Disciplina dell’errore e annullabilita’ del contratto (*)

Redazione 15/07/03
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di Massimo Franzoni
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1. L’errore e gli altri vizi del consenso
Nell’ordine, l’errore è il primo dei vizi del consenso disciplinato nella Sezione II, del Capo XII, rubricata «dei vizi del consenso». L’art. 1427 c.c. dispone che «il contraente, il cui consenso fu dato per errore, estorto con violenza o carpito con dolo, può chiedere l’annullamento del contratto secondo le disposizioni seguenti». Come è stato osservato, la formula di questo articolo diverge da quella dell’art. 1108 c.c. abr.: «il consenso non è valido, se fu dato per errore, estorto con violenza o carpito con dolo».
Nella norma abrogata l’intervento autoritativo dell’ordinamento era dato a tutela della volontà del contraente; mentre nel sistema vigente il vizio della volontà costituisce solo il presupposto che, in concorso con un interesse ulteriore dato dalla meritevolezza dell’atto o del contratto stipulati, può legittimare la parte interessata a chiederne l’annullamento.
Come si vedrà in seguito, il concetto giuridico di errore è più ampio di quello comune, poiché comprende l’ignoranza anche questa causa della falsa rappresentazione della realtà. Tradizionalmente sull’errore si incentrano le trattazioni degli studiosi tese a dimostrare il cambiamento di prospettiva seguito dal legislatore che ha portato alla oggettivazione dello scambio, abbandonando definitivamente la prospettiva disegnata dalla teoria della volontà.
Gli indici di questo fenomeno sono principalmente due: l’equiparazione nella disciplina tra l’errore vizio o motivo, quello che cade nella fase formativa della volontà «deviandola sulla motivazione», e l’errore ostativo, quello che cade nella dichiarazione o nella trasmissione della volontà formata. Sebbene propriamente solo l’errore motivo costituisca un vizio della volontà, per entrambi la conseguenza è l’annullamento, a differenza di quanto avveniva in passato dove il secondo era causa di nullità dell’atto o del contratto.
Da ciò si desume l’abbandono di una concezione volontaristica incentrata sulla figura del soggetto di diritto, in favore di altra concezione incentrata sulla causa del­ l’atto, che colloca la dichiarazione della parte ed i suoi effetti nell’ambito della circolazione della ricchezza.
Ancorché, per effetto del vizio di dichiarazione o di trasmissione, effettivamente manchi la volontà interna del contratto (si voleva dire cento, invece è stato dichiarato o trasmesso centomila), nondimeno non è esclusa la formazione di un contratto, secondo la considerazione sociale che l’atto assume. La parte dichiarante, con la proposta o l’accettazione erratamente dichiarata o trasmessa, con ciò solo, ha accettato il rischio di immettersi nel traffico giuridico; ed è a suo carico anche il rischio che l’errata trasmissione dipenda dal fatto di un terzo, seppure non suo dipendente o ausiliario. Il problema, dunque, si sposta non sulla esistenza di un contratto (la nullità), che può esservi pur in mancanza di una volontà interna, bensì nelle modalità di tutela del dichiarante (l’annullabilità).
Il superamento della concezione volontaristica si denota altresì nella disciplina data all’errore, causa di annullamento. Ai sensi dell’art. 1428 c.c., infatti, l’errore è rilevante quando sia essenziale e riconoscibile dall’altro contraente, per gli atti a titolo oneroso. Come si vedrà fra breve, dall’indagine su questi caratteri si desume che il profilo psicologico della parte è completamente assente, in favore di un accertamento a proposito della concreta idoneità dell’atto ad esprimere gli interessi reali del dichiarante. Dall’essenzialità è assente il profilo della importanza soggettiva che l’errore ha avuto nella formazione e nella trasmissione della volontà, salvo che per l’errore di diritto; così come la riconoscibilità è altro dall’aspetto della scusabilità.
Chi è in errore può, dunque, chiedere l’annullamento del contratto, seppure avrebbe potuto accorgersi dello sbaglio con l’uso della normale diligenza ed evitare di impegnarsi a quelle condizioni. Con questi ulteriori requisiti il legislatore ha inteso contemperare le esigenze del dichiarante, che potrebbe vedere frustrate le proprie aspirazioni dal contratto, e le esigenze dell’altra parte contrattuale che potrebbe, al contrario, avere un interesse alla conservazione del contratto. La certezza dei traffici ha comportato la necessità di salvaguardare l’efficacia dell’atto in sé, anche al rischio di sacrificare l’interesse dell’errante.
L’errore si differenzia concettualmente e per la disciplina dagli altri vizi. Concettualmente l’errore è l’unico vizio che investe in via esclusiva la sfera della parte dichiarante, mentre per la violenza e per il dolo occorre valutare la sussistenza di un fattore estraneo al soggetto: chi minaccia o comunque incute timore e chi raggira inducendo la parte dichiarante in errore.
