Dalla codificazione logica alla emozione nell’interpretazione

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La codificazione è logica giuridica e analisi nel tentativo di evitare le antinomie risolvendole mediante i criteri cronologico, gerarchico e di specialità elaborati dalla dottrina senza tuttavia poterle del tutto evitare, sì che si è osservato l’inesistenza di un dovere giuridico di coerenza che da regola è divenuto un principio di giustizia relativo all’uguaglianza e alla certezza del diritto.
         Nel tentativo di rendere rigoroso e controllabile l’evoluzione del linguaggio giuridico, i giuristi hanno introdotto un numero ristretto di modalità fondamentali in relazioni definite fra loro, si ha una qualificazione giuridica dei comportamenti espressa mediante i concetti che compongono la tavola delle modalità giuridiche, tuttavia le operazioni mediante le quali gli interpreti attribuiscono significato alle norme non sono dettate interamente dalla logica, ma sono in parte arbitrarie.
         Sebbene Husserl affermi essere la ragione pura architettura del pensiero, ossia “ragione formale”, fino a divenire con Russell e Wittgenstein uno strumento di analisi tale da permettere la creazione di uno schema generale di linguaggio perfetto in cui tradurre gli enunciati delle discipline sotto esame, tra cui quella giuridica, tale tesi estensionale non tiene conto della doppia valenza del linguaggio in dimensione sintattica, relativa ai segni che compongono il discorso e alle loro possibili connessioni, e in dimensione semantica, per cui gli enunciati del discorso possono essere veri o falsi, ma ancor più la circostanza che il linguaggio giuridico una volta concretamente applicato è portatore di stati d’animo.
         Ne emergono ragionamenti giuridici deduttivi sotto il controllo della logica e ragionamenti induttivi relativi a infiniti collegamenti normativi che sfuggono a qualsiasi controllo logico, questo ha indotto Perelman a negare una qualsiasi logica agli argomenti giuridici risolvendosi questi in una pura retorica persuasiva del verosimile e del ragionevole e non del vero e del razionale ( nouvelle rhètorique), ma per tale via si recupera l’aspetto emotivo della normativa, negato nella codificazione per espandersi successivamente nella interpretazione.
         Non può negarsi che la codificazione o l’estensione di una qualsiasi legge è un atto razionale derivante dalla necessità di ordinare i rapporti sociali, anche in funzione della tipologia di produzione voluta e del controllo che se ne intende effettuare. Il passaggio attraverso vari filtri ne fa decantare tra l’altro l’aspetto emotivo, si crea una logica tendenzialmente a bassa entropia ma nello stesso istante in cui si procede alla sua applicazione si ha immediatamente la tendenza verso l’entropia del sistema, ossia la degradazione dell’ordine in caos contrastato dall’apparato giudiziario.
         L’aspetto emotivo compresso nella fase legislativa acquista progressivamente nell’interpretazione maggiore ampiezza, fino a trasformare la normativa in una nuova legge con nuove logiche e sentimenti, l’emotività si affianca all’evolversi dell’aspetto culturale, alla pressione delle necessità contestuali.
         Secondo la prospettiva cognitiva dello studio del linguaggio e dei fenomeni mentali l’input percettivo è strutturato e interpretato non secondo regole provenienti dall’ambiente esterno, ma dalla mente stessa fondata biologicamente su un sistema cognitivo universale. In prospettiva inferenzista è tuttavia plausibile che vi sia un rapporto diretto tra l’apprendimento di una particolare lingua e l’apparato concettuale “tagliato” su quella lingua, sì da potersi affermare che “fra linguaggio e pensiero non sussista un determinismo vero e proprio, ma piuttosto qualcosa come una reciproca influenza” (Dellantonio).
         La prospettiva cognitiva si compenetra con l’aspetto emotivo del diritto, con il riconoscimento dell’indissolubile legame tra affetti e pensiero nel quale l’Io decide mediante il suo apparato percettivo che cosa avvertire consciamente in una data occasione (Freud).
         Non può quindi prescindere dalla complessa relazione tra affetto e parole, quindi pensiero, in quanto gli affetti si pongono come fattori imprescindibili della conoscenza e pertanto dell’elaborazione cognitiva, fondamento e precursore del linguaggio (Sarracino).
         Kernberg giunge ad affermare che gli affetti sono alla base delle pulsioni e non le pulsioni alla base degli affetti, quasi tutti gli aspetti dei processi conoscitivi si basano su inferenze inconsce senza che ne siamo consapevoli, in cui vi è l’interagire fra l’inconscio dinamico con i suoi conflitti e l’inconscio preconscio coinvolto nella pianificazione (Kandel).
         Se non siamo consci della maggior parte dei nostri processi ma solo del risultato finale (Kandel), questo avrà profondi effetti nel processo interpretativo della legge nella quale ancor di più che nella pianificazione iniziale vi sarà l’intervento inconscio dell’emotività contrastata dalla lentezza procedurale.
 
 
Sergio Sabetta
 
 
Bibliografia
 
 
·        N. Abbagnano, Storia della filosofia, vol. III 1974;
·        S. Dellantonio, Il determinismo linguistico : una cartografia problematica, in “Il giornale della filosofia”, 29-33, 22, VIII, 1/2008.
·        C. Parelman, Diritto, morale e filosofia, 1968;
·        C. Parelman, Giustizia e ragione, 1963;
·        D. Sarracino, La concezione freudiana degli affetti, in “Il giornale della filosofia”, 4-20, 22, VIII, 1/2008;
·        E. R. Kandel, Alla ricerca della memoria, 2007.

Dott. Sabetta Sergio Benedetto

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