Efficienza senza qualità

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Si parla molto in questi tempi di recupero dell’efficienza, della necessità dell’economicità, dell’efficacia degli investimenti e, al contempo, dopo avere decentrato senza una adeguata rete di controlli e trasformato le aziende pubbliche incaricate dei servizi, prima in enti pubblici e successivamente in società partecipate, dietro adeguate remunerazioni per i membri politici  e manageriali dei vari organi, si sono manifestati i vecchi vizi adeguatamente distribuiti tra Nord e Sud, le inchieste nello scoperchiare pezzi delle varie cordate hanno indotto ad invocare da parte dei tecnici e degli osservatori un maggiore equilibrio fra autonomia e controllo (Borgonovi, Valotti), sistemi di programmazione e controllo di gruppo considerato nella sua interezza, dove vi è la necessità della individuazione degli obiettivi e degli strumenti operativi, nonché delle reciproche relazioni e pesi (Guarini), infine l’adozione del bilancio consolidato quale presidio di un corretto ed ampio flusso informativo, d’altronde l’eccesso informativo può essere artatamente usato per creare disinformazione, come una stretta regolamentazione non è di per sé garanzia del superamento dei conflitti di interesse se non resa trasparente nei confronti dei vari portatori di interessi (R. Ruozi, Validità e limiti della MIFID, 111-116, in E & M. SDA Bocconi, Etas, 2/2008).

Come è stato osservato, un sistema pletorico di vigilanza piace ai politici, rendendolo in parte inefficace e moltiplicando contemporaneamente le rendite politiche (D. Masciandoro, Regole, regolatori e G 20: parole soltanto parole, 37-38, E & M. SDA Bocconi, Etas, 6/2009), la qualità non può essere identificata con un progetto specifico o accreditamenti formali di agenzie, essa è quotidiana e vista nel tempo, la si tecnicizza e misura, ma essa è anche un “valore” etico, che dovrebbe essere riflesso di un ordinamento gerarchico valoriale riconosciuto valido dalla comunità, in modo che tecnica ed etica abbiano un punto di convergenza e diventino “formazione”, coinvolgendo il personale a tutti i livelli, emergono problemi nel flusso informativo e difficoltà di allineamento, con il conseguente rischio di una ulteriore deriva burocratico-informatica, l’efficienza non si risolve nell’efficacia, la qualità di per sé non va considerata in termini assoluti ma in funzione di “determinati clienti”.

Il capitale sociale, costituito dalla rete di relazioni che si formano nel tempo, ci condiziona ma è anche condizionato dalle scelte individuali, esso permette di guadagnare tempo, acquisire informazioni, raggiungere e mantenere posizioni, ha quindi una doppia valenza positiva e negativa, la rete che si auto sostiene nel facilitare il funzionamento aziendale e imprenditoriale, permette anche di mettere in atto strategie che privilegino gli interessi e i dividendi non della collettività, costituita dall’azienda e dagli Stakeholder, bensì del gruppo ristretto che controlla la struttura, una rete chiusa e perfettamente efficace per i loro obiettivi specifici, d’altra parte scatta la necessità della salvaguardia della dotazione di capitale su cui regge il proprio status, anche in contrasto con la sbandierata ricerca del rapporto efficienza/efficacia.

Come già sottolineava V. Perrone in un editoriale del 2006, “ Le finalità per le quali il capitale sociale viene utilizzato dai membri di una comunità dipendono dai valori e dagli interessi di tali membri. Senza buone  e solide sponde dal lato dell’etica e della legalità non c’è garanzia che venga utilizzato a fin di bene e spesso nemmeno in modo utile” (8, Chi trova un amico trova un tesoro, E & M. SDA Bocconi, Etas, 4/2006.

L’etica è anche utilità, una valutazione di quello che nei rapporti è utile alla cooperazione, questa può avvenire con diverse modalità ma prevede comunque la possibilità di una selezione a livello di gruppo, con maggiori probabilità di successo rispetto ad una selezione a livello puramente individuale, dove a periodi di equilibrio si succedono veloci periodi di cambiamento (Boncinelli), la difficoltà è mantenersi nell’equilibrio dell’orlo del caos, tra rigidità e caoticità, nella tanto richiesta flessibilità costruttiva in cui il rapporto con gli altri determina anche il mio essere, dove la leadership funziona da attrattore etico e nel comunicare attraverso le molteplici relazioni che l’essere hub comporta, impone le modalità relazionali accettate e prevalenti nella comunità, superando il crollo etico mai sanato “del giorno in cui morì la Patria” (Lembo).

 

BIBLIOGRAFIA

  • E. Borgonovi, Principi e sistemi aziendali per le amministrazioni pubbliche, Egea, 2004;
  • G. Valotti, Management pubblico, Egea, 2005;
  • E. Boncinelli, La genetica dell’evoluzione, 44-50, in Le Scienze, 486, 2/2009.

Dott. Sabetta Sergio Benedetto

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