Sul piano della disciplina l’errore ha rilievo se sussistono gli elementi della essenzialità, della riconoscibilità o se, trattandosi di donazione o di testamento, la falsa rappresentazione risulti dall’atto; non invece per la violenza o per il dolo, i quali sono sempre cause di annullabilità. In particolare il dolo ha rilievo ancorché induca in un errore non essenziale o in un errore incidente, di norma quest’ultimo irrilevante, secondo un orientamento largamente seguito, sul quale si tornerà criticamente in seguio.
In errore può cadere solo la parte del contratto e non invece il terzo, ancorché questi riceva vantaggi dal contratto stesso, come nell’ipotesi dell’art. 1411 c.c.
È pacifico che la disciplina sull’errore è applicabile anche all’atto unilaterale dell’art. 1324 c.c.
2. L’errore e l’interpretazione del contratto
L’interpretazione del contratto e l’impugnativa per errore si pongono su piani diversi, tuttavia tra i due si stabilisce un inevitabile intreccio: oggetto di interpretazione è tanto il contratto, quanto la dichiarazione di volontà dell’errante (espressa o tacita, formale o non formale); la sussistenza dell’errore può desumersi soltanto dopo aver compiuto una corretta interpretazione dell’uno come dell’altra. Il problema si pone in concreto, giacché la dichiarazione ricevuta, una volta che ingeneri nel destinatario la coscienza che essa sia espressiva della volontà del dichiarante, tuttavia può essere «obiettivamente plurivoca».
I criteri codicistici di interpretazione del contratto consentono di appurare quale sia stata la effettiva volontà contrattuale, attraverso l’indagine sul comportamento complessivo delle parti anche posteriore alla stipulazione (art. 1362 c.c.). Normalmente si afferma che, se la effettiva volontà diverge da quella che letteralmente si desume dal documento, la prima deve prevalere sulla seconda, ma con ciò si esclude la necessità di accertare l’errore.
Se, ad esempio, Tizio, dopo una lunga trattativa svolta per acquistare un certo fondo, invia una formale proposta per l’acquisto di un altro fondo, il destinatario della proposta ben può ritenere che il lapsus non può comportare la conclusione di un diverso contratto da quello che avrebbe dovuto essere concluso a seguito della trattativa. Lo stesso vale nei casi in cui, per un lapsus, sia incluso in un contratto un mappale relativo ad una porzione immobiliare che, nel corso delle trattative, le parti hanno sempre inteso escludere dalla vendita. L’interpretazione qui può sopperire alla disciplina dell’errore ostativo, poiché corregge l’errore fin dal suo nascere, facendo equivalere il voluto al dichiarato.
Ancora, l’interpretazione oggettiva del contratto secondo buona fede può consentire di far prevalere tra diverse interpretazioni quella più coerente con la natura e l’oggetto del contratto; ciò anche tenuto conto della eventuale riconoscibilità dell’errore che potrebbe derivare accogliendo una diversa soluzione interpretativa. Ed anche per questa via si giunge ad escludere l’impugnabilità del contratto per errore, se il significato del contratto venga fatto coincidere con quello proprio del presunto errante.
Nell’ipotesi in cui l’interpretazione del contratto non escluda una divergenza tra il significato del contratto ed il significato che la parte aveva attribuito alla sua dichiarazione, diviene attuale l’accertamento sulla esistenza di un errore. Poiché la volontà si manifesta nella dichiarazione, anche questa deve essere interpretata; di qui il possibile intreccio fra interpretazione ed impugnativa per errore. L’interpretazione, infatti, finisce per agire su due ambiti diversi: quello del contratto e quello della dichiarazione della volontà.
Per dipanare correttamente questo intreccio, è necessario attribuire un diverso grado di oggettività all’interpretazione sui due elementi: il contratto e la dichiarazione. Quanto al contratto, essa deve tendere ad attribuirvi il significato sulla base di elementi oggettivi come il comportamento delle parti e la buona fede, anche a prescindere da come le parti intimamente avevano concepito l’autoregolamento. Quanto alla dichiarazione, l’interpretazione deve consentire di accertare se il significato attribuitovi dalla parte coincida con i canoni sociali e tipici delle espressioni impiegate.
In altri termini, occorre accertare se, nelle medesime circostanze di tempo e di luogo, avuto riguardo alle qualità delle persone in questione, chiunque avrebbe potuto attribuire alla dichiarazione il significato divergente da quello divenuto volontà contrattuale. A queste condizioni l’errore è accertato, se sussistono gli ulteriori elementi della essenzialità e della riconoscibilità.
