Esame d’avvocato 2018: soluzioni parere penale

Redazione 12/12/18
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Traccia

Tizio e Caia, sposati da circa 10 anni e residenti in Italia, si recano all’estero per fare ricorso alla fecondazione eterologa e portare a termine una gravidanza con surrogazione di maternità (consentita dalle leggi in vigore in loco). In particolare, la tecnica cui ricorrono i coniugi prevede la formazione di un embrione in vitro con metà del patrimonio genetico del padre e l’altra metà proveniente da una donna ovo-donatrice. L’embrione così generato viene impiantato nell’utero di una terza donna, maggiorenne e volontaria, che porta a termine la gravidanza. Per effetto del ricorso alle menzionate procedure, i due divengono – secondo la legge straniera – genitori di Sempronio.
Al fine di ottenere la trascrizione in Italia dell’atto di nascita formato dall’ufficiale di stato civile straniero, i coniugi compilano e presentano all’ambasciata i documenti necessari ai sensi di legge, dichiarando, in particolare, che Caia è madre di Sempronio. L’ufficiale di stato civile del comune di residenza dei coniugi registra l’atto di nascita attribuendo al neonato lo stato di figlio di Tizio e di Caia.
Successivamente, però, i predetti ricevono una convocazione da parte della locale Procura della Repubblica. Preoccupati per le possibili conseguenze penali delle proprie azioni, si rivolgono dunque al proprio legale di fiducia per un consulto.
Il candidato, assunte le vesti del legale di Tizio e Caia, premessi cenni sulla punibilità in Italia del reato commesso all’estero, rediga motivato parere esaminando le questioni giuridiche sottese al caso in esame.

Le coordinate giuridiche

Art. 12, comma 6, l. 40/2004: Chiunque, in qualsiasi forma, realizza, orga- nizza o pubblicizza la commercializza- zione di gameti o di embrioni o la surro- gazione di maternità è punito con la re- clusione da tre mesi a due anni e con la multa da 600.000 a un milione di euro.

Art. 15 d.P.R. n. 396/2000: l. Le di- chiarazioni di nascita e di morte relative a cittadini italiani nati o deceduti all’estero sono rese all’autorità consolare. 2. Le dichiarazioni di cui al comma 1 devono farsi secondo le norme stabilite dalla legge del luogo alle autorità locali competenti, se ciò è imposto dalla legge stessa. In questi casi copia dell’atto è inviata senza indugio, a cura del dichiarante, all’autorità diplomatica o consolare.

Art. 479 c.p.: 1. Il pubblico ufficia-

le, che, ricevendo o formando un atto nell’esercizio delle sue funzioni, attesta falsamente che un fatto è stato da lui compiuto o avvenuto alla sua presenza, o attesta come da lui ricevute dichiarazioni a lui non rese, ovvero omette o altera dichiarazioni da lui ricevute, o comunque attesta falsamente fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità, soggiace alle pene stabilite nell’art. 476 c.p.

Art. 567 c.p.: 1. Chiunque, mediante la sostituzione di un neonato, ne altera lo stato civile è punito con la reclusione da tre a dieci anni. 2. Si applica la reclusione da cinque a quindici anni a chiunque, nella formazione di un atto di nascita, altera lo stato civile di un neonato, mediante false certificazioni, false attestazioni o altre falsità.
Parere n. 16: “Questione di prospettiva” – L’errore determinato dall’altrui inganno e il falso in atto pubblico (art. 48 – 476 c.p.)

