Danno biologico e capacità lavorativa

Redazione 10/07/20
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Danno biologico: in cosa consiste la capacità lavorativa specifica?

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Brevemente, la capacità lavorativa specifica è la capacità necessaria per esercitare l’attività mediante la quale un soggetto produce reddito: in conseguenza di un fatto illecito, la riduzione/perdita della capacità lavorativa specifica può dare luogo ad un risarcimento di danno patrimoniale (da lucro cessante) qualora si accerti che il danneggiato ricaverà minori guadagni dal proprio lavoro.
Dal punto di vista prettamente medico-legale, l’oggetto della valutazione è la stima, formulata in percentuale ovvero in forma descrittiva, dell’incidenza della menomazione riportata dal soggetto sulla propria capacità di esercitare le attività mediante le quali produce reddito.
La valutazione della “capacità lavorativa specifica”, come richiamato anche in giurisprudenza, è indipendente rispetto alla valutazione del danno biologico temporaneo o permanente: difatti, “una lesione all’integrità psico-fisica subita da una persona non si riflette automaticamente nella stessa misura sulla riduzione percentuale della capacità lavorativa specifica” di guadagno del soggetto; infatti, “mentre l’invalidità permanente (totale o parziale) concorre di per sé a dar luogo a danno biologico, la stessa non comporta necessariamente anche un danno patrimoniale” (18).

Un altro parametro che, a seconda delle peculiarità del caso in studio, potrebbe essere oggetto di valutazione medico-legale è il c.d. “danno da usura” o da peggioramento della cenestesi lavorativa”. Esso è stato chiaramente descritto dalla giurisprudenza come la “maggiore usura, fatica e difficoltà incontrate nello svolgimento dell’attività lavorativa […] che non incidano sul reddito della persona offesa neppure nel senso di perdita di una favorevole possibilità di incremento patrimoniale (cosiddetta perdita di chance), ma comportino soltanto un maggiore sforzo per compiere le stesse attività svolte prima del sinistro, in quanto non
risolventisi in una diminuzione patrimoniale ma in una compromissione dell’essenza biologica dell’individuo, vanno invece liquidate come danno alla salute”.
Emerge dunque che tale fattispecie di pregiudizio sia indipendente da eventuali ripercussioni sulla concreta capacità del danneggiato di produrre reddito (danno alla capacità lavorativa specifica) ma si concretizzi in un maggiore ricorso alle energie di riserva durante il lavoro, ovvero in una maggiore affaticabilità, riguardo ai quali il medico-legale esprime una valutazione in termini descrittivi.
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La capacità lavorativa generica è definibile come l’attitudine a svolgere una qualsiasi attività lavorativa – anche sulla base di una specifica predisposizione
– e comprende l’insieme delle occupazioni confacenti alle attitudini del soggetto, ovvero l’insieme delle sue potenzialità lavorative (è il caso, a titolo esemplificativo, dei non-occupati, degli studenti, dei minori).
Sul punto, chiaro ed immutato è l’orientamento della giurisprudenza di legittimità: “la riduzione della capacità lavorativa generica, quale potenziale attitudine all’attività lavorativa da parte di un soggetto che non svolge attività produttive di reddito, né è in procinto presumibilmente di svolgerla, è risarcibile quale danno biologico, che ricomprende tutti gli effetti negativi del fatto lesivo che incidono sul bene della salute in sé considerato. Qualora, invece, a detta riduzione della capacità lavorativa generica si associ una riduzione della capacità lavorativa specifica che, a sua volta, dia luogo ad una riduzione della capacità di guadagno, detta diminuzione della produzione di reddito integra un danno patrimoniale” . Anche in questo caso, il contributo valutativo medico-legale si esprime in termini descrittivi.

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