In definitiva l’interpretazione opera tanto con riguardo al contratto, quanto con riguardo alla dichiarazione; logicamente va eseguita prima sull’uno, poi sul­ l’altra; per entrambi valuta oggettivamente fatti e comportamenti; tuttavia il grado di oggettività è diverso in considerazione della diversità del contratto e della dichiarazione suo presupposto. L’oggettività riferita all’interpretazione del contratto è data dalla natura e dalla causa della vicenda nel traffico giuridico; l’oggettività riferita alla dichiarazione è data dal rapporto tra il dichiarante ed il sistema delle relazioni sociali tipizzate.
Infine, attraverso l’interpretazione, si può concludere che non è possibile giungere alla comune volontà, con la conseguenza che, mancando un accordo, il contratto è nullo, ed anche in questo modo l’impugnativa per errore sarebbe infruttuosa.
3. L’errore e l’accordo dell’art. 1325, n. 1, c.c.
Il fatto a fondamento del quale è data l’azione di annullamento per errore è diverso da quello che comporta la mancanza di uno degli elementi del contratto: l’accordo. Sul piano sistematico la totale mancanza della volontà deve essere distinta da una volontà alterata, tale da non garantire la rispondenza concreta degli interessi regolati alla causa dell’atto riferibile al dichiarante; in quest’ultima ipotesi «la volontà, quantunque presente, è viziata».
In concreto, questa distinzione non sempre può risultare agevole. Valgano questi esempi. Tizio dichiara di vendere a Caio l’appartamento posto al piano terra di un certo stabile; Caio accetta di acquistare l’appartamento posto al secondo piano di quello stabile. Qui non viene in rilievo l’errore nella formazione o nella trasmissione della volontà, ma la mancanza della volontà stessa o addirittura la sua inesistenza, data la non conformità tra proposta ed accettazione.
Ancora: Tizio dichiara di vendere a Caio l’appartamento posto al primo piano di un certo stabile (intendendo con ciò riferirsi a quello sovrastante al piano stradale); Caio accetta di acquistare l’appartamento posto al primo piano di quello stabile (intendendo con ciò riferirsi al piano terra). Questo secondo esempio, riconducibile alla figura del c.d. dissenso occulto, pone problemi più complessi.
Da un lato implica l’indagine sulla sussistenza della volontà, ai sensi dell’art. 1325, n. 1, c.c., dall’altro impone di verificare se trovi applicazione la disciplina dell’errore, da ultimo comporta esaminare se, in concreto, il dissenso non possa essere risolto con le regole dell’interpretazione del contratto (di quest’ultima soluzione si dirà nel paragrafo seguente), poiché costituisce una falsa demonstratio.
Secondo la concezione volontaristica anche questo esempio dovrebbe essere ricondotto al profilo della mancanza di volontà, dunque dovrebbe comportare la nullità del contratto. Invero, si sostiene, il problema non riguarda la formazione della volontà e la sua esternazione, bensì la mancanza per ciascuna delle parti della effettiva coscienza del loro volere.
Senonché a questa tesi è stato obbiettato che l’accordo dell’art. 1325 c.c. deve essere inteso come consenso formatosi su dichiarazioni esternate in modo congruo, non già come consenso formatosi su volontà psichicamente raggiunte senza fraintendimenti. Con la conseguenza che, il dissenso occulto può trovare rimedio soltanto all’interno del profilo dell’errore ostativo, sempre che ne ricorrano gli ulteriori presupposti, altrimenti risulterà irrilevante. Al profilo dalla mancanza di accordo, invece, può essere ricondotto soltanto il dissenso palese.
Il fatto di dover salvaguardare l’esigenza dei traffici, quindi la stabilità dei contratti conclusi, porta a ricondurre nell’ambito dell’errore vizi che altrimenti sarebbero collocati altrove.
Un ulteriore caso da collegare al profilo della mancanza di volontà è quello che si verifica qualora le parti concordino su un determinato oggetto (ad esempio una autovettura utilitaria), ma successivamente nel contratto ne indichino un altro (ad esempio una autovettura di lusso). L’esempio si riferisce al caso in cui il contratto non sia formale, sicché la riproduzione in un documento assolva al solo fine riproduttivo; non potrebbe invece valere per il contratto formale, come nella vendita di un bene immobile.
Solo per il primo caso si può sostenere che la volontà e la dichiarazione sono state immuni da vizi, dato che il documento non è rappresentativo dell’assetto degli interessi. Sicché si può concludere che quel documento deve essere corretto con l’interpretazione, oppure, se una delle parti intende comunque farlo valere, che l’atto è nullo per mancanza di accordo. Qui la prova dell’errore non vale per ottenere l’annullamento del contratto, semmai per provare la mancanza di accordo(continua).

