Elementi e parametri nell’offerta economicamente più vantaggiosa: dimostrazione della capacità di iniziare l’esecuzione del contratto alla data di presentazione dell’offerta

Lazzini Sonia 05/06/08
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Gara (cinque lotti ) della Consip S.p.a. per il servizio sostitutivo di mensa in favore del personale dipendente dalle Amministrazioni pubbliche
 
 
Nell’offerta economicamente più vantaggiosa, sottolineano i giudici di Palazzo Spada nell’emarginata decisione, l’“elemento” (merito tecnico, caratteristiche qualitative, prezzo, tempo, etc.) costituisce la caratteristica dell’offerta in base alla quale deve scaturire un valutazione da parte dell’Amministrazione mentre il “parametro” (di valutazione e di ponderazione ) è quel dato numerico volto a garantire, in relazione alla natura del servizio, un corretto rapporto prezzo-qualità: nella individuazione dei parametri e dei connessi punteggi numerici, nonché nella successiva fase della ponderazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa, l’indicazione di uno o di più criteri di valutazione ulteriori rispetto a quelli già individuati dalla legge va rimessa alla scelta discrezionale delle Amministrazioni interessate.
Specie nella licitazione privata aggiudicata col metodo dell’offerta economicamente più vantaggiosa, si riconosce espressamente che l’attribuzione dei punteggi legati a valutazioni di ordine tecnico è espressione di discrezionalità non solo tecnica ma amministrativa. La stazione appaltante, infatti, esercita una scelta di opportunità circa l’uso dei mezzi più idonei per la miglior cura dell’interesse pubblico di riferimento da cui può ben scaturire una minore incidenza del fattore prezzo rispetto ad altri requisiti richiesti.
 
Sulla base di tale assunto, per il supremo giudice amministrativo “appare quindi logico, che la Consip, dovendo affidare un servizio esteso ad intere regioni, abbia previsto che la valutazione qualitativa dovesse essere prevalentemente effettuata avuto riguardo alla diffusione delle strutture necessarie per assicurare la distribuzione capillare del servizio, così garantendo agli utenti la più ampia scelta possibile tra esercizi di ristorazione convenzionati. Sotto tale angolazione non risponde al vero l’affermazione della difesa ricorrente secondo cui il criterio tecnico sarebbe stato dominato dalla considerazione dell’ampiezza del fatturato pregresso” con l’intento di far dimostrare alle ditte partecipanti “la sua attuale capacità di iniziare l’esecuzione del contratto in relazione alla sua posizione alla data di presentazione dell’offerta.”
 
 
Così nella massima ufficiale del Consiglio di Stato, sez. IV, 18 ottobre 2002, n. 5714
 
Il sistema di individuazione dell’offerta aggiudicataria secondo il criterio della maggiore vantaggiosità economica si connota per la pluralità di elementi di cui occorre tener conto, variabili in base al tipo di appalto, ed attinenti al prezzo, al termine di esecuzione, al costo di utilizzazione, al rendimento ed al valore tecnico dell’opera, servizio o fornitura che i concorrenti si impegnano a fornire; in tal caso nel capitolato d’oneri e nel bando sono menzionati tutti gli elementi di valutazione che saranno applicati separatamente o congiuntamente, nell’ordine decrescente di importanza loro attribuita. L’elencazione di tali elementi di valutazione dell’offerta è esemplificativa. Il prezzo è solo uno degli elementi di valutazione dell’offerta e l’ordine di importanza degli stessi deve essere indicato, ai fini di trasparenza, imparzialità e rispetto della par condicio sin dal bando e dal capitolato. La tendenza legislativa in atto è quella di ridurre il margine di discrezionalità dell’Amministrazione, prestabilendo, a livello regolamentare, i parametri in base ai quali valutare i diversi elementi economici e tecnici dell’offerta (cfr. il d.P.C.M. 27 febbraio 1997, n. 116, che in materia di appalti di servizi, individua, ai sensi dell’art. 23, d.lgs. n. 157 del 1995, parametri ed elementi di valutazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa; tale decreto, vigente e osservato dalla Consip al momento di adozione del bando e del disciplinare, è stato successivamente abrogato dall’art. 53, l. 1 marzo 2002, n. 39).
