Ex che si registra come coppia di fatto e assegno di mantenimento

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Secondo la Suprema Corte di Cassazione una rottura voluta dall’ex tra il tenore di vita precedente e il modello di vita attuale giustifica il venire meno del diritto alla contribuzione periodica.

Il coniuge separato che si registra con un altro partner al Comune come coppia di fatto per beneficiare degli assegni familiari, perde il mantenimento.

Anche in presenza di separazione legale dei coniugi, e di formazione di un altro aggregato familiare di fatto da parte del coniuge beneficiario dell’assegno di mantenimento, indipendentemente dalla “risoluzione del rapporto coniugale”, si compie una rottura tra il tenore precedente e il modello di vita che caratterizzano la fase di convivenza matrimoniale pregressa e l’assetto che ha rilievo costituzionale, perché è stato espressamente cercato e voluto dal coniuge beneficiario della solidarietà coniugale, con il riflesso dello stesso diritto alla contribuzione periodica, facendola venire meno in modo definitivo.

Lo ha reso noto la Suprema Corte di Cassazione, prima sezione civile nella sentenza n. 32871/2018  respingendo il ricorso di una donna nei confronti del marito separato.

Prima di passare alla questione relativa alla sentenza scriviamo qualcosa sulle coppie di fatto.

Le coppie e le convivenze fatto

La coppia di fatto è una coppia costituita da due soggetti legati in modo sentimentale, che non hanno formalizzato il loro rapporto con un matrimonio o un’unione civile.

Con la legge Cirinnà gli è stata concessa la possibilità di rendere la relazione giuridicamente rilevante senza avere l’obbligo di convolare a nozze o stipulare un’unione civile.

Questa legge riconosce determinati e specifici diritti ai conviventi di fatto, volendo intendere due persone maggiorenni, unite da stabili legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un’unione civile.

La circostanza che nessuno dei conviventi di fatto possa essere sposato determina il fatto che non è possibile considerare convivenza di fatto quella nella quale uno dei soggetti coinvolti sia separato e non divorziato dal precedente partner.

La coppia di fatto non ha nessun riconoscimento giuridico, di conseguenza al fine di diventare una coppia di fatto non si deve realizzare nessun comportamento.

Questo, però, essendo consapevoli che, non facendo niente, per il diritto i due partner, in qualità di coppia, non esistono.

Al fine di potere rendere formale il legame diventando conviventi di fatto, è necessario effettuare una specifica dichiarazione all’anagrafe del Comune di residenza, recandosi negli appositi uffici o inviandola attraverso fax oppure in via telematica.

Il riconoscimento di una coppia di fatto come convivenza di fatto comporta la nascita in capo ai soggetti interessati di numerosi diritti.

A questo proposito, si deve rilevare che i conviventi di fatto godono degli stessi diritti che spettano ai coniugi nei casi previsti dall’ordinamento penitenziario.

In altre determinate circostanze, hanno diritto reciproco di visita, di assistenza e di accesso alle informazioni personali, così come previsto per i coniugi e per i familiari.

In caso di morte, ognuno dei conviventi può designare l’altro in qualità di suo rappresentante, con poteri che possono essere pieni o limitati, per le decisioni in relazione alle materie specifiche.

Ad esempio, la donazione di organi, le modalità di trattamento del corpo e le celebrazioni funerarie.

Ritorniamo al caso in questione.

I fatti

La Corte d’appello aveva revocato l’assegno di mantenimento corrisposto dall’ex marito nei confronti della moglie in seguito alla separazione personale dei coniugi.

La revoca era stata giustificata dai giudici di merito, considerando che era stata instaurata una famiglia di fatto da parte dell’ex moglie.

La circostanza era stata provata anche con un certificato estratto dal registro delle coppie di fatto tenuto dal Comune a utilizzo assegni familiari.

La famiglia di fatto e l’assegno di mantenimento nei confronti dell’ex coniuge

I Giudici Supremi hanno voluto ricordare come la giurisprudenza abbia dato una lettura estensiva della causa estintiva degli assegni in favore dell’ex prevista dalla legge sul divorzio.

Hanno ritenuto che non ricomprendesse in modo esclusivo il caso delle seconde nozze, ma anche quello della formazione di una famiglia di fatto.

A questo ha fatto seguito la sopravvivenza dell’assegno di mantenimento non esclusivamente in caso di divorzio, ma in seguito alla separazione coniugale quando non ci sia stata ancora la completa fine del legame coniugale, potendo questo in modo astratto, anche se sempre più raramente, risorgere in base alla scelta ripristinatoria dei separati.

Anche in una simile circostanza, la giurisprudenza di legittimità ha risposto positivamente all’istanza di esclusione dell’obbligo attraverso l’enunciazione di un principio.

In tema di separazione personale dei coniugi, la convivenza stabile e continuativa con un’altra persona, è suscettibile di comportare la cessazione o l’interruzione dell’obbligo di corresponsione dell’assegno di mantenimento che grava sull’altro, perché si deve presumere che le disponibilità economiche di ognuno dei conviventi “more uxorio” siano messe in comune nell’interesse, del nucleo familiare.

Resta salva la facoltà del coniuge che richiede l’assegno di provare che la convivenza di fatto non condiziona in meglio le situazioni economiche e che i redditi restano inadeguati (Cass. n. 16982/2018).

La convivenza di fatto in relazione al mantenimento

Un principio che il Collegio ritiene di dovere riaffermare, aggiungendo altre precisazioni.

La cessazione dell’obbligo di contribuzione deve essere individuato sia per il divorzio sia per la separazione personale dei coniugi, nel principio di autoresponsabilità, vale a dire, nel compimento di una scelta consapevole e chiara, orgogliosamente manifestata con il compimento di fatti che non diano adito ad equivoci, per avere determinato una unione personale stabile e continuativa che si è sovrapposta, con effetti di ordine diverso, al matrimonio, che sia sciolto o che non lo sia.

 

Secondo la Suprema Corte, questo impianto di motivazioni non è scalfito dalla possibilità che i coniugi non divorziati possano in modo astratto ritornare a comporre la vita in seguito a un  ripensamento.

Anche in presenza di simili circostanze, l’assegno non rinascerebbe, ma ritornerebbe il precedente assetto di vita caratterizzato dalla ripresa dalla convivenza.

Non  verrebbe ripristinato il contributo che a suo tempo, prima della scelta verso un’altra dimensione di aggregativa di fatto, era stato assegnato dal giudice.

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