(*) Omesse le note di riferimento bibliografico, queste pagine sono parte di capitolo del volume collettaneo a cura di G.B.Ferri,Adolfo di Majo e Massimo Franzoni, La invalidità del contratto che è quarto dei sette tomi dedicati alla disciplina generale del contratto nel Trattato di diritto privato che Mario Bessone dirige per l’editore Giappichelli.

INTRODUZIONE ALLA INVALIDITà
(di Giovanni Battista Ferri)
Capitolo I
Introduzione AL SISTEMA DELL’INVALIDITà
DEL CONTRATTO

1. Il sistema del codice civile del 1865
2. Il sistema del BGB e il progetto di codice italo-francese delle obbligazioni e dei contratti
3. I lavori di riforma dei codici
4. Le scelte del legislatore del 1942 e la c.d. nullità «virtuale»
5. Ancora in tema di nullità «virtuale»

Parte Seconda
la nullità
(di Adolfo di Majo)

Capitolo II
la nullità quale aspetto negativo dei fatti giuridici

1. Dal diritto romano alla Pandettistica
2. La nullità nelle codificazioni
3. Il modello del codice del 1942
4. Le dottrine sulla nullità
5. Concezione sociale ed individualistica della nullità
Capitolo III
La nullità e i suoi confini

1. Nullità e inesistenza
2. Nullità e annullabilità (nella tradizione codicistica e nel diritto comunitario europeo)
3. Nullità e inefficacia
4. Invalidità e risarcimento
Capitolo IV
Le nullità strutturali

1. Mancanza di accordo
2. … di causa
3. … di oggetto
4. …di forma
Capitolo V
Le nullità da disvalore

1. Illiceità e illegalità
2. La contrarietà a norme imperative
3. Buona fede e nullità
Capitolo VI
Il regime della nullità

1. La nullità nel tempo (la c.d. nullità sopravvenuta)
2. La nullità parziale
3. La nullità fonte di effetti difformi
4. La conversione del contratto nullo tra regole sostanziali e rimedi
5. La nullità tra esecuzione e regole restitutorie
Capitolo VII
Le nullità nuove

1. Le c.d. nullità speciali. La nullità, rimedio di protezione
2. Le nullità da divieto
Capitolo VIII
Nullità e dintorni

1. La nullità della società commerciale. Eterogenesi di significati
2. Le nullità notarili e la nullità «non equivoca» (dei Savants)
3. Invenzioni e segni distintivi (tra controllo amministrativo e giurisdizionale)
4. La nullità tra competenze statali e regionali
Capitolo IX
Il giudizio di nullità