La determinazione dei parametri di valutazione e ponderazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa va fatta tenendo conto della distinzione tra “elementi” e “parametri” di valutazione; infatti, i primi (merito tecnico, caratteristiche qualitative, prezzo, tempo, etc.), sono “elementi” variabili secondo il contratto, che solo in seguito si trasfondono in punteggi numerici, e cioè in “parametri” di valutazione e di ponderazione; pertanto, mentre l’“elemento” costituisce la caratteristica dell’offerta in base alla quale deve scaturire un valutazione da parte dell’Amministrazione, il parametro è quel dato numerico volto a garantire, in relazione alla natura del servizio un corretto rapporto prezzo-qualità (negli esatti termini cfr. Cons. Stato, Ad. gen., 16 maggio 1996, n. 77). Conseguentemente, nella individuazione dei parametri e dei connessi punteggi numerici, nonché nella successiva fase della ponderazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa, l’indicazione di uno o di più criteri di valutazione ulteriori rispetto a quelli già individuati dalla legge va rimessa alla scelta discrezionale delle Amministrazioni interessate.
 
A cura di *************
 
 
R E P U B B L I C A     I T A L I A N A
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
            Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente
D E C I S I O N E
sul ricorso in appello numero di registro generale 693 del 2002, proposto dalla **** S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, per delega , dall’Avv. ******************* e dall’Avv. ************************, ed elettivamente domiciliata presso il secondo in Roma, alla via *****************, n. 26B;
contro
la Consip S.p.a. – Concessionaria servizi informativi pubblici, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, per delega , dall’Avv. **************** e dall’Avv. **************, ed elettivamente domiciliata presso il loro studio in Roma, alla Piazza Borghese, n. 3,
e nei confronti
– della **** S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, per delega in calce, dall’Avv. ***************** e dall’Avv. ***********, ed elettivamente domiciliata presso lo studio del secondo in Roma, alla via P.A. *******, n. 78;
– della **** S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita nel grado di giudizio;
– della **** Pass S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita nel grado di giudizio;
– della **** S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita nel grado di giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Roma, Sezione III, 18 settembre 2001, numero 7539, resa tra le parti, di reiezione del ricorso numero di quel T.a.r. 874 del 2001, proposto dalla **** S.p.a.
Visto il ricorso con i relativi allegati.
Visto l’atto di costituzione in giudizio della parte appellata.
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle proprie difese.
Viso il dispositivo n. 238 dell’8 maggio 2002;
Visti gli atti tutti della causa.
Relatore, alla pubblica udienza del 7 maggio 2002, il Consigliere *************.
Uditi per la parte appellante gli Avvocati *********** e ***********, per la Consip l’Avv. ************** e per la **** l’Avv. ********.
Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO
Con ricorso proposto innanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio la **** S.p.a. impugnava:
– il disciplinare della gara bandita dalla Consip S.p.a. per l’affidamento del servizio sostitutivo di mensa in favore del personale dipendente dalle Amministrazioni pubbliche;
– il bando di gara ed ogni altro atto annesso, presupposto, preordinato, connesso e consequenziale, ivi inclusi , se stipulati, i contratti di appalto;
– l’aggiudicazione provvisoria di ciascuno dei cinque lotti in cui è stata suddivisa la gara a procedura ristretta bandita dalla Consip S.p.a. per conto del Ministero del Tesoro per l’affidamento del detto servizio sostitutivo di mensa.
La ricorrente chiedeva, inoltre, l’accertamento del diritto al risarcimento del danno ingiusto causato dalla illegittimità degli atti sopra indicati, con conseguente condanna dell’Amministrazione al pagamento del relativo importo.
Con decisione 18 settembre 2001, numero 7539 il T.a.r. adito .
