Divorzio, assegno di mantenimento alla ex moglie disoccupata

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Da tre anni a questa parte, la Suprema Corte di Cassazione ha stabilito diverse regole in materia degli alimenti nei confronti dell’ex coniuge.

A volte ci si chiede quale sia la disciplina che venga adesso adottata in materia di divorzio e alimenti all’ex moglie che lavora.

La spiegazione di queste regole risulta essere agevole.

Si tengono distinte le fasi della separazione e del divorzio, che in precedenza erano assimilate.

In questa sede verranno esposte le indicazioni che dovrebbe conoscere una coppia di coniugi, sia giovane sia meno giovane, che decide di sciogliere in modo definitivo il vincolo matrimoniale.

Prima di trattare l’argomento in modo specifico, diamo una definizione di assegno di mantenimento.

In che cosa consiste l’assegno di mantenimento

L’assegno di mantenimento rappresenta un provvedimento economico che viene assunto dal giudice, in sede di separazione tra i coniugi e consiste nel versamento di una somma di denaro, che potrebbe essere suscettibile di revisione nel tempo, al coniuge economicamente debole oppure agli eventuali figli nati dal matrimonio.

Può anche essere relativo agli accordi liberamente sottoscritti dai coniugi.

L’assegno di mantenimento rappresenta una forma di contribuzione economica.

 

In quali circostanze l’assegno di mantenimento è dovuto all’ex moglie disoccupata

Quando una coppia di coniugi si separa, il giudice può disporre la corresponsione di un assegno di mantenimento a chi dei due possiede il reddito più basso.

La differenza tra i due redditi deve essere consistente, non si deve trattare di 100 o 200 euro.

Il mantenimento non spetta esclusivamente al coniuge con il reddito più basso.

La finalità dell’assegno di mantenimento è stabilire un equilibrio tra le condizioni economiche dei due ex coniugi, garantendo al più povero lo stesso tenore di vita che aveva durante il matrimonio, sempre che questo sia compatibile con il reddito dell’altro.

Se la moglie è disoccupata le spetta di diritto l’assegno di mantenimento.

Non le spetta se la disoccupazione sia dovuta a una sua scelta personale, non condivisa con il marito.

Una simile circostanza si verifica quando una donna non voglia lavorare perché preferisce vivere con il reddito del marito.

Non le spetta quando il matrimonio è stato “lampo” e non ha generato aspettative economiche, ad esempio, la separazione dopo qualche settimana di matrimonio.

La durata del matrimonio è un modo per determinare anche l’entità del mantenimento.

Non le spetta se il tribunale ritiene la donna responsabile per il fallimento del matrimonio dichiarando il cosiddetto addebito.

Ad esempio, chi tradisce, abbandona la casa, si disinteressa del coniuge, lo umilia, esercita su di lui violenza fisica o psicologica.

Di solito, prima di accordare il mantenimento, il giudice valuta le potenzialità di reddito della donna.

Verifica se ha una formazione post-scolastica che le consente di trovare un impiego o dedicarsi a un’attività autonoma.

Ad esempio la donna laureata e con una specializzazione.

Accerta se ha svolto in precedenza dei lavori da potersi considerare ancora “dentro” il mercato del lavoro.

Considera che la sua età consenta alla donna di trovare un’altra occupazione.

È più facile trovare lavoro quando si è giovani anziché quando si è più avanti con l’età.

Questi tre elementi possono comportare una riduzione o, addirittura, la completa eliminazione dell’assegno di mantenimento.

Al contrario, la moglie occupata e con un reddito in linea di massima pari al reddito dell’ex marito, non può rivendicare nessun assegno di mantenimento.

In quali circostanze è dovuto il mantenimento alla moglie senza lavoro

Le circostanze sono diverse quando la coppia passa dalla separazione al divorzio.

In presenza di simili circostanze, il giudice sostituisce l’assegno di mantenimento con l’assegno divorzile.

Non si tratta di una differenza esclusivamente relativa alla parola.

Sono diversi i presupposti per calcolare sia il diritto sia l’entità dell’assegno divorzile.

 

L’assegno divorzile non ha più la finalità di colmare il divario economico e rendere simili le due condizioni di reddito degli ex coniugi.

Deve garantire in modo esclusivo al coniuge più povero di essere autosufficiente e mantenersi, però se lo merita.

Questo significa che l’assegno viene negato a chi, nonostante sia disoccupato, è giovane e ha la possibilità di lavorare, chi è senza lavoro e non dimostra di avere fatto quello che poteva per trovare un impiego.

Chi ha provato di avere mandato il suo curriculum alle aziende, di essersi iscritto alle liste di collocamento, di avere partecipato a bandi e concorsi pubblici.

Chi è  anziano ed è fuori dal mercato del lavoro.

Chi è in condizioni di salute tali da non potere guadagnare.

Chi per molti anni si è occupato della famiglia, delle faccende domestiche e dei figli rinunciando alla sua carriera ma agevolando quella del coniuge.

 

Secondo una recente sentenza della Suprema Corte di Cassazione, la sentenza 9/02/2020 n. 6519, la casalinga o chi ha fatto lavoretti saltuari ha diritto all’assegno di divorzio se, per molto tempo, ha favorito la carriera del partner e la formazione del patrimonio familiare.

 

Il Collegio di legittimità, con una decisione diretta a sollevare discussioni, ha modellato il principio  sul divorzio: “il riconoscimento dell’assegno di divorzio, al quale si deve attribuire una funzione assistenziale e in pari misura compensativa e perequativa, richiede l’accertamento dell’inadeguatezza dei mezzi o comunque dell’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive”. A questo proposito, si deve tenere conto del contributo fornito dall’ex moglie alla conduzione della vita familiare e alla formazione del patrimonio comune e personale di ognuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio e all’età dell’avente diritto.

La ex moglie disoccupata che lavora in nero

La ex moglie disoccupata che lavora in nero non ha diritto all’assegno di divorzio.

Lo ha stabilito la Suprema Corte di Cassazione con la sentenza 28/02/2020 n. 5603, che ai fini del reddito, dà rilevanza anche ai rapporti irregolari e non dichiarati.

Il Collegio di legittimità ha ribadito che il riconoscimento dell’assegno di divorzio richiede l’accertamento che i mezzi dell’ex coniuge siano inadeguati e non gli sia possibile procurarseli per ragioni oggettive.

Il giudizio dovrà essere espresso in relazione a una valutazione comparativa delle condizioni economico – patrimoniali delle parti, considerando il contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare e alla formazione del patrimonio comune dei coniugi.

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