1. La nullità nella concretezza del giudizio
2. L’interesse sottostante al giudizio
3. Nullità e principio dispositivo

Parte Terza
il contratto annullabile
(di Massimo Franzoni)

Capitolo X
l’annullabilità come specie della invalidità

1. Il concetto di annullabilità
1.1. (Segue) Nella storia delle codificazioni moderne
2. L’azione di nullità e l’azione di annullabilità
3. L’annullamento parziale?
4. Il sistema delle invalidità nel Libro V del codice civile: rinvio
5. L’inefficacia per violazione di una norma imperativa
6. La nullità e l’annullabilità: i rimedi
Capitolo XI
L’incapacità legale e naturale

1. L’incapacità come causa di annullamento del contratto
1.1. L’incapacità degli enti pubblici nella contrattazione in regime di diritto privato
1.2. L’incapacità del curatore fallimentare privo dell’autorizzazione
1.3. L’incapacità di tutti i soci fondatori nell’art. 2332 c.c.
2. L’incapacità legale del minore
3. I raggiri usati dal minore
4. Gli atti dell’interdetto
5. Gli atti compiuti dal tutore dell’interdetto
6. Gli atti compiuti dai genitori o dal tutore dell’interdetto, senza la prescritta autorizzazione
7. L’interdetto legale
8. Gli atti dell’inabilitato
9. Gli atti dell’emancipato
10. L’incapacità legale e l’incapacità naturale
10.1. Il diverso regime dell’onere della prova dell’incapacità
10.2. La sussidiarietà dell’art. 428 c.c.
10.3. La ratio dell’art. 428 c.c.
11. Le cause dell’incapacità naturale
11.1. Ancora sull’onere della prova
11.2. Incapacità e totale assenza di volontà
11.3. Casistica
12. L’incapacità deliberatamente provocata
13. L’art. 428, 1° e 2° co., c.c.: il grave pregiudizio negli atti dell’incapace
13.1. Il grave pregiudizio tra il 1° e 2° co.
14. La mala fede dell’altro contraente nei contratti dell’incapace
14.1. La giurisprudenza
15. La mala fede del destinatario dell’atto unilaterale
16. Incapacità legale ed incapacità naturale, quando la norma non distingue
17. L’art. 428, ult. co., c.c.: resta salva ogni altra disposizione di legge
Capitolo XII
I vizi del consenso: l’errore rilevante

1. L’errore e gli altri vizi del consenso
2. L’errore e l’interpretazione del contratto
3. L’errore e l’accordo dell’art. 1325, n. 1, c.c.
3.1. L’errore vizio della volontà: i diversi significati di errore
4. L’errore incidente?
5. L’errore essenziale nell’art. 1429 c.c.
5.1. L’essenzialità nell’errore ostativo
5.2. L’errore di fatto sui motivi negli atti a titolo oneroso e negli atti a titolo gratuito
6. L’art. 1429, n. 1, c.c.: errore «sulla natura o sull’oggetto del contratto»
7. L’art. 1429, n. 2, c.c.: errore «sull’identità dell’oggetto della prestazione ovvero sopra una qualità dello stesso»
7.1. L’errore sopra una qualità dell’oggetto della prestazione
7.2. L’errore sul valore o sul prezzo della prestazione
7.3. L’errore e l’inadempimento
8. L’art. 1429, n. 3, c.c.: errore «sull’identità o su qualità determinanti dell’altro contraente»
9. L’art. 1429, n. 4, c.c.: errore di diritto
9.1. La ragione principale o unica del contratto
9.2. I problemi: errore di fatto ed errore di diritto
9.2.1. L’errore di fatto e di diritto in alcuni contratti: la transazione
9.2.2. L’errore di diritto nell’arbitrato irrituale
9.3. L’errore di diritto ed il principio dell’ignorantia legis non excusat
10. L’errore di calcolo
10.1. … e falsa demonstratio
11. L’errore riconoscibile
11.1. La valutazione della riconoscibilità
11.1.1. La riconoscibilità e la conoscenza effettiva
11.1.2. La prova della riconoscibilità
11.2. La riconoscibilità e l’errore ostativo
12. L’errore comune e l’errore bilaterale reciproco
13. L’errore nella dichiarazione o nella trasmissione della volontà
Capitolo XIII
La violenza