Avverso detta pronuncia interponeva appello la **** S.p.a. con atto notificato il 16 gennaio 2002 e depositato in data 20 gennaio 2002, deducendo le seguenti doglianze:
1) Violazione dell’articolo 23, comma 1, lett. b) del d.lgs. n. 157 del 1995. Violazione dell’articolo 36, comma 1, lett. a) della Direttiva n. 92/50/CEE. Violazione dei principi che regolano l’affidamento degli appalti pubblici di servizi. Violazione dei principi di libera circolazione. Violazione dei principi di buona e corretta amministrazione finalizzata al miglior risultato per la Pubblica Amministrazione, sia in termini di costi che di qualità. Violazione dell’articolo 97 Cost. Violazione della par condicio. Disparità di trattamento. Violazione del principio dell’attualità dei mezzi. Sviamento. Contraddittorietà. Illogicità. Irrazionalità.
Si deduce che il criterio di valutazione tecnico-qualitativa delle offerte, assegnando un punteggio sproporzionato ad elementi correlati alla dimensione dei concorrenti, era illegittimo perché violava tutti i principi che informano il procedimento di scelta del contraente privato, pregiudicava la corretta concorrenza fra le imprese, impediva all’Amministrazione di acquistare il servizio al giusto prezzo di mercato e violava la lettera ed il contenuto sostanziale dell’articolo 23, comma 1, lett. b) del d.lgs. n. 157 del 1995. e dell’articolo 36, comma 1, lett. a) della Direttiva n. 92/50/CEE.
2) Violazione e falsa applicazione di legge (articolo 1 della legge n. 327 del 2000; articolo 10 delle disposizioni sulla legge in generale; articolo 3 Cost.).
Nessuno dei concorrenti, tranne l’appellante, in sede di chiarimenti sull’anomalia della rispettiva offerta, ha dimostrato di aver considerato nell’offerta i costi relativi alla sicurezza, in violazione del disposto dell’articolo 1, commi 3 e 4 della legge n. 327 del 2000.
Resisteva all’appello la Consip S.p.a., e con memorie depositata il 13 febbraio 2002 ed il 30 aprile 2002 rassegnava le conclusioni insistendo per la declaratoria di inammissibilità del ricorso, e comunque, per il rigetto dell’appello.
Resisteva al gravame anche la controinteressata **** S.r.l., e con memoria depositata il 12 febbraio 2002 rassegnava le conclusioni insistendo per la declaratoria di inammissibilità del ricorso, e comunque, per il rigetto dell’appello.
DIRITTO
1. Il primo motivo di appello è infondato
1.1 Giova premettere che con bando pubblicato sulla G.U. della Repubblica italiana – foglio inserzioni del 18 ottobre 2000 – la Consip s.p.a. indiceva una licitazione privata ai sensi del decreto legislativo 15 marzo 1995, n. 157, relativamente alla gara comunitaria per il servizio sostitutivo di mensa mediante buoni pasto da erogarsi in favore dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche, per un importo base pari a lire 810 miliardi, suddivisi in cinque lotti geografici. Il criterio per l’aggiudicazione dell’appalto era quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa previsto dall’art. 23, comma 1, lett. b), del citato d.lgs n. 157 del 1995.
La **** S.p.a. (già **** Nord S.p.a.) presentava tempestivamente domanda di partecipazione; ammessa a partecipare presentava offerta per tutti e cinque i lotti previsti.
La Consip s.p.a. notificava ai concorrenti la lettera di invito (con annesso disciplinare). Nel disciplinare (all’art. 5, pagine 10 – 13), si specificavano le modalità di aggiudicazione. Per quanto qui interessa vengono in rilievo le prescrizioni concernenti l’attribuzione del punteggio (massimo di 100 punti) secondo due sole voci. A) capacità tecnica (punteggio massimo 50), di cui: 40 punti per la capacità tecnica riferita al numero di esercizi presenti nei comuni capoluogo di provincia facenti parte del lotto; 6 punti per la capacità tecnica riferita al numero totale di comuni facenti parte del lotto nei quali sia presente almeno un esercizio convenzionato; 4 punti per la capacità tecnica riferita alla gestione elettronica degli ordinativi ed alla sperimentazione del Buono pasto elettronico. B) Prezzo (punteggio massimo 50 punti), attribuito testualmente: “all’offerta che avrà proposto il prezzo più basso rispetto al prezzo a basa d’asta fissato in lire 9.000 più I.V.A. per buono pasto”; sempre in base all’art. 5 cit., alle altre offerte sarà attribuito un punteggio proporzionato al ribasso maggiore sulla media delle offerte.
