Il contratto di lavoro intermittente è stato introdotto dal decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276 (e successive modificazioni).
L’articolo 33 lo definisce come: “(omissis) il contratto mediante il quale un lavoratore si pone a disposizione di un datore di lavoro che ne può utilizzare la prestazione lavorativa nei limiti di cui all’articolo 34. Il contratto di lavoro intermittente può essere stipulato anche a tempo determinato”.
Ricorso al contratto di lavoro intermittente
Questa tipologia contrattuale può essere conclusa per svolgere prestazioni di carattere non continuativo o intermittente secondo quanto individuato dai contratti collettivi stipulati dalle associazioni datoriali più rappresentative e quelle dei prestatori di lavoro.
Il contratto di lavoro intermittente può, in ogni caso, essere concluso con soggetti che abbiano meno di 25 anni di età o da lavoratori con più di 45 anni di età, anche pensionati.
È vietato ricorre al lavoro intermittente:
– per la sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di sciopero;
– salva diversa disposizione degli accordi sindacali, presso unità produttive nelle quali si sia proceduto, entro i sei mesi precedenti, a licenziamenti collettivi ai sensi degli articoli 4 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223, che abbiano riguardato lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro intermittente ovvero presso unità produttive nelle quali sia operante una sospensione dei rapporti o una riduzione dell’orario con diritto al trattamento di integrazione salariale, che interessino lavoratori adibiti alle mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro intermittente;
– da parte delle imprese che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi ai sensi dell’articolo 4 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni.
Forma del contratto
Il contratto di lavoro intermittente è stipulato in forma scritta e deve contenere:
– indicazione della durata e delle ipotesi, oggettive o soggettive, che consentono la stipulazione del contratto;
– luogo e la modalità della disponibilità, eventualmente garantita dal lavoratore, e del relativo preavviso di chiamata del lavoratore che in ogni caso non può essere inferiore a un giorno lavorativo;
– il trattamento economico e normativo spettante al lavoratore per la prestazione eseguita e la relativa indennità di disponibilità;
– indicazione delle forme e modalità, con cui il datore di lavoro è legittimato a richiedere l’esecuzione della prestazione di lavoro, nonché delle modalità di rilevazione della prestazione;
– i tempi e le modalità di pagamento della retribuzione e della indennità di disponibilità;
– le eventuali misure di sicurezza specifiche necessarie in relazione al tipo di attività dedotta in contratto.
Il datore di lavoro è tenuto a informare annualmente le OO.SS. aziendali, se presenti in azienda, sull’andamento del ricorso al contratto di lavoro intermittente.
Indennità di disponibilità
Il contratto di lavoro intermittente stabilisce la misura della indennità mensile di disponibilità, divisibile in quote orarie, corrisposta al lavoratore per i periodi nei quali lo stesso garantisce la disponibilità al datore di lavoro in attesa di utilizzazione. La misura dell’indennità è stabilita dai contratti collettivi e comunque non è inferiore alla misura prevista, o aggiornata periodicamente, con decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, sentite le associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.
Su tale indennità i contributi sono versati per il loro effettivo ammontare, anche in deroga alla vigente normativa in materia di minimale contributivo; l’indennità di disponibilità è esclusa dal computo di ogni istituto di legge o di contratto collettivo.
In caso di malattia o di altro evento che renda temporaneamente impossibile rispondere alla chiamata, il lavoratore deve informare tempestivamente il datore di lavoro, indicando la durata dell’impedimento; nel periodo di indisponibilità non matura il diritto alla indennità di disponibilità.
Nel caso in cui il lavoratore non provveda ad informare il datore di lavoro, perde il diritto alla indennità di disponibilità per un periodo di quindici giorni (salva diversa previsione del contratto individuale).
Le disposizioni indicate sono applicabili soltanto nel caso in cui il lavoratore si obbliga contrattualmente a rispondere alla chiamata; in tal caso, il rifiuto ingiustificato di rispondere alla chiamata può comportare la risoluzione del contratto, la restituzione della quota di indennità di disponibilità riferita al periodo successivo all’ingiustificato rifiuto, nonché un congruo risarcimento del danno nella misura fissata dai contratti collettivi o, in mancanza, dal contratto di lavoro.
Principio di non discriminazione
Il lavoratore intermittente non deve ricevere, per i periodi lavorati, un trattamento economico e normativo complessivamente meno favorevole rispetto al lavoratore di pari livello, a parità di mansioni svolte.