Il falso ideologico in documenti a contenuto dispositivo può investire le at- testazioni, anche implicite, contenute nell’atto e i presupposti di fatto giuridicamente rilevanti ai fini della parte dispositiva dell’atto medesimo, che concernano fatti compiuti o conosciuti direttamente dal pubblico ufficiale, ovvero altri fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità (Sezioni Unite penali, n. 35488 del 28 giugno 2007). La falsità del fatto attesta- to dal privato si riverbera necessariamente sull’atto del pubblico ufficiale del quale il primo sia presupposto, con la conseguenza che la condotta del decipiens acquista altresì i connotati di falsa attestazione del p.u. – deceptus. Anche dal punto di vista naturalistico, sono riconducibili al decipiens due con- dotte: quella consistente nella redazione della falsa attestazione e quella, successiva, di induzione in errore del p.u. mediante produzione dell’attestazione stessa quale necessario presupposto dell’atto pubblico che il deceptus si accinge ad adottare. Pertanto, il privato risponderà di entrambi i reati in concorso materiale tra loro, legati da connessione teleologica. Non potrà comunque dirsi integrato il reato di cui agli artt. 48-476 c.p. nel caso in cui l’ufficiale di stato civile italiano si limiti a trascrivere un certificato relativo ad un cittadino italiano, formato all’estero nel rispetto della legge straniera, anche laddove indichi fatti materialmente non veritieri. Secondo la Suprema Corte, specificamente, non può dirsi integrato il reato di alterazione di stato laddove una coppia italiana abbia dichiarato alle autorità consolari di un Paese straniero la nascita di un bambino ivi nato, e di cui risultano genitori naturali in base all’atto di nascita redatto nel rispetto della legge locale, che sia stato poi trascritto dall’ufficiale di stato italiano, anche se la nascita stessa sia avvenuta per mezzo di maternità surrogata e quindi solo l’uomo ne risulti anche genitore biologico (Cassazione penale, sez. V, 10 marzo 2016, n. 13525).