Intervenuta per i singoli lotti l’aggiudicazione provvisoria in favore di altre imprese, la **** S.p.a., con ricorso innanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, impugnava l’aggiudicazione provvisoria e gli atti presupposti e conseguenti meglio indicati in epigrafe.
L’impugnata sentenza: a) non si è pronunciata sulle numerose eccezioni preliminari sollevate dalle resistenti; b) ha respinto nel merito tutte le censure articolate con il ricorso principale ed i motivi aggiunti; c) ha condannato la **** S.p.a. alla refusione delle spese del giudizio.
1.2 Avverso tale pronunzia la ricorrente ripropone, con il primo mezzo di gravame, le doglianze afferenti alla asserita illegittimità dei criteri, indicati dall’art. 5 del disciplinare, per la selezione delle offerte ammesse, sotto il profilo del contrasto con i principi che devono informare il procedimento (principi di libera circolazione; buona e corretta amministrazione finalizzata al miglior risultato per la Pubblica Amministrazione, sia in termini di costi che di qualità; par condicio; attualità dei mezzi), deducendosi il vizio di eccesso di potere per sviamento, contraddittorietà, illogicità ed irrazionalità, e sotto il profilo della violazione e falsa applicazione di legge (articolo 23, comma 1, lett. b) del citato d.lgs. n. 157 del 1995; articolo 36, comma 1, lett. a) della Direttiva 18 giugno 1992, n. 92/50/CEE; articolo 97 della Costituzione).
Tali censure sono inammissibili perché impingono il merito della discrezionalità amministrativa.
Il sistema di individuazione dell’offerta aggiudicataria secondo il criterio della maggiore vantaggiosità economica si connota per la pluralità di elementi di cui occorre tener conto, variabili in base al tipo di appalto, ed attinenti al prezzo, al termine di esecuzione, al costo di utilizzazione, al rendimento ed al valore tecnico dell’opera, servizio o fornitura che i concorrenti si impegnano a fornire; in tal caso nel capitolato d’oneri e nel bando sono menzionati tutti gli elementi di valutazione che saranno applicati separatamente o congiuntamente, nell’ordine decrescente di importanza loro attribuita. L’elencazione di tali elementi di valutazione dell’offerta è esemplificativa. Il prezzo è solo uno degli elementi di valutazione dell’offerta e l’ordine di importanza degli stessi deve essere indicato, ai fini di trasparenza, imparzialità e rispetto della par condicio sin dal bando e dal capitolato (come puntualmente avvenuto nel caso di specie).
La tendenza legislativa in atto è quella di ridurre il margine di discrezionalità dell’Amministrazione, prestabilendo, a livello regolamentare, i parametri in base ai quali valutare i diversi elementi economici e tecnici dell’offerta (cfr. il d.P.C.M. 27 febbraio 1997, n. 116, che in materia di appalti di servizi, individua, ai sensi dell’art. 23, d.lgs. n. 157 del 1995, parametri ed elementi di valutazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa; tale decreto, vigente e osservato dalla Consip al momento di adozione del bando e del disciplinare, è stato successivamente abrogato dall’art. 53, l. 1 marzo 2002, n. 39).
