Alta conflittualità e rifiuto genitoriale: tutela del minore

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La tutela del minore nelle dinamiche di alta conflittualità e di rifiuto genitoriale

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Indice

1. Quali caratteristiche nei genitori?

Nella coppia genitoriale si può riscontrare assai frequentemente la presenza di investimenti affettivi di coppia non risolti; una mai raggiunta vera progettualità di coppia; una mai raggiunta vera progettualità generativa veramente ed effettivamente condivisa; l’inesistenza di una vera capacità di triangolazione; la presenza di una qualità “adolescenziale” della relazione di coppia; la presenza di una certa aggressività che circola all’interno dei nuclei familiari sia nella sua forma diretta, sia in modalità passiva; la proiezione dei conflitti di coppia all’interno della sfera genitoriale; l’interruzione o manipolazione e distorsione di ogni tipo di comunicazione tra i genitori.
Nel genitore “alienante” possiamo osservare una semplificazione del discorso; argomentazioni ridotte; delle convinzioni irrealisticamente e univocamente svalutanti, spesso non supportate da dati di realtà; la reiterazione del malessere del figlio in relazione all’altro genitore; l’insistenza sulla “paura” del bambino verso il genitore “negativo”; l’affermazione della serenità del bambino da quando non frequenta più l’altro genitore; l’affermazione dell’esistenza di brutti ricordi nel bambino; l’affermazione dell’insistenza del bambino a non voler vedere il genitore/a non chiedere del genitore; l’insistenza sull’intrusività della famiglia del genitore “alienato”; una certa ampia inconsapevolezza relativamente alla portata delle proprie affermazioni per il figlio e delle conseguenze delle proprie decisioni coerentemente con le convinzioni e affermazioni; un ampio coinvolgimento delle famiglie d’origine; creazione di una “nuova coppia”: genitore alienante-figlio; una quota d’ansia ingente; tratti narcisistici; tratti personologici quali immaturità, proiettività elevata, disturbi del confine, tendenza al contagio psichico; interpretatività intensa e spesso univocamente finalizzati; tendenza a inquadrare gli elementi del reale in schemi preconcetti immutabili; induzione di contenuti fatti vivere come propri; quota importante di dipendenza dalla propria famiglia d’origine e scarsa emancipazione da essa; ricerca continua di conferme della propria tesi sul genitore alienato.
Se il figlio è in preadolescenza e adolescenza, compare anche la propensione al fraintendimento “strumentale” delle affermazioni del figlio di incompatibilità con genitore collocatario da cui allontanarsi.
E nel genitore “alienato” possiamo rintracciare una sottovalutazione di segnali di disagio nel figlio, sorta di segni premonitori di uno spostamento dell’asse di alleanza; una scarsa valutazione dell’avvio di dinamiche adolescenziali di natura conflittuale; la presenza di una corrente di conflittualità elevata nei confronti dell’altro genitore, con disistima e sfiducia; la presenza di massicci e intensi atteggiamenti polemici, rancorosi, recriminatori, rivendicativi; la presenza di carenze nella competenza genitoriale, nelle componenti di sintonizzazione, riflessività, mentalizzazione.
In entrambi i genitori il bambino appare poco presente: nella loro mente il bambino reale e concreto non c’è! O fatica ad esserci!

2. Le conseguenze sui figli

Mettere un figlio contro uno dei suoi genitori è come mettere il figlio contro se stesso. Questo è inconfutabile!
Possiamo parlare di un malessere palese, anche sotto un superficiale buon funzionamento che appare però una sorta di adattamento alla “nuova” condizione familiare con la riduzione o sospensione della frequentazione del genitore “negativo”.
Si osservano un incremento di fenomeni e reazioni ansiosi, una diminuzione della stima di sé, la presenza di reazioni o nuclei depressivi, problemi di identità, sintomi psicosomatici, problematiche affettive, disturbi del pensiero con una perdurante falsificazione della realtà.
In alcuni profili, non può esser evitata la prognosi di comportamenti antisociali o di agiti autodistruttivi. Una diagnosi di Falso Sé.
Nel DSM5 tra i Problemi Relazionali, si inserisce la dizione dei Problemi legati all’Educazione Genitoriale e, all’interno di questi, il Bambino affetto da Distress da Relazione Genitoriale (V61.29).
La comunità scientifica si mostra pertanto concorde nel considerare la situazione di rifiuto genitoriale come la compromissione della relazione tra un figlio e uno dei genitori e un grave rischio evolutivo per lo sviluppo psicoaffettivo del bambino.

