Elezioni regionali in Basilicata del 17-18 novembre 2013: il Consiglio di Stato legittima le ipotesi di incandidabilità formulate dalla Legge Severino e la loro retroattività

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Lo scorso 29 ottobre Il CDS ha emesso diverse sentenze sulla esclusione di partiti e di liste civiche dalle prossime elezioni regionali in Basilicata. Le esclusioni sono tra l’altro dovute ad alcune cause di incandidabilità per pregresse condanne penali e/o per la mancata dichiarazione di cui agli artt. 9 e 17 D.lgs 235/12, c.d. Legge Severino (CDS sez. V nn.5217 e 5222-5224). Si noti che la CDS 5222 ha, de facto, affermato la sua retroattività relativamente alle condanne penali comminate prima della sua vigenza, giustificata dalla natura di tali ipotesi: non possono qualificarsi come sanzioni penali accessorie o sanzioni amministrative, ma costituiscono un mero elenco di requisiti di ammissione al procedimento elettorale e di accesso all’elettorato passivo (Tar Lazio 8696 dell’08/10/13). Nella fattispecie il ricorso era stato presentato da un candidato escluso per una condanna penale risalente a 17 anni fa.

Successione di leggi sull’autocertificazione di inesistenza di cause di incandidabilità. Dall’analisi dell’art. 9 Legge Severino << risulta che vanno esclusi dalla competizione elettorale sia i candidati che non hanno presentato detta dichiarazione sostitutiva, sia i candidati per i quali, pur avendo presentato la prescritta autodichiarazione, risulti comunque accertata sussistente la incandidabilità, sicché non può ritenersi equipollente la dichiarazione “di non presentarsi in alcuna delle condizioni previste dall’art. 15, comma 1, l. n. 55/1990 e successive modificazioni” sia perché l’art. 15 di detta legge era stato espressamente abrogato dall’art. 17 del d. lgs. n. 235/2012, sia perché l’art. 7 di detto d. lgs. ha individuato ulteriori fattispecie di incandidabilità non previste dalla precedente normativa.>>. Infatti tali carenze con la nuova normativa sono equiparate alla sua totale omissione con conseguente esclusione dalle elezioni. Alcuni ricorrenti, citando le leggi che regolavano la previgente disciplina, ma relative a norme sulle elezioni provinciali, anziché a quelle regionali, come nella fattispecie, hanno spinto il CDS a chiarire che: << a) le norme di chiusura delle novelle abroganti svolgono l’unico fine di coordinare i nuovi testi con quelli già vigenti all’epoca della loro promulgazione, ma non proiettano la loro efficacia sul contenuto delle dichiarazioni che devono essere rese dai candidati; b) la relatio contenuta nell’autodichiarazione nella misura in cui sostituisce un’attività certificatrice della pubblica amministrazione deve essere operata al contenuto preciso della disposizione alla quale si riferisce non potendo suscitare perplessità, poiché dal punto di vista del cittadino vale quale elemento fattuale>>. Perciò è confermata la supremazia dei requisiti sostanziali su quelli formali. Infatti mentre il difetto di questi requisiti era colmabile con la dichiarazione prevista dalla L.55/90, ora con la nuova normativa non lo è più, poichè le incompatibilità previste dalla Legge Severino (artt.7, 9, 12, 13- 17) sono diverse e maggiori di quelle indicate dalla L.55/90. È priva di pregio processuale la difesa secondo cui la dichiarazione è valida ed integrabile perché è stata fatta su vecchi moduli riportanti la dicitura <<ai sensi della L.55/90 e sue successive modificazioni>>: la carenza di detti requisiti è incolmabile e non è possibile alcuna valida integrazione. È onere del candidato fornire un’autocertificazione conforme a quella stabilita dalla Legge Severino. Non è infine opponibile l’argomentazione secondo cui: << la dichiarazione inesatta non era riconducibile a difetto assoluto dei requisiti, ma a mero errore materiale e le determinazioni adottate dall’Amministrazione comprimono i principi costituzionali di massima partecipazione alle competizioni elettorali e di garanzia dell’elettorato passivo.>>. Infatti la nuova normativa è volta a tutelare la regolarità delle elezioni ed a garantire l’elettorato passivo.

Esclusione dei candidati che hanno subito una condanna penale. Il precetto di legge è compatibile con gli artt. 25 Cost e 11 disp.prel. cc. Infatti <<le disposizioni del D.Lg.vo n. 235/2012 non possono essere qualificate come sanzione penale accessoria o come sanzione amministrativa, ma costituiscono requisiti di ammissione al procedimento elettorale e/o per l’accesso alle cariche elettive>>. Si noti che essi si applicano a tutti i candidati alle elezioni nazionali (parlamento, regione, provincia e comune) ed a quelle per il parlamento UE.