La determinazione dei parametri di valutazione e ponderazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa va fatta tenendo conto della distinzione tra “elementi” e “parametri” di valutazione; infatti, i primi (merito tecnico, caratteristiche qualitative, prezzo, tempo, etc.), sono “elementi” variabili secondo il contratto, che solo in seguito si trasfondono in punteggi numerici, e cioè in “parametri” di valutazione e di ponderazione; pertanto, mentre l’“elemento” costituisce la caratteristica dell’offerta in base alla quale deve scaturire un valutazione da parte dell’Amministrazione, il parametro è quel dato numerico volto a garantire, in relazione alla natura del servizio un corretto rapporto prezzo-qualità (negli esatti termini cfr. Cons. Stato, Ad. gen., 16 maggio 1996, n. 77). Conseguentemente, nella individuazione dei parametri e dei connessi punteggi numerici, nonché nella successiva fase della ponderazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa, l’indicazione di uno o di più criteri di valutazione ulteriori rispetto a quelli già individuati dalla legge va rimessa alla scelta discrezionale delle Amministrazioni interessate.
Specie nella licitazione privata aggiudicata col metodo dell’offerta economicamente più vantaggiosa, si riconosce espressamente che l’attribuzione dei punteggi legati a valutazioni di ordine tecnico è espressione di discrezionalità non solo tecnica ma amministrativa. La stazione appaltante, infatti, esercita una scelta di opportunità circa l’uso dei mezzi più idonei per la miglior cura dell’interesse pubblico di riferimento (cfr. Cons. Stato, sez. V, 3 febbraio 2000, n. 661).
Né può dirsi che la valutazione discrezionale compiuta dalla Consip, nel caso di specie, trasmodi in una scelta aberrante o manifestamente irrazionale.
Appare logico, infatti, che la Consip, dovendo affidare un servizio esteso ad intere regioni, abbia previsto che la valutazione qualitativa dovesse essere prevalentemente effettuata avuto riguardo alla diffusione delle strutture necessarie per assicurare la distribuzione capillare del servizio, così garantendo agli utenti la più ampia scelta possibile tra esercizi di ristorazione convenzionati. Sotto tale angolazione non risponde al vero l’affermazione della difesa ricorrente secondo cui il criterio tecnico sarebbe stato dominato dalla considerazione dell’ampiezza del fatturato pregresso.
Come si evince dal tenore testuale dell’art. 5 del disciplinare (unitamente all’allegato A), la richiesta di corredare l’offerta tecnica con la presentazione di almeno una fattura per i tre quarti degli esercizi convenzionati indicati come attivi, aveva ed ha l’unico scopo di testimoniare l’immediata capacità operativa dell’aggiudicataria.
In particolare, come esattamente rilevato dalla difesa della ****, la lex specialis della gara non richiedeva ai concorrenti la dimostrazione di aver attivato negli ultimi dodici mesi una rete di esercizi convenzionati – come sostenuto dall’appellante -, ma chiedeva a ciascuna impresa concorrente di indicare nell’offerta tecnica “il numero di esercizi convenzionati di cui dispone” nei Comuni presi a riferimento “nonché il numero dei Comuni facenti parte del territorio relativo al lotto stesso in cui dispone di almeno un esercizio convenzionato […]” (punto 4.2 della lettera di invito), provando l’avvenuta attivazione delle convenzioni attraverso la presentazione di una sola fattura per ciascun esercizio relativa ad un giorno qualsiasi negli ultimi dodici mesi, salvi i casi in cui era sufficiente l’allegazione di copia della convenzione.
Il concorrente, quindi, poteva indicare nell’offerta solo le convenzioni attualmente in corso alla data di presentazione della stessa, essendo irrilevante il numero della convenzione attivate negli ultimi dodici mesi ma non più in corso, e poteva indicare anche convenzioni stipulate il giorno precedente alla presentazione dell’offerta, purché presentasse per le stesse una sola fattura o (per le convenzioni stipulate negli ultimi tre mesi e nel limite del 25% del totale) addirittura una semplice copia della convenzione, quale prova minima dell’attendibilità dei dati indicati.
I dati richiesti appaiono, quindi, diretti ad accertare non la dimensione della pregressa attività dell’impresa, bensì la sua attuale capacità di iniziare l’esecuzione del contratto in relazione alla sua posizione alla data di presentazione dell’offerta.