3. Ma si tratta di maltrattamento?

Alcuni autori parlano apertamente e chiaramente di violenza insita in una costellazione come quella del rifiuto.
Si legge in una recente sentenza di condanna ex art. 96 comma III c.c. per l’alienante, Tribunale di Milano, sez. IX civ., decreto 9 – 11 marzo 2017 (Pres. Amato, est. G. Buffone).
Pensare nei termini di maltrattamento e abuso diventa di fatto inevitabile quando il focus dell’attenzione clinica converge su una condizione di sofferenza psichica del bambino per gli effetti di conflittualità separativa tra i genitori assai elevata. Quando, cioè, sono riscontrabili chiari segni di sofferenza psichica risultante dalla rilevazione di sintomatologia evidente e da una condizione complessiva di disagio psichico.
Il rifiuto genitoriale configura allora, in questi casi, una sorta di violenza emozionale o abuso psicologico del figlio, quando si verifica una rottura permanente del legame con uno dei genitori.
L’assetto psicologico mostra, infatti, aspetti di funzionamento patologico, nel ricorrere a strategie intrapsichiche e interpersonali di qualità indiscutibilmente patologico. Si pensi, ad esempio, al massiccio utilizzo di meccanismi difensivi di scissione e negazione, che rischiano di preludere alla strutturazione di tratti psicotici, ad angosciosissimi vissuti di perdita e lutto che possono avviare nuclei depressivi, o intensi sentimenti abbandonici e vissuti di impotenza che rinforzano il ricorso a regressioni massicce rischiando di generare disarmonie nello sviluppo.
Parlare di violenza emozionale o di abuso psicologico ha come prima ineludibile conseguenza la considerazione di una urgente necessità di integrare gli interventi in ambito giuridico e in campo psicologico.

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4. Nelle Gtu

In che cosa e in che senso le consulenze disposte e svolte nei casi di rifiuto genitoriale possono o devono differire da quelle più “usuali” destinate a configurazioni familiari che vedono in atto dinamiche conflittuali, ma senza un rifiuto verso uno dei genitori?
La specificità del rifiuto pone al Ctu (Consulente Tecnico d’Ufficio) questioni di metodo, innanzitutto, e poi anche di contenuto.
Il Ctu deve meditare accuratamente sulla forma, l’entità e la durata del rifiuto: tempistica ma anche modalità di espressione, nonché ampiezza e dimensioni. Bisogna prospettare un iter peritale nella sua declinazione di colloqui e incontri, osservazioni e approfondimenti, accertamenti e confronti.
Il Ctu deve cercare di comprendere cosa è critico nella formulazione del quesito, nel contatto con le parti, nella fase esplorativa e nella fase conclusiva, un contesto per sperimentare il riavvicinamento piuttosto che non.
Anche il ruolo dei Ctp è molto importante perché a giocare un ruolo decisivo sono proprio gli assetti dei Ctp (Consulenti tecnici di parte)!
Il Ctp che assiste può svolgere un ruolo di accompagnamento sapiente del proprio assistito, intervenire pesantemente a sostenere con forza le ragioni del proprio assistito, a evidenziare le carenze e sottolineare le mancanze, dell’uno o dell’altro dei genitori, non apportando alcun elemento di riflessione utile sia che il proprio assistito sia il genitore rifiutato, sia che sia il genitore inducente o favorente le condotte di rifiuto del figlio, finendo per rinfocolare ulteriormente la dinamica già intensamente conflittuale ed esasperare ancor più il divario tra le posizione dei genitori.
E’ indispensabile un clima collaborativo con i colleghi consulenti delle parti, nel rispetto dei differenti ruoli e delle diverse funzioni.
Per il Ctu si pongono problemi metodologici di non indifferente portata.
Un minimo di alleanza di lavoro è quanto mai opportuna da avviare e curare, con possibilmente il contributo dei Ctp al fine di facilitare l’acceso del minore al conteso di valutazione e ricavare dati da osservazioni e approfondimenti più completi, approfonditi, in una parola attendibili.
Risulta fondamentale cercare di mantenere in unequilibrio minimamente soddisfacente la fiducia di entrambi i genitori, sia di quello che sostiene le ragioni del rifiuto, sia di quello che le patisce e non le condivide
Ed è soprattutto con il genitore che supporta o condivide le ragioni del rifiuto che si deve curare maggiormente la relazione perché possa esserci una disponibilità necessaria e non solo utile a operare i necessari approfondimenti sul bambino.
I colloqui con il bambino e le osservazioni delle sue relazioni e quelli di approfondimento testale vanno preparati con grande attenzione, adeguatamente spiegati nelle loro ragioni e finalità a entrambi i genitori, ribaditi nelle loro finalità al bambino stesso: quella di una tutela da comportamenti “denunciati” a carico di uno dei genitori, di una non pretesa verso un cambiamento di opinione sul genitore, di una esclusione di una volontà di fargli cambiare idea.
L’eventuale incontro con il genitore “rifiutato” va soppesato attentamente, ben preparato se ritenuto indispensabile così come l’eventuale coinvolgimento nella valutazione di familiari riferiti come meno “ostili” al genitore alienato.  
Operare con tutte queste cautele e precauzioni, ma anche impegno e attenzione significa curare lo svolgimento di un iter di conoscenza che inevitabilmente ha valenze trasformative anche se escluse dalle sue finalità.
Quali gli interventi da individuare, delineare, indicare come necessari o prioritari?
Servizi Tutela Minori con percorsi di aiuto psicologico, Spazi Neutri, Servizi di Neuropsichiatria infantile, Servizi di educativa domiciliare?
Come e quanto operare una ricognizione delle risorse del territorio di apparenza del minore perché possano rivelarsi indicazioni concretizzabili e realizzabili?
Si deve il Ctu porre il problema del dopo Ctu perché il fattore tempo è essenziale.

