scelta dichiarata per un provvedimento assunto in sede camerale contenziosa, in prima fase, e quindi, un decreto inaudita altera parte in seconda fase, vieppiù non potendo il legislatore ignorare che nel nostro ordinamento processuale civile non esistono provvedimenti decisori e definitivi (quale è la proroga, difatti assoggettata a ricorso per Cassazione) che siano adottati senza alcun contraddittorio. Lo strumento del decreto de plano è infatti apprestato per le tutele cautelari, provvisorie, monitorie in un’ottica di assicurazione provvisoria di effetti, mai disgiunta dal contraddittorio successivo, necessario od eventuale. Non è dato riscontrare un provvedimento del giudice civile che, conoscendo di diritti soggettivi limitati dall’Amministrazione, a tanto provveda in via definitiva senza alcun contraddittorio. Tampoco esiste un provvedimento del giudice penale che convalidi od autorizzi un restringimento della libertà personale in difetto delle ridette garanzie. Non si scorge, pertanto, alcuna plausibilità nell’ipotizzare che il legislatore del 1998 dopo aver rettamente correlato la prima misura restrittiva al procedimento in contraddittorio, disinvoltamente (fantasiosamente) abbia affidato la seconda e le successive ad una pura invenzione giuridica, quella di un decreto de plano di merito e definitivo sconosciuto tanto al processo civile quanto al processo penale.

 


Rocchina Staiano
Dottore di ricerca; Docente all’Univ. Teramo; Docente formatore accreditato presso il Ministero di Giustizia e Conciliatore alla Consob con delibera del 30 novembre 2010; Avvocato. E’ stata Componente della Commissione Informale per l’implementamento del Fondo per l’Occupazione Giovanile e Titolare di incarico a supporto tecnico per conto del Dipartimento della Gioventù.

Sentenza collegata

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Staiano Rocchina

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