In definitiva, la minore incidenza del fattore prezzo è semplicemente dovuta alla caratteristiche intrinseche del sistema di selezione secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
Si tratta, dunque, di una conseguenza fisiologica del particolare contenuto del contratto da stipulare, non sindacabile in sede di legittimità, sicché, in relazione a tali premesse, il criterio di aggiudicazione della gara appare di per sé legittimo.
Il fatto che uno o più concorrenti possano avere in concreto strumentalizzato un criterio di aggiudicazione di per sé razionale al fine di perseguire finalità in contrasto con il principio di libera e leale concorrenza implica l’eventuale illiceità del comportamento dei concorrenti interessati – circostanza che al momento, rispetto alla fattispecie in esame, è ancora in corso di accertamento da parte dell’Autorità preposta -, ma certamente non comporta l’illegittimità della lex specialis della gara. Va, del resto, rilevato che, in relazione a qualsiasi criterio di aggiudicazione possono essere realizzati comportamenti ed intese anticoncorrenziali finalizzati ad alterare il risultato della gara, senza che ciò implichi l’illegittimità della disciplina dettata dal bando di gara e la correlata responsabilità dell’Amministrazione.
 1.3 Sempre per ciò che concerne la dedotta lesione dei principi e delle disposizioni che presidiano la libertà di concorrenza, la Sezione non può che ribadire quanto già affermato sul punto (cfr. sez. IV, 14 maggio 2001, n. 2670; sez. VI, 1 aprile 2000, n. 1885), e cioè che: a) trattasi di un principio generale del diritto comunitario, di cui le istituzioni degli stati membri devono tener conto nell’esercizio del loro potere discrezionale; b) esso è applicabile non soltanto agli atti normativi, ma anche a quelli amministrativi; c) esso implica che i provvedimenti incidenti sulla libertà di concorrenza dei cittadini, tutelata dal diritto comunitario, debbano essere idonei (id est adeguati all’obiettivo da perseguire) e necessari (nel senso che nessun altro strumento ugualmente efficace ma meno negativamente incidente, sia disponibile); d) rimane inteso che non avendo il giudice amministrativo, di regola, poteri sindacatori di merito, il riscontro della proporzionalità dell’azione amministrativa, dovrà svolgersi – in presenza dell’ampia discrezionalità di cui gode l’amministrazione nell’apprezzamento delle situazioni di fatto e nella ponderazione dei contrapposti interessi pubblici e privati coinvolti e segnatamente in materia di individuazione dei parametri di selezione delle offerte economicamente più vantaggiose – ab externo, sulla congruità e non contraddittorietà dell’istruttoria compiuta ed esternata nella motivazione del provvedimento.
Nell’odierna vicenda, per i rilievi in fatto precedentemente illustrati, è da escludersi che la Consip S.p.a. sia venuta meno a tali oneri istruttori e motivazionali.
1.4 Devono essere disattese anche le censure, sempre dedotte con il primo mezzo di gravame, con le quali si lamenta l’abuso che le concorrenti avrebbero perpetrato dello strumento giuridico del raggruppamento temporaneo di imprese, con ciò realizzando un illecito anticoncorrenziale, sotto il profilo dell’abuso collettivo di posizione dominante ovvero della pratica concordata.
Gli argomenti a sostegno della tesi sono rafforzati dall’esibizione della recente comunicazione dell’Autorità antitrust n. I463 del 2002 -****Consip – con cui è stata aperta una procedura di infrazione per violazione dell’art. 2 della l. n. 287 del 1990 relativamente ad un intesa orizzontale cui avrebbero dato corso le imprese aggiudicatarie dei cinque lotti per cui è causa.
Tali doglianze si appalesano inammissibili e, comunque, infondate sotto più profili.
In primo luogo emerge l’irrilevanza delle censure in quanto aventi ad oggetto non gli atti amministrativi emanati dalla Consip, bensì comportamenti illeciti delle imprese concorrenti.
