Coronavirus e medico: totale assenza di responsabilità?

Redazione 21/04/20
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Coronavirus e medico: esiste una colpa oggettivizzata?

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LA RESPONSABILITA’ MEDICA: COSA CAMBIA DALL’EMERGENZA SANITARIA – eBook

E’ possibile affermare che, in assenza dei parametri clinico-assistenziali codificati a far riferimento all’emergenza sanitaria, risulta difficile poter identificare l’errore nella condotta dei sanitari.In caso di contenzioso, appare meno difendibile la posizione delle strutture sanitarie e socio assistenziali, che rispondono non solo per l’operato dei dipendenti, ma anche per carenze strutturali e organizzative, e dovranno rispondere anche per i danni subiti dai dipendenti non adeguatamente forniti di dispositivi di protezione e, soprattutto, non adeguatamente formati.Questa pubblicazione si propone di fornire agli operatori strumenti utili a conoscere i termini della responsabilità medica alla luce della pandemia, anche al fine di approntare efficaci strategie difensive.Fabio M. Donelli Specialista in Ortopedia e Traumatologia, Medicina Legale e delle Assicurazioni e in Medicina dello Sport. Docente nella scuola di Medicina dello Sport dell’Università di Brescia e docente in Scienze Biomediche all’Università degli Studi di Milano. Già professore a contratto in Traumatologia Forense presso l’Università degli Studi di Bologna e tutor in Ortopedia e Traumatologia nel corso di laurea in Medicina Legale presso l’Università degli Studi di Siena. Responsabile della formazione per l’Associazione Italiana Traumatologia e Ortopedia Geriatrica. Promotore e coordinatore scientifico di corsi in ambito ortogeriatrico, ortopedico-traumatologico e medico- legale.Mario Gabbrielli Specialista in Medicina Legale, già assistente di ruolo presso la USL 30 Area Senese. Già Professore Associato in Medicina Legale presso la Università di Roma La Sapienza. Professore ordinario di Medicina Legale presso la Università di Siena. Direttore della UOC Medicina Legale nella Azienda Ospedaliera Universitaria Senese. Direttore della Scuola di Specializzazione in Medicina Legale dell’Università di Siena, membro del Comitato Etico della Area Vasta Toscana Sud, Membro del Comitato Regionale Valutazione Sinistri della Regione Toscana, autore di 160 pubblicazioni.

Fabio M. Donelli, Mario Gabbrielli (a cura di) | 2020 Maggioli Editore

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In più occasioni, la giurisprudenza ha precisato che, solo una volta accertato il nesso di causalità, è possibile passare alla valutazione dell’elemento soggettivo della colpa.
Invero, spesso i due profili, soprattutto nelle obbligazioni di mezzi, finiscono per intrecciarsi, al punto da essere confusi, in special modo a seguito dell’emersione del concetto di colpa c.d. oggettivizzata (in base a standard generali di comportamento) e con riferimento alle condotte omissive.
Parte della giurisprudenza ha, quindi, avvertito la necessità di procedere ad un’accurata ricognizione del complesso rapporto intercorrente tra nesso causale e colpa – medica –, tracciandone i profili distintivi, specie sul versante probatorio.
In particolare, la Corte di Cassazione ha precisato che il nesso di causalità è elemento strutturale dell’illecito, che corre su un piano strettamente oggettivo, individuando la relazione esterna tra il comportamento astrattamente considerato (e non ancora utilmente qualificabile in termini di “damnum iniuria datum”) e l’evento; la colpa, al contrario, è elemento soggettivo della fattispecie illecita, rappresentando la misura dell’avvedutezza dell’agente nel porre in essere un comportamento. Infatti, anche laddove sia da intendersi come giudizio relazionale oggettivizzato (in base a standard generali. Sarebbe, cioè, violato il principio di uguaglianza, peraltro all’interno di una disciplina relativa alla tutela in via risarcitoria di un diritto fondamentale come quello alla salute. Lungo tale prospettiva dubita della «compatibilità col principio di uguaglianza sostanziale della nuova disciplina» anche Calvo, La «decontrattualizzazione», cit., 468. Pone degli interrogativi anche A. D’Aloia, La nuova legge 24 tra luci ed ombre, conferme e novità, in Atti del convegno Responsabilità sanitaria: dal contenzioso medico alle assicurazioni alla luce della legge 24/2017, 19.