Ineleggibile anche chi è ha subito una condanna penale anteriore all’entrata in vigore della Legge Severino. La retroattività della legge è stata dapprima sancita dal Tar Lazio cit. in cui è stata confermata l’incandidabilità di un consigliere comunale, pur se nel frattempo il reato era stato estinto. Il candidato eccepiva che << non è revocabile in dubbio che il d.l. n. 235/2012 non può applicarsi a condanne intervenute precedentemente alla sua entrata in vigore, sia perché, ex art. 11 delle disposizioni preliminari al c.c., la legge non ha effetto retroattivo e a nulla vale che detta norma sia entrata in vigore in epoca antecedente alle elezioni regionali perché nessuna legge sopravvenuta può far scaturire da pregresse sentenze di condanna conseguenze giuridiche pregiudizievoli; sia perché la incandidabilità riferita a dette sentenze è in contrasto con l’art. 25 della Costituzione, tenuto conto che, anche se la incandidabilità non potesse ritenersi strictu sensu una condanna comunque sarebbe incostituzionale la possibilità di prendere in considerazione sentenze precedenti alla entrata in vigore della legge che la prevede.>>. Orbene l’irretroattività per il CDS è inopponibile, salvo che per le condanne inflitte a seguito di patteggiamento. Si ricordi che anche << la Corte di cassazione ha affermato, proprio con riferimento alle previgenti analoghe previsioni dell’art. 58 del D. Lgs. n. 267/2000, che non assumono rilievo, ai fini del venir meno della causa di incandidabilità, né il fatto che la condanna sia stata sottoposta a sospensione condizionale (che l’art. 166, comma 1 c.p. oggi estende anche alle pene accessorie), né l’avvenuta concessione dell’indulto di cui alla l. 31 luglio 2006 n. 241, poiché l’incandidabilità non è un aspetto del trattamento sanzionatorio penale del reato, ma si traduce nel difetto di un requisito soggettivo per l’elettorato passivo (Cassazione civile, sez. I, 27 maggio 2008, n. 13831). La Suprema Corte ha anche precisato che in questa materia opera la compressione del diritto di elettorato passivo che trova la sua giustificazione nel “venir meno di un requisito soggettivo essenziale per l’accesso alle cariche elettive o per la permanenza dell’eletto nell’organo elettivo”, postulato dalla giurisprudenza costituzionale, prescindendo dal fatto che i comportamenti tenuti non siano più censurati o censurabili, in ragione del buon comportamento successivamente tenuto dal suo autore, ad eccezione del caso in cui sia tempestivamente intervenuta la riabilitazione (Cassazione civile,  sez. I, 21 aprile 2004,   n. 7593). E non a caso, per quanto riguarda la parallela materia dell’elettorato attivo, l’art. 2, comma 2 del D.P.R. n. 223/1967 dispone espressamente che “la sospensione condizionale della pena non ha effetto ai fini della previsione del diritto di elettorato”.>> (Tar Lazio cit.). Ciò è stato confermato dal CDS che ribadisce che << a.- l’applicazione delle cause ostative di cui allo jus superveniens alle sentenze di condanna intervenute in un torno di tempo anteriore non si pone in contrasto con il dedotto principio della irretroattività della norma penale e, più in generale, delle disposizioni sanzionatorie ed afflittive, giacché la norma in esame non ha natura, neppure in senso ampio, sanzionatoria, penale o amministrativa.

b.- il fine perseguito dal legislatore è quello di allontanare dallo svolgimento del munus publicum i soggetti la cui radicale inidoneità sia conclamata da irrevocabili pronunce di giustizia, così che la condanna penale irrevocabile viene in considerazione come mero presupposto oggettivo cui è collegato un giudizio di inidoneità morale a ricoprire la carica elettiva: la condanna stessa è dunque un requisito negativo ai fini della capacità di partecipazione alla competizione elettorale.>>. La condanna, come sopra esplicato, è inopponibile solo se è intervenuta la riabilitazione. In breve non potendosi qualificare queste cause di incandidabilità quali sanzioni penali accessorie o amministrative, ma quale elenco di requisiti morali dei candidati non c’è alcuna ragione che escluda la retroattività della legge, dovendosi rigettare eventuali questioni di illegittimità costituzionale per la violazione degli artt. 3,25 Cost e 11 disp.prel.cc.

Si rinvia per ogni eventuale approfondimento ai testi consultabili qui:

http://www.giustizia-amministrativa.it/DocumentiGA/Consiglio%20di%20Stato/Sezione%205/2013/201307759/Provvedimenti/201305217_23.XML

http://www.giustizia-amministrativa.it/DocumentiGA/Consiglio%20di%20Stato/Sezione%205/2013/201307761/Provvedimenti/201305222_23.XML

http://www.giustizia-amministrativa.it/DocumentiGA/Consiglio%20di%20Stato/Sezione%205/2013/201307763/Provvedimenti/201305223_23.XML

http://www.giustizia-amministrativa.it/DocumentiGA/Consiglio%20di%20Stato/Sezione%205/2013/201307762/Provvedimenti/201305224_23.XML

http://www.giustizia-amministrativa.it/DocumentiGA/Roma/Sezione%202B/2013/201306834/Provvedimenti/201308696_01.XML

Dott.ssa Milizia Giulia

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