5. La difficoltà degli interventi: quali, quando, come, da chi

Il Tribunale può e deve svolgere un fondamentale ruolo di indirizzo e intervento, direi anche di vera e propria educazione nel senso più profondo possibile.
Il sistema legale può giocare un ruolo non indifferente nel mantenere e portare alla cronicizzazione delle situazioni di alienazione genitoriale.
Attenzione alla logica di vittoria e sconfitta e alla filosofia del “vincitore” e del “vinto”, essendo quella dell’esclusione, della rimozione, della sopraffazione.
Ogni intervento in sede giudiziaria, sia dei legali sia del magistrato può portare a una ulteriore esasperazione del conflitto, a una connessa ulteriore deresponsabilizzazione dei genitori,
Essi stessi, i professionisti, si ritrovano ad essere attori e non sempre giocano la loro parte nel migliore dei modi.
Prima di definirsi sul piano operativo, un intervento dovrebbe poter esser esaminato alla luce di quanto può esser chiarito come realmente di preminente interesse del minore!
La cooperazione tra sistema giuridico e sistema dei professionisti della salute mentale è indispensabile.
Ci sono interventi coercitivi e coattivi a volte non adeguati.
Si rifletta sull’allontanamento temporaneo della figura dominante dal figlio per interrompere il condizionamento e tutelare il figlio e sulla reale efficacia di provvedimenti drastici, quali erano indicati non solo da Gardner nelle sue prime formulazioni della “sindrome”, come ad esempio l’affidamento del figlio al genitore “rifiutato”.
Attenzione particolare va rivolta a interventi destinati all’incontro tra bambino e genitore rifiutato.
Uno “spazio neutro” potrebbe rafforzare la percezione che il bambino ha già della “pericolosità” del genitore che si rifiuta di incontrare.
Pensiamo a improbabili, ma anche assai poco efficaci oltre che legittime, imposizioni di trattamenti di natura psicologica nei confronti dei genitori.
L’intervento che appare irrinunciabile è quello di un sostegno alla genitorialità individuale e congiunto per i genitori, finalizzato alla ricostruzione della relazione co-genitoriale funzionale, basata sul riconoscimento reciproco autentico dell’importanza di entrambe le figure genitoriali per la crescita del figlio.
Altrettanto indispensabile appare l’intervento di aiuto psicologico per il minore, sia strettamente psicoterapeutico sia di sostegno.
Di fatto non esistono, almeno al momento, modelli di intervento specialistici e specifici per il rifiuto genitoriale.
Ulteriore nodo critico è che comunque gli interventi devono esser ben coordinati.
Un intervento è efficace se multiplo e ad hoc e che comunque preveda una rete tra i servizi erogatori, innanzitutto, e poi possibilmente anche con l’autorità giudiziaria.
Vale la pensa di ribadire come il lavoro psicologico porta a riconoscere la complessità multiforme e variegata dei vissuti personali quali personali verità, e a operare perché essi possano esser utilmente relativizzati, in vista di integrazioni non solo possibili, ma indispensabili al benessere soggettivo e del sistema intersoggettivo.
Lavorare sulla complessità vuol dire affrontare la sfida di perdere in certezza nell’abbandonare la ricerca univoca della “verità oggettiva”, per guadagnare in visione multi-prospettica.

6. Da ultimo…

Poter avere relazioni continuative e costanti con entrambi i genitori è una condizione indispensabile di crescita e maturazione non solo regolare, ma anche banalmente (è una provocazione!) serena.
I figli dei genitori separati corrono elevatissimi rischi di non riuscire a mantenersi all’interno di una sana logica di scambio intergenerazionale.
Perdere un genitore è sempre un fattore traumatico, perderlo vivente e in vita diventa un gravissimo fattore di rischio evolutivo.
Non a caso in ogni studio e ricerca sulla genitorialità, nella ricerca sui criteri che ne informano la natura e i fattori che ne determinano la qualità, quello dell’accesso all’altro genitore è sia criterio che fattore essenziale, imprescindibile, necessario.
La cura ancor prima della tutela della continuità genitoriale con entrambe le figure dovrebbe essere uno tra i primi e più importanti obiettivi che ogni genitore si pone pensando al proprio bambino.
Alla sua storia, alla sua origine, alla sua appartenenza. Appartenenza che è fatta di una duplice radice.

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