In secondo luogo, anche ove vengano in contestazione il bando e la lettera di invito, si tratterebbe di una evidente quanto inammissibile ipotesi di invalidità sopravvenuta, giacché il parametro per il controllo di legalità dell’operato dell’amministrazione (costituito dall’accertamento di un illecito anticoncorrenziale), sarebbe successivo rispetto all’adozione degli atti impugnati.
A non diverse conclusioni si giunge considerando la contestazione dell’aggiudicazione provvisoria, e ciò per un duplice ordine di ragioni.
In base alla giurisprudenza tradizionale di questo Consiglio: a) è inammissibile l’impugnativa dell’aggiudicazione provvisoria, atto infraprocedimentale che non arreca una concreta, diretta ed attuale lesione alla sfera patrimoniale o morale del ricorrente, cosicché l’eventuale suo annullamento non comporterebbe vantaggio alcuno (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 12 novembre 1991, n. 911); b) l’impugnazione di un atto preparatorio rispetto a quello finale, che di regola deve essere avvenire solo quando il primo abbia lesività immediata, deve essere seguita dal gravame contro il provvedimento conclusivo, la dove manchi un rapporto di presupposizione – consequenzialità immediata, diretta e necessaria, giacché l’aggiudicazione definitiva è frutto sovente di nuove ed ulteriori valutazioni di interessi (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 11 febbraio 2002, n. 785).
In ogni caso, tali censure sono infondate perché, al momento dell’aggiudicazione provvisoria, l’unica Autorità competente a conoscere degli illeciti anticoncorrenziali nel nostro ordinamento interno ancora non si era pronunciata definitivamente sulla sussistenza dell’illecito ed a tutt’oggi manca una decisione definitiva.
Deve escludersi, invero, che le stazioni appaltanti debbano effettuare in sede di aggiudicazione provvisoria o definitiva, un controllo sulla sussistenza di eventuali illeciti anticoncorrenziali, a meno che non sia intervenuta, in relazione alla stessa o ad analoga fattispecie, una decisione espressa dell’Autorità garante, ovvero una sentenza della Corte di appello territoriale (ai sensi dell’art. 33, l. n. 287 del 1990) che abbiano accertato la presenza di un siffatto illecito. Solo in tal caso, oppure quando si presentino fattispecie in tutto identiche a quelle già conosciute e sanzionate dalle su menzionate autorità, sarebbe doverosa la valutazione, da parte della stazione appaltante, della sussistenza dei presupposti per l’esercizio dei poteri di autotutela ordinari, e, di riflesso, ammissibile l’impugnativa proposta dal concorrente pretermesso avverso il diniego di esercizio dell’autotutela, ovvero contro l’aggiudicazione definitiva.
La normativa di settore affida, infatti, esclusivamente all’Autorità garante ed alle Corti di appello territoriali il compito ed i poteri di accertare tali peculiari illeciti; sarebbe quindi illogico, oltre che praeter legem, richiedere alle stazioni appaltanti un accertamento antitrust che esula dalle loro competenze.
Può, quindi, concludersi che l’illecito anticoncorrenziale posto in essere da uno o da alcuni dei concorrenti può e deve essere apprezzato dall’Amministrazione in corso di gara, ai fini dell’esercizio già in tale fase dei suoi poteri di autotutela, e può essere valutato dal Giudice amministrativo ai fini dell’annullamento del provvedimento di aggiudicazione definitiva:
– quando la distorsione della libera concorrenza derivi da un vizio specifico della lex specialis del procedimento, che, a prescindere dalla condotta dei concorrenti, sia stata concepita in modo irrazionale e sia tale da alterare o da favorire direttamente l’alterazione dello svolgimento della gara (situazione che, per quanto detto, non ricorre nel caso di specie);
– oppure quando, pur essendo legittimo il bando di gara, già durante lo svolgimento della gara intervenga una determinazione dell’Autorità garante, ovvero una sentenza della Corte di appello territoriale che accerti un illecito anticoncorrenziale rispetto allo specifico procedimento (o tali Autorità si siano già pronunciate in relazione ad un’identica fattispecie).
