Da Palazzo Spada ancora incertezza sulla legittimità della partecipazione alle gare pubbliche in attesa di concordato preventivo con continuità aziendale

Dania Benedet 05/02/14
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Dopo oltre un anno di incertezza normativa (d.l. n. 83 del 2012, conv. con mod.  in l. n. 134 del 2012), nel giro di un paio di settimane si riscontrano due opposte pronunce di Palazzo Spada sulla vexata quaestio della partecipazione alle pubbliche gare di appalto da parte di imprese che abbiano presentato domanda di concordato preventivo con continuità aziendale ai sensi dell’art. 186 bis della legge fallimentare e che siano ancora in attesa di accoglimento ovvero di rigetto della domanda medesima.

Dapprima, con sentenza n. 6272 depositata il 27 dicembre 2013, la sezione quinta del Consiglio di Stato, confermando la precedente pronuncia  n. 146/13 del TAR Friuli – Venezia Giulia oggetto di appello, accoglieva la tesi secondo cui un operatore economico può concorrere all’aggiudicazione degli appalti pubblici anche qualora abbia ancora in corso di valutazione un’istanza di concordato ai sensi dell’art. 186 bis della legge fallimentare.

L’arresto giurisprudenziale in argomento aveva il pregio di chiarire, per la prima volta in sede di legittimità, la controversa portata del novellato art. 38, comma 1, lettera a), del Codice degli Appalti in combinato disposto con l’art. 186 bis citato alla luce delle finalità della novella dell’agosto 2012 in materia fallimentare (d.l. n. 83 del 2012, conv. con mod.  in l. n. 134 del 2012).

Secondo i giudici della sezione quinta non può invero trovare spazio l’interpretazione dell’art. 38 del d. lgs. n. 163 del 2006, prospettata dalla società appellante, che avrebbe voluto l’esclusione dalla gara – ai fini del ricalcolo della media a proprio favore – di un’impresa che aveva presentato domanda di ammissione al concordato preventivo con continuità aziendale, in base ad un’interpretazione estensiva della citata norma escludente e ad un asserito effetto retroattivo della domanda di ammissione al concordato preventivo (nel caso in esame l’offerta era stata presentata dalla società prima che fosse presentata la domanda di ammissione al concordato preventivo con continuità aziendale).

Ciò poiché, si diceva sempre con  sentenza n. 6272/2013, inibire ad un’impresa di partecipare alle gare per affidamento dei pubblici contratti nelle more tra il deposito della domanda e l’ammissione al concordato (periodo che potrebbe protrarsi anche per un semestre) palesemente contrasta con la finalità della norma fallimentare volta a preservare la capacità dell’impresa a soddisfare al meglio i creditori attraverso l’acquisizione di nuovi appalti. Il punto di equilibrio in materia andrebbe invero individuato nella possibilità, per l’azienda in crisi che abbia chiesto l’ammissione al concordato preventivo con continuità aziendale, di concorrere alle gare e di acquisire le relative commesse, solo se in grado di fornire, in caso di aggiudicazione, ma comunque entro il momento dell’aggiudicazione definitiva, la documentazione prevista dall’art. 186-bis, comma 4 della legge fallimentare, ovvero: a) una relazione di un professionista abilitato che attesta la conformità al piano e la ragionevole capacità di adempimento del contratto; b) la dichiarazione di altro operatore in possesso dei requisiti di carattere generale, di capacità finanziaria, tecnica, economica, nonché di certificazione, richiesti per l’affidamento dell’appalto, il quale si impegni nei confronti del concorrente e della stazione appaltante a mettere a disposizione per la durata del contratto, le risorse necessarie all’esecuzione dell’appalto e a subentrare all’impresa ausiliata nel caso in cui questa fallisca nel corso della gara ovvero dopo la stipulazione del contratto, ovvero non sia per qualsiasi ragione più in grado di dare regolare esecuzione all’appalto.

In senso difforme si segnala però la di poco successiva pronuncia del Consiglio di Stato, sezione III, n. 101 del 14 gennaio 2014 (appello avverso la sentenza n. 23/2013 del TAR Valle d’Aosta) che, con motivazioni esattamente opposte a quelle surriportate,  tratta il diverso caso di un’impresa, sempre  in attesa di accoglimento dell’istanza di concordato ex art. 186 bis l.f., ma nel caso di specie risultata aggiudicataria e, per l’effetto, esclusa.

In tale differente caso i giudici della sezione terza hanno ritenuto detta esclusione pienamente legittima con motivazioni esattamente opposte a quelle surriportate. Ciò  poiché, si spiega in sentenza,  le norme relative al concordato con continuità aziendale sarebbero derogatorie rispetto alle regole ordinarie, quindi di stretta interpretazione e tali da non consentire l’aggiudicazione al r.t.i. a cui partecipava la ditta esclusa,  in quanto non ancora ammessa al concordato e quindi non ancora in grado di presentare in sede di gara la prescritta documentazione (piano di concordato, attestazione di conformità al piano, dichiarazione di altro operatore all’eventuale subentro).

La seconda pronuncia in commento radica il proprio convincimento sulla base di un’interpretazione letterale della lettera a) del primo comma dell’art. 38 del d. lgs 12 aprile 2006, n. 163, come modificato dall’art. 33, co. 2 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83  (conv. con mod. dalla l. 7 agosto 2012, n. 134), mentre il precedente della sezione quinta si fonda principalmente sulla presunta ratio legis della novella fallimentare.

In definitiva, la questione resta irrisolta ed è tornata al medesimo punto di stallo da cui era partita.

L’unica evidenza, allo stato, è che all’incertezza normativa si è ora aggiunta anche l’incertezza giurisprudenziale.

Dania Benedet

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