1. La violenza nel diritto
2. La violenza quale vizio del consenso
2.1. La violenza incidente
3. La violenza ed il timore riverenziale
4. La violenza e lo stato di pericolo nella rescissione
5. I caratteri oggettivi della violenza: la minaccia
5.1. La violenza non rivolta in modo specifico e diretto verso il contraente: la violenza ambientale
5.2. La violenza putativa
6. Il male ingiusto nell’art. 1435 c.c.
6.1. Il vantaggio ingiusto nell’art. 1438 c.c.
6.2. L’inesistenza del diritto e la transazione su un diritto inesistente
7. Il male notevole
8. Il rapporto di causalità tra la minaccia e la conclusione del contratto
9. I soggetti della violenza: il soggetto attivo ed il terzo
9.1. Il soggetto passivo
10. Il contraente e i terzi
Capitolo XIV
Il dolo

1. Il dolo nel codice civile
2. Il dolo vizio del consenso in rapporto all’errore ed alla violenza
3. L’intenzione di ingannare e l’intenzione di nuocere
4. Il raggiro
5. Il dolo commissivo
5.1. L’oggettività della machinatio
6. Il mendacio
7. Il dolo omissivo e la reticenza
7.1. Casistica
7.2. L’obbligo di informazione tra clausola generale e leggi speciali
8. La vittima dell’inganno e il rapporto di causalità
9. Il dolus bonus
10. Il dolo reciproco
11. Il dolo del terzo
12. Il dolo e il risarcimento del danno
13. Il «raggiro colposo»
14. Il dolo incidente
15. La prova del dolo
Capitolo XV
L’annullamento degli atti unilaterali e
del contratto plurilaterale

1. L’annullamento degli atti unilaterali
2. L’annullamento del contratto plurilaterale
3. La c.d. parte complessa
Capitolo XVI
L’azione e gli effetti dell’annullamento

1. La legittimazione ad agire ed a resistere nell’azione di annullamento
2. I legittimati ad impugnare gli atti dell’incapace legale: l’interdetto giudiziale
2.1. Gli eredi e gli aventi causa
2.2. La legittimazione a far valere l’annullamento degli atti dell’inabilitato e dell’emancipato
2.3. La legittimazione a far valere l’annullamento degli atti dell’incapace naturale
3. Gli effetti dell’annullamento tra le parti
3.1. Gli effetti verso il contraente incapace
4. Gli effetti dell’annullamento rispetto ai terzi
5. L’annullamento ed il risarcimento del danno
Capitolo XVII
La prescrizione dell’azione di annullamento

1. La prescrizione
2. La prescrizione per l’annullamento derivante da incapacità
3. La prescrizione nei contratti conclusi per effetto di un vizio del consenso
4. La prescrizione in tutti gli altri casi: il 3° co.
5. L’interruzione della prescrizione
6. L’eccezione di annullamento
7. L’eccezione di nullità
8. Eccezione di prescrizione ed efficacia dell’atto annullabile
Capitolo XVIII
La rettifica e la convalida del contratto annullabile

1. La rettifica dell’art. 1432 c.c.
1.1. La funzione
1.2. La natura dell’atto
2. La rettifica dell’art. 1430 c.c.
3. La rettifica e la convalida
4. La convalida
4.1. La convalida come sanatoria?
4.2. La convalida al di fuori del codice civile
5. La struttura dell’atto di convalida
5.1. L’art. 1444, ultimo comma, c.c.
6. La legittimazione alla convalida nell’annullabilità relativa e nell’annullabilità assoluta
7. La convalida e le figure affini: la ratifica
7.1. La convalida e la rinnovazione o ripetizione
7.2. La convalida e la conferma
7.3. La convalida e la conversione
8. La convalida espressa e tacita
8.1. Gli atti esecutivi esterni e la convalida tacita
8.2. La protestatio e la convalida tacita

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