Credito d’imposta e nuovi investimenti ex L. 388/2000

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Massima

Ai sensi e per gli effetti di cui all’articolo 8 L. 388/2000 l’imprenditore che sia stato ammesso al beneficio dei contributi, sotto forma di credito d’imposta, decade dallo stesso nel caso in cui abbia omesso di presentare la comunicazione telematica concernente le informazioni sul contenuto e la natura dell’investimento effettuato.

 

Premessa

Nella decisione del 12 febbraio 2014 n. 3113 i giudici della sezione lavoro della Corte di Cassazione hanno avuto modo di precisare che l’imprenditore che viene ammesso al beneficio dei contributi (1)  ex art. 8 della legge n. 388 del 2000, per l’effettuazione di nuovi investimenti nelle c.d. aree svantaggiate del paese, decade dal menzionato beneficio nel caso in cui abbia omesso di presentare come previsto per legge (2), entro il termine del 28 febbraio 2003, la comunicazione telematica avente ad oggetto le informazioni riguardo al contenuto e alla natura dell’investimento effettuato (3).

Ciò in quanto il citato termine è previsto ex lege a pena di decadenza e non avendo, in caso contrario, avendo nessun senso la sua previsione nel caso in cui il beneficio dell’ammissione alla concessione dei contributi fosse subordinato alla realizzazione dell’investimento, e non anche all’invio della comunicazione telematica.

Nella fattispecie concreta oggetto di controversia, l’Agenzia delle Entrate aveva proposto ricorso per cassazione, con sette motivi, avverso la decisione della Commissione Tributaria regionale, con cui, in parziale accoglimento dell’appello dell’ufficio, era stata affermata la legittimità dell’avviso di recupero del credito d’imposta, articolo 8 L. 388/2000, e relativi interessi, emesso nei confronti di una società, con annullamento delle sanzioni irrogate.

Il giudice d’appello ha, da un lato, escluso che l’art. 62 della legge n. 289 del 2002 (4) violi gli artt. 3 e 53 Cost., nonché i principi di irretroattività delle leggi tributarie e di divieto di imporre adempimenti con scadenza anteriore ai sessanta giorni dalla entrata in vigore della norma, stabiliti dall’art. 3 dello Statuto del contribuente; dall’altro, ha ritenuto, quanto alle sanzioni, che nella fattispecie il comportamento della società, che aveva omesso di inviare il detto mod. CVS, non è sanzionabile ai sensi dell’art. 5 del d.lgs. n. 472 del 1997, in quanto dipendente da una situazione di non conoscenza della norma e quindi di incertezza sul suo ambito applicativo.

La società resisteva con controricorso proponendo, altresì, ricorso incidentale articolato in 8 motivi.

Nella decisione che qui si commenta si legge testualmente, ricordando precedenti sul tema (5), che “in tema di sanzioni amministrative per violazioni di norme tributarie, l’incertezza normativa oggettiva, che costituisce causa di esenzione del contribuente dalla responsabilità amministrativa tributaria, postula una condizione di inevitabile incertezza sul contenuto, sull’oggetto e sui destinatari della norma tributaria, ovverosia l’insicurezza ed equivocità del risultato conseguito attraverso il procedimento d’interpretazione normativa, riferibile non già ad un generico contribuente, o a quei contribuenti che per la loro perizia professionale siano capaci di interpretazione normativa qualificata, e tanto meno all’Ufficio finanziario, ma al giudice, unico soggetto dell’ordinamento cui è attribuito il potere-dovere di accertare la ragionevolezza di una determinata interpretazione.

Tale verifica è censurabile in sede di legittimità per violazione di legge, non implicando un giudizio di fatto, riservato all’esclusiva competenza del giudice di merito, ma una questione di diritto, nei limiti in cui la stessa risulti proposta in riferimento a fatti già accertati e categorizzati nel giudizio di merito”.

 

Conclusioni

Nella decisione del 12 febbraio 2014 i giudici di legittimità hanno accolto il primo ed il quinto motivo del ricorso principale, assorbendo i rimanenti.

Hanno provveduto al rigetto del ricorso incidentale, cassando la sentenza impugnata e decidendo nel merito, hanno rigettato il ricorso introduttivo della contribuente.

Si legge nella citata sentenza 3113/2014 che “l’art. 62, comma 7, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, che ha disposto l’abrogazione degli articoli 1 e 2 del d.l. n. 253 del 2002 prima della scadenza dei termini per la conversione in legge, facendo salvi gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici già sorti, ha soltanto impedito la protrazione dell’efficacia provvisoria delle predette disposizioni fino al termine naturale della mancata conversione in legge, senza alcuna applicazione retroattiva di disposizioni tributarie, vietata dall’art. 3 della legge 27 luglio 2000, n. 212; ne consegue che, in base alla clausola di salvezza degli effetti prodottisi nel vigore del decreto-legge non convertito, legittimamente l’Amministrazione finanziaria provvede al recupero del credito di imposta utilizzato dal contribuente in compensazione, nonostante la sospensione della fruizione disposta con il citato d.l. n. 253 del 2002” (6)

 

 

1)     Contributi concessi sotto forma di credito d’imposta

2)     L. n. 289/2002 articolo 62, comma 1, lettera e)

3)     Modello CVS

4)     che ha previsto l’obbligo dei contribuenti di inviare entro il 28 febbraio 2003 il c.d. modello CVS, a pena di decadenza dal beneficio

5)     Sul punto cfr. Cass. nn. 24670/2007, 19638/2009; Cass. civ. 2192/2012; Cass. civ. n  4685/2012; Cass. civ. n. 13457/2012  e Cass. civ. 18434/2012; Cass. civ. n. 3245/2013 e Cass. civ. n. 6190/2013

6)     Cass. n. 24251/2011

Sentenza collegata

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Rinaldi Manuela

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