Divieto d’ingresso nel territorio di uno Stato membro: la sostanza della motivazione della decisione deve essere comunicata all’interessato

Redazione 05/06/13
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Anna Costagliola

I cittadini di uno Stato membro possono fare ingresso e, a determinate condizioni, soggiornare nel territorio degli altri Stati membri. Nondimeno, uno Stato membro può loro negare tale diritto per motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza o di sanità pubblica. In tal caso il bilanciamento dell’interesse alla sicurezza dello Stato con il diritto di difesa, fa sì che la sostanza della motivazione della decisione di divieto d’ingresso all’interno di un paese membro debba essere sempre comunicata all’interessato. È quanto stabilito dalla Corte di Giustizia Ue (sentenza C-300/11), giudicando sul caso di un cittadino con doppia cittadinanza (francese e algerina), sposato con una cittadina britannica, il quale, dopo avere lasciato il Regno Unito, si è visto annullato il suo diritto di soggiorno, essendo divenuta la sua presenza nel territorio dello Stato lesiva del pubblico interesse.

Nel Regno Unito, le decisioni amministrative di divieto d’ingresso nel territorio nazionale, adottate in base ad informazioni la cui pubblicazione potrebbe ledere la sicurezza nazionale, possono essere impugnate innanzi alla Special Immigration Appeals Commission (Commissione speciale per i ricorsi in materia di immigrazione, «SIAC»). Il soggetto interessato, pertanto, ha presentato ricorso avverso la decisione del divieto d’ingresso. La SIAC ha respinto detto ricorso e ha pronunciato una decisione detta «secretata», con una motivazione completa, e una decisione «pubblica», con una motivazione sommaria, la quale soltanto è stata comunicata al ricorrente rendendolo edotto che, per motivi spiegati nella «decisione secretata», risultava che lo stesso fosse implicato in attività della rete del Gruppo islamico armato (GIA) e in alcune attività terroristiche.

La decisione della SIAC è stata successivamente impugnata innanzi alla Corte d’appello del Regno Unito, che ha chiesto alla Corte di Giustizia entro che limiti la SIAC sia obbligata a comunicare all’interessato i motivi di pubblica sicurezza a fondamento di una decisione di divieto d’ingresso.

La Corte ha ricordato anzitutto che, secondo la direttiva 2004/38 (relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nei territori degli Stati membri), una decisione di diniego di ingresso deve essere notificata all’interessato per iscritto e in condizioni che gli consentano di comprenderne il contenuto e le conseguenze. Inoltre, devono essere resi noti all’interessato i motivi circostanziati completi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza che costituiscono il fondamento di una tale decisione, salvo che vi ostino motivi attinenti alla sicurezza dello Stato.

Tanto premesso, la Corte precisa che gli Stati membri sono tenuti a prevedere un controllo giurisdizionale effettivo in merito alla fondatezza sia della decisione di diniego di ingresso, sia delle ragioni riguardanti la sicurezza dello Stato, invocate per negare la comunicazione all’interessato della motivazione su cui si fonda tale decisione. Pertanto, da un lato, il giudice incaricato del controllo della legittimità della decisione di diniego di ingresso deve poter conoscere tutti i motivi ed elementi di prova alla base di tale decisione; dall’altro, un giudice deve essere incaricato di verificare se le ragioni collegate alla sicurezza dello Stato si oppongano alla divulgazione di questi motivi e di questi elementi di prova. In pratica, l’autorità nazionale competente deve fornire la prova che la sicurezza dello Stato possa essere effettivamente compromessa dalla comunicazione della motivazione circostanziata e completa all’interessato.

Per i Giudici di Strasburgo non esiste, pertanto, nessuna presunzione di sussistenza e fondatezza delle ragioni invocate da un’autorità nazionale per negare la divulgazione della motivazione sulla quale è basata la decisione di diniego di ingresso.

Tutta la procedura deve garantire, nella misura più ampia possibile, l’osservanza del principio del contraddittorio, al fine di consentire all’interessato di contestare la motivazione sulla quale è fondata la decisione, nonché di presentare osservazioni riguardo agli elementi di prova ad essa pertinenti e, pertanto, di difendersi effettivamente. In particolare, è necessario che in ogni caso sia comunicata all’interessato la sostanza della motivazione sulla quale è fondata una decisione di diniego di ingresso, dato che la pur necessaria tutela della sicurezza dello Stato non può avere l’effetto di privare detto soggetto del suo diritto di esporre la propria difesa e, pertanto, di vanificare il suo diritto alla tutela giurisdizionale.

Conclude, pertanto, la Corte di Giustizia Ue nel senso che il giudice nazionale competente deve, da un lato, assicurarsi che la sostanza della motivazione che costituisce il fondamento della decisione in causa sia rivelata all’interessato in una maniera che tenga in debito conto la necessaria segretezza degli elementi di prova e, dall’altro, trarre, ai sensi del diritto nazionale, le conseguenze di un’eventuale trasgressione di detto obbligo di comunicazione.

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