In altri termini, il nesso causale, al di là e prima di qualsiasi analisi di prevedibilità/evitabilità soggettiva, è puramente e semplicemente la relazione esterna intercorrente tra comportamento ed evento, svincolata da qualsivoglia giudizio di prevedibilità soggettiva. In tale prospettiva, la colpa funge da limite all’oggettiva predicabilità della responsabilità, una volta accertata la relazione causale tra condotta ed evento.
Del resto, diversi sono anche i criteri di accertamento dei due elementi della fattispecie complessa dell’illecito: mentre, infatti, l’accertamento del legame eziologico va compiuto secondo i criteri della probabilità logica; invece, i criteri funzionali all’accertamento della colpa medica risultano quelli della natura, facile o non facile, dell’intervento del medico, del peggioramento o meno delle condizioni del paziente, della valutazione del grado di colpa di volta in volta richiesto (lieve, nonché presunta, in presenza di operazioni routinarie; grave, se relativa ad interventi che trascendono la preparazione media ovvero non risultino sufficientemente studiati o sperimentati, con l’ulteriore limite della particolare diligenza e dell’elevato tasso di specializzazione richiesti in tal caso), e del corretto adempimento dell’onere di informazione e dell’esistenza del conseguente consenso del paziente.

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La responsabilità sanitaria d’équipe

Le considerazioni sin qui svolte sul versante penalistico trovano piena rispondenza e conferma anche nella giurisprudenza civile che si è formata in tema di responsabilità sanitaria d’equipe.
In questa sede si ritiene opportuno illustrare brevemente in che modo le coordinate sopra enucleate siano state declinate in campo civilistico attraverso le più significative pronunce dei giudici di legittimità.
In particolare, in una recente pronuncia si legge che “L’obbligo di diligenza che grava su ciascun componente dell’equipe medica concerne non solo le specifiche mansioni a lui affidate, ma anche il controllo sull’operato e sugli errori altrui che siano evidenti e non settoriali, sicché rientra tra gli obblighi di ogni singolo componente di una equipe chirurgica, sia esso in posizione sovra o sotto ordinata, anche quello di prendere visione, prima dell’operazione, della cartella clinica contenente tutti i dati per verificare la necessità di adottare particolari precauzioni imposte dalla specifica condizione del paziente ed eventualmente segnalare, anche senza particolari formalità, il suo motivato dissenso rispetto alle scelte chirurgiche effettuate ed alla scelta stessa di procedere all’operazione, potendo solo in tal caso esimersi dalla concorrente responsabilità dei membri dell’equipe nell’inadempimento della prestazione sanitaria”.

Dalla lettura di questa pronuncia sembra emergere, quindi, quel pericolo di “obblighi di diligenza condivisi” il cui inadempimento rende co-responsabili tutti i componenti dell’equipe medica, indipendentemente dalle specifiche mansioni da ciascuno svolto e dalla verifica circa l’incidenza eziologica della singola condotta nella produzione dell’evento infausto. L’escamotage che, però, sul versante civilistico viene architettato si sostanzia nella sollecitazione di ciascun partecipante alla compagine sanitaria ad osservare una maggiore attenzione nel controllo e nella verifica della cartella clinica che, proprio sul terreno della responsabilità civile, assume un rilievo centrale, in taluni casi addirittura esclusivo.
Tuttavia, la predetta pronuncia aggiunge anche – ed ecco qui che compare il principio di affidamento – che “il principio per cui ogni sanitario è tenuto a vigilare sulla correttezza dell’attività altrui, se del caso ponendo rimedio ad errori che siano evidenti e non settoriali, rilevabili ed emendabili con l’ausilio delle comuni conoscenze scientifiche del professionista medio, non opera in relazione alle fasi dell’intervento in cui i ruoli e i compiti di ciascun operatore sono nettamente distinti, dovendo trovare applicazione il diverso principio dell’affidamento per cui può rispondere dell’errore o dell’omissione solo colui che abbia in quel momento la direzione dell’intervento o che abbia commesso un errore riferibile alla sua specifica competenza medica, non potendosi trasformare l’onere di vigilanza in un obbligo generalizzato di costante raccomandazione al rispetto delle regole cautelari e di invasione negli spazi di competenza altrui”.
Sempre nella medesima sentenza viene sottolineato che l’unico modo per escludere la responsabilità dei membri dell’equipe nell’inadempimento della prestazione sanitaria, è quello di dimostrare di aver manifestato il proprio dissenso alla scelta di tecnica operatoria adottata dal primario e non condivisa.

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