Donazione indiretta, il pagamento dei debiti del figlio

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Una persona ha un debito con una società che non riesce a pagare, e il creditore, da parte sua, gli ha preannunciato le azioni esecutive.

La casa nella quale la persona in questione abita, è stata acquistata con il denaro di suo padre, il quale ha deciso di aiutarlo per salvare l’immobile.

Si esporrà  di persona e pagherà il debito, decidendo di dare i soldi direttamente alla società, senza farli transitare sul conto del figlio, forse per paura che lo stesso li spenda in modo diverso.

Il gesto di generosità del padre ha generato dei malumori tra gli altri figli, non contenti che il patrimonio di famiglia venga assorbito dai debiti del fratello.

Secondo loro, i soldi che in questa occasione sono andati a beneficio del fratello, dovranno essere considerati, all’atto della morte del genitore, come un anticipo sull’eredità che spetta a lui.

La persona in questione ha manifestato le sue riserve su questa interpretazione.

Il denaro non è mai passato sul tuo conto ed è stato vostro padre a decidere come spenderlo.

In questa sede si tratterà della circostanza nella quale un padre paga il debito del figlio, con i vari risvolti che ne scaturiscono.

A spiegare che cosa prevede la legge in simili situazioni ci ha pensato la Suprema Corte di Cassazione attraverso una recente sentenza.

Si tratta precisamente della sentenza del 18/09/2019 n. 23260/19.

Le donazioni indirette

Le donazioni indirette, così come di solito la più ampia categoria dei negozi indiretti, non trovano nel codice civile una disciplina specifica.

Le stesse sono individuate e menzionate dal codice civile in relazione ai rapporti con altri istituti attinenti, in particolare, al diritto successorio.

A esempio, in tema di collazione, ha rilevanza l’articolo 737 del codice civile, mentre in relazione al calcolo della quota di legittima gli articoli 809 e 556 del codice civile.

Le donazioni indirette sono un particolare caso di negozio indiretto, che si attua “a titolo di liberalità”.

Il cosiddetto “negozio indiretto” non è una combinazione di atti attraverso i quali si raggiunge un effetto più marcato rispetto a quello tipico degli stessi.

L’effetto è voluto da chi compie gli atti in questione.

L’effetto che si produce è di una cosiddetta “liberalità non donativa”,impoverimento del “donante indiretto”, arricchimento del “donatario indiretto” e “spirito di liberalità”, vale a dire l’intento di produrre suddetti effetti senza esservi tenuti, che avviene ad esempio, ogni volta che i genitori pagano il prezzo di un immobile, o di un qualsiasi diritto, da intestare a loro figlio.

Le donazioni dei genitori

Esistono due modi nei quali si può fare una donazione.

La prima forma è quella della cosiddetta donazione diretta, con la quale il donante cede un suo bene al donatario o lo acquista per poi intestarglielo.

In questi casi, se il bene è di rilevante valore, un immobile, una grossa somma di denaro, bisogna andare dal notaio perché dimostri che la donazione sia valida.

La seconda forma è quella della donazione indiretta.

Il donante vuole dare al donatario la proprietà di uno specifico bene, versando il corrispettivo al venditore perché  lo ceda al donatario oppure bonifica il prezzo di vendita sul conto del donatario, in modo che lo stesso paghi successivamente il venditore.

La Suprema Corte di Cassazione, in questo caso, ha affermato che non c’è bisogno del notaio per formalizzare la donazione.

Il notaio se sarà necessario, al momento dell’acquisto del bene se si tratta di un immobile.

Le donazioni quando muoiono i genitori

Sia che si tratti di donazione diretta sia che si tratti di donazione indiretta, alla morte del genitore donante si fanno i conti.

A ogni figlio, come al coniuge, spetta una quota di eredità minima che la legge chiama “legittima”. In presenza o in assenza di testamento i legittimari non possono ricevere meno di quanto la legge riconosce loro.

Ai fini del calcolo delle quote di legittima, non si tiene conto esclusivamente di quanto viene lasciato dal defunto alla sua morte, ma anche delle donazioni dallo stesso fatte in vita in favore degli eredi legittimi.

Esempio

Tizio riceve in eredità dal padre una casa.

Suo fratello Caio riceve qualche quadro.

Caio si ribella, ma Tizio fa notare come, quando il padre era ancora in vita, Caio abbia ricevuto dal loro padre una somma di denaro quasi pari al valore della casa.

Caio, di conseguenza, non si può opporre al testamento perché la sua quota di legittima è stata rispettata tenendo conto delle donazioni ricevute in vita.

In relazione all’esempio, si può comprendere che le donazioni sono una sorta di anticipazione dell’eredità.

Chi riceve una consistente parte del patrimonio del defunto dallo stesso quando è ancora in vita, alla  morte lo dovrà restituire in parte agli altri eredi legittimi che siano stati privati delle loro quote.

Questo se gli stessi eredi si oppongono alle donazioni.

In presenza di una serena vita familiare, nella quale i fratelli vanno d’accordo e non ci sono opposizioni, non c’è nessun bisogno di restituzione.

Il genitore che paga un debito del figlio

Arriviamo al caso nel quale un genitore paghi un debito del figlio.

Un simile atto si considera una donazione indiretta a meno che lo stesso genitore non pretenda dal figlio la restituzione del denaro speso per suo conto, ponendo in essere la cosiddetta “azione di regresso”.

Il fine perseguito e non il mezzo giuridico impiegato che può essere vario e consistere anche in una combinazione di atti e contratti, classifica il gesto di generosità come una donazione.

Questo significa che ogni volta che un genitore paga un debito del figlio, i soldi spesi si considerano come un anticipo di eredità e andranno conteggiati ai fini del rispetto delle quote di legittima, avendo come conseguenza che il beneficiario della donazione non potrà dire alcunché se alla morte del genitore, dovesse ricevere meno degli altri familiari.

Sempre il donatario dovrà restituire agli altri eredi la parte che eccede l’eredità ricevuta dal genitore se costui, nel dividere il suo patrimonio, non abbia tenuto conto della precedente donazione con la quale ha pagato il debito del figlio.

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