Svolgimento

Ai sensi dell’art. 48 c.p., le disposizioni che disciplinano l’errore sul fatto si applicano anche in relazione all’errore determinato dall’altrui inganno. Di conseguenza, anche la condotta decettiva del terzo può essere causa di un errore sul fatto, idoneo ad escludere la colpevolezza dell’agente. L’errore potrà ricadere su un elemento di fatto, o su una norma extrapenale che determina un errore sulla rappresentazione dello stesso. L’esistenza dell’errore esclude il dolo, mentre la punibilità non è comunque esclusa quando il fatto è previsto come delitto colposo e il soggetto ha agito con colpa. Inoltre, ai sensi del comma 2 dell’art. 47 c.p., ove la condotta decettiva abbia determinato un errore circa l’integrazione di una fattispecie diversa rispetto a quella originariamente concordata, questi risponderà dell’illecito di cui abbia effettivamente realizzato gli elementi costitutivi. Con ovvia esclusione delle ultime ipotesi richiamate, del fatto determinato
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dall’altrui inganno risponde soltanto l’ingannatore. Secondo una prima im- postazione si tratterebbe di un’ipotesi speciale di responsabilità concorsuale non punibile per mancanza di dolo, prevista autonomamente dall’art. 48 c.p. Del resto, per espressa previsione normativa (artt. 111 e 112 c.p.), il concorso di persone si può realizzare anche quando uno dei compartecipi non sia punibile o imputabile. In tale prospettiva, il richiamo all’art. 47, comma 1, c.p. confermerebbe la configurabilità nel nostro ordinamento di una compartecipazione criminosa nella realizzazione del reato connotata da elementi soggettivi differenziati: doloso dell’ingannatore e colposo dell’agente materiale ingannato, laddove sia imputabile a quest’ultimo un errore colposo, in quanto evitabile. Secondo altra lettura, la norma sarebbe espressione di un’ipotesi di reità mediata, in quanto, il determinatore risponderebbe come unico autore mediato dell’illecito realizzato in concreto dall’esecutore materiale ingannato, considerato mero strumento esecutivo di un reato univocamente attribuibile al decipiens. Da un punto di vista strutturale, secondo la tesi dottrinale prevalente, è necessario che il determinatore sia in dolo e voglia indurre l’agente in errore, affinché questi realizzi l’illecito penale. Di converso, la giurisprudenza afferma l’operatività della norma anche se il decipiens abbia determinato colposamente l’errore altrui sulla rappresentazione del fatto tipico, sempre che l’illecito sia punibile anche a titolo di colpa. Nel caso di specie, Mevio e Caia si recano presso l’ambasciata italiana e producono un certificato di nascita il cui contenuto non corrisponde alla realtà materiale dei fatti, chiedendone la trascrizione nei registri italiani, al fine di ottenerne l’efficacia nell’ordinamento interno. Occorre pertanto valutare se tale produzione documentale che attesta la maternità di Caia, seppure ella non sia biologicamente madre di Sempronietto, sia idonea ad indurre in errore l’ufficiale di Stato civile nella formazione dell’atto di trascrizione del certificato di nascita e, quindi, a delineare una responsabilità penale di Caia e Mevio ai sensi degli artt. 48-479 c.p. o ai sensi dell’art. 567, comma 2, c.p. L’art. 567, comma 2, c.p. punisce chi, nella formazione di un atto di nascita, altera lo stato civile di un neonato mediante false certificazioni, attestazioni o altre falsità. Ai fini dell’integrazione di tale delitto è necessaria un’attività materiale di alterazione di stato, che costituisca un quid pluris rispetto ad una falsa dichiarazione e si caratterizzi per l’idoneità a creare una falsa attestazione, con attribuzione al figlio di una diversa discendenza, a causa dell’indicazione di un genitore diverso da quello naturale, che si rifletta nella formazione stessa dell’atto di nascita. Il delitto non è in alcun modo configurabile in relazione alle false dichiarazioni incidenti sullo stato civile di una persona, rese in presenza di un atto di nascita già formato. Nel caso di specie emerge in maniera incontroversa che l’atto di nascita risulta perfettamente legittimo in relazione alla normativa che ne disciplina la formazione, pertanto non sussiste alcuna alterazione dello stato civile del minore nell’atto di nascita che era già stato redatto, con conseguente inconfigurabilità in capo ai coniugi Caia e Mevio del delitto in esame.
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Per quel che concerne, invece, l’applicazione del combinato disposto degli artt. 48-479 c.p., occorre richiamare l’art. 15 del d.P.R. n. 396/2000, che prevede che le dichiarazioni di nascita relative a cittadini italiani (tra i quali è ricompreso il minore figlio di padre italiano a norma dell’art. 1, comma 1, lett. a), l. n. 91/1992) nati all’estero sono rese all’autorità consolare e devono farsi secondo le norme stabilite dalla legge del luogo alle autorità locali competenti, con successivo invio all’autorità diplomatica o consolare a cura del dichiarante ai sensi del comma secondo. Nel caso di specie, i coniugi hanno rispettato la normativa ucraina diretta a disciplinare la formazione dell’atto di nascita, ma hanno presentato alle autorità italiane un certificato il cui contenuto non corrisponde al vero, in quanto Mevia figura come madre naturale di Sempronietto, domandandone la trascrizione nei registri interni al fine di ottenerne la prescritta efficacia. Il certificato in parola è stato redatto alla stregua della legge locale, di conseguenza l’atto di trascrizione, sebbene rientri nella nozione di atto pubblico, in quanto è diretto a provare ed attestare la veridicità dei fatti in esso contenuti, non può integrare un atto falso ex art. 476 c.p., giacché l’ufficiale di stato civile italiano si è limitato a procedere alla trascrizione dell’atto riguardante un cittadino italiano formato all’estero. Il falso è integrato qualora il pubblico ufficiale emani un provvedimento, dando atto in premessa, anche implicitamente, dell’esistenza delle condizioni richieste per la sua adozione desunte da atti o attestazioni non veri provenienti dal privato, cosicché, facendo propria la dichiarazione del privato relativa alla falsa sussistenza dei pre- supposti, compie una sua attestazione oggettivamente falsa. In tale evenienza, ai sensi dell’art. 48 c.p., sarebbe, pertanto, ravvisabile la responsabilità del privato per il reato di falso commesso dal pubblico ufficiale a causa dell’induzione in errore di quest’ultimo, mediante la produzione della falsa attestazione del privato che costituisce un presupposto dell’atto pubblico emanando. Segnatamente, il privato risponderebbe del falso commesso dal pubblico ufficiale per induzione, ai sensi dell’art. 48 c.p., se tale atto fidefacente è stato formato sulla base di un’attestazione non vera proveniente dal primo. Il procedimento di formazione di qualsiasi atto amministrativo prevede come primo momento l’accertamento dei presupposti, sulla base di documenti che possono consistere anche in atti pubblici e certificati rilasciati da altre autorità, di cui si dà attestazione nel preambolo dell’atto, tramite locuzioni (“visti gli atti relativi a”) con cui si dichiara, sulla base dei documenti forniti dal richiedente all’ufficio, la sussistenza dei presupposti dell’atto. Pertanto, se detti documenti sono falsi, materialmente o ideologicamente, anche la conse- guente attestazione circa l’esistenza dei presupposti è falsa. Nel caso di specie, tale presupposto è costituito dall’atto di nascita di Sempronietto, che è stato lecitamente redatto sulla base delle norme ucraine che impongono l’identificazione della committente come madre naturale, laddove sussista una dichiarazione legittimante della madre biologica.

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