Quando, invece, la lex specialis della gara sia di per sé legittima e non intervenga in corso di gara una pronunzia delle Autorità competenti che accerti un illecito anticoncorrenziale, l’Amministrazione dovrà procedere all’aggiudicazione, salva la possibilità di esercitare in seguito – ricorrendone i presupposti – i suoi poteri di autotutela in relazione a tale provvedimento, se e quando dovesse successivamente intervenire una siffatta pronunzia. Si osserva, per inciso, che in tal caso dovrebbe, comunque, escludersi una responsabilità extracontrattuale dell’Amministrazione, perché la stessa durante la gara, per quanto di sua competenza, ha operato diligentemente in relazione agli elementi dalla stessa conosciuti o conoscibili.
2. Anche il secondo motivo di appello, con cui si deduce il vizio di violazione e falsa applicazione di legge (articolo 1 della legge 7 novembre 2000, n. 327; articolo 10 delle disposizioni sulla legge in generale; articolo 3 Cost.), è infondato.
Va, infatti, rilevato che la legge 7 novembre 2000, n. 327, pubblicata sulla Gazz. Uff. del 13 novembre 2000, n. 265, è entrata in vigore il 28 novembre 2000, e quindi dopo la pubblicazione del bando di gara, pubblicato sulla G.U.C.E. il 13 ottobre 2000.
Deve, allora, richiamarsi il consolidato indirizzo della giurisprudenza di questo Consiglio per cui “in sede di gara indetta per l’aggiudicazione di un contratto, la Pubblica amministrazione è tenuta ad applicare le regole fissate nel bando, atteso che questo, unitamente alla lettera d’invito, costituisce la lex specialis della gara che non può essere disapplicata nel corso del procedimento, neppure nel caso in cui talune delle regole in essa contenute risultino non più conformi allo jus superveniens, salvo naturalmente l’esercizio del potere di autotutela (Sez. V, 11 luglio 1998, n. 224; id., 3 settembre 1998, n. 591). Tale soluzione è giustificata in base al rilevo per cui “il bando è atto amministrativo a carattere normativo, lex specialis della procedura, rispetto alla quale l’eventuale jus superveniens di abrogazione o di modifica di clausole non ha effetti innovatori” (Cons. Giust. Amm., 3 novembre 1999, n. 576).
Il fatto che la legge n. 327 del 2000, pur entrata in vigore dopo la pubblicazione del bando di gara, fosse comunque vigente durante la fase di presentazione delle offerte, non comporta, del resto, l’applicabilità alla fattispecie in esame dello ius superveniens in parola.
Va, infatti, rilevato che i requisiti dell’offerta vengono determinati dal bando di gara e non nella fase di presentazione delle offerte stesse, che sotto questo profilo costituisce un momento meramente esecutivo ed applicativo della lex concorsualis: la fase del procedimento diretta alla definizione dei requisiti delle offerte era, quindi, già esaurita alla data di entrata in vigore della legge n. 327 del 2000, e tale sopravvenienza normativa non incide, pertanto, sulle determinazioni già assunte in tale fase.
3. Inaccoglibile si appalesa la domanda di risarcimento del danno difettando l’indispensabile requisito dell’annullamento degli atti amministrativi presupposti (cfr. ex plurimis Cons. Stato, sez. V, 18 marzo 2002, n. 1562; sez. IV, 15 febbraio 2002, n. 952; sez. VI, 18 dicembre 2001, n. 6281; sez. IV, 25 luglio 2001, n. 4082).
4. Alla stregua delle rassegnate conclusioni l’appello deve essere rigettato.
Sussistono fondate ragioni per compensare tra le parti le spese del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in Sede giurisdizionale, Sezione quarta, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe indicato, lo respinge l’appello e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.
Compensa tra le parti le spese del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, il 7 maggio 2002, dalla IV Sezione del Consiglio di Stato

Lazzini Sonia

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