Il trattamento economico, normativo e previdenziale del lavoratore intermittente è riproporzionato, in ragione della prestazione lavorativa effettivamente eseguita, in particolare per quanto riguarda l’importo della retribuzione globale e delle singole componenti di essa, nonché delle ferie e dei trattamenti per malattia, infortunio sul lavoro, malattia professionale, maternità, congedi parentali.
Per il periodo durante il quale il lavoratore è disponibile a rispondere alla chiamata, non è titolare di alcun diritto riconosciuto ai lavoratori subordinati né matura alcun trattamento economico e normativo, fatta eccezione per l’indennità di disponibilità.
Computo del lavoratore intermittente
Il prestatore di lavoro intermittente, ai fini della applicazione di normative di legge, è conteggiato nell’organico dell’impresa in proporzione all’orario di lavoro effettivamente svolto nell’ambito di ciascun semestre.
Sostegno e valorizzazione della autonomia collettiva
L’articolo 40 del decreto legislativo ha stabilito che, nel caso in cui entro cinque mesi dall’ entrata in vigore del decreto stesso non fosse intervenuta la determinazione, da parte del contratto collettivo nazionale, dei casi di ricorso al lavoro intermittente, il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali deve convocare le organizzazioni sindacali interessate dei datori di lavoro e dei lavoratori e le assiste al fine di promuovere l’accordo. In caso di mancata stipulazione dell’accordo entro i quattro mesi successivi, il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali individua, in via provvisoria e con proprio decreto, i casi in cui è ammissibile il ricorso al lavoro intermittente.
Cosa è cambiato con la riforma del mercato del lavoro
L’articolo 1, commi 21 e 22 della legge 28 giugno 2012, n. 92 ha apportato significative modifiche al contratto di lavoro intermittente; in particolare ha modificato:
1) età del lavoratore: il contratto di lavoro intermittente può essere concluso con soggetti che abbiano più di 55 anni di età e con soggetti che abbiano meno di 24 anni, fermo restando che le prestazioni contrattuali devono essere svolte entro il venticinquesimo anno di età;
2) l’articolo 35 del d.lgs. n. 276/03 è stato integrato con il comma 3-bis: Prima dell’inizio della prestazione lavorativa o di un ciclo integrato di prestazioni di durata non superiore a trenta giorni, il datore di lavoro e’ tenuto a comunicarne la durata con modalità semplificate alla Direzione territoriale del lavoro competente per territorio, mediante sms, fax o posta elettronica. Con decreto di natura non regolamentare del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, possono essere individuate modalità applicative della disposizione di cui al precedente periodo, nonché ulteriori modalità di comunicazione in funzione dello sviluppo delle tecnologie. In caso di violazione degli obblighi di cui al presente comma si applica la sanzione amministrativa da euro 400 ad euro 2.400 in relazione a ciascun lavoratore per cui e’ stata omessa la comunicazione. Non si applica la procedura di diffida di cui all’articolo 13 del decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124
3) Effetto della norma sui contratti già sottoscritti: I contratti già sottoscritti alla data di entrata in vigore della legge, se non sono compatibili con le disposizioni del comma 21, decadono decorsi 12 mesi dall’entrata in vigore della normativa.
Istruzioni tecnico operative sulla “chiamata” del lavoro intermittente
Con note del 9/08/2012 e del 14/09/2012 la Direzione Generale per le politiche dei servizi per il lavoro ha fornito istruzioni procedurali sulla comunicazione della chiamata del lavoratore.
La comunicazione non sostituisce l’informazione preventiva di assunzione trasmessa attraverso UNILAV, ma rappresenta un ulteriore elemento informativo del rapporto di lavoro intermittente.
Modalità di comunicazione
Le modalità tecniche per adempiere agli obblighi di comunicazione sono messe a disposizione secondo il seguente ordine temporale:
1) Fax a partire dal 13 agosto 2012
2) Sms a partire dal 17 agosto 2012
3) E-mail a partire dal 17 agosto 2012
4) On-line a partire dal 1° ottobre 2012
1) Il numero del fax dove trasmettere il modello, scaricabile all’indirizzo www.lavoro.gov.it e www.cliclavoro.gov.it , è 848800131. Il datore di lavoro dovrà conservare il rapporto di consegna;
2) Inviando un sms che deve contenere: l’indirizzo e-mail del datore, codice della comunicazione obbligatoria trasmessa al Centro per l’Impiego di competenza, il codice fiscale del datore di lavoro, l’inizio e la fine della prestazione (n° al quale inviare Sms 3399942256);
3) Inviando in modello indicato al punto 1) via e-mail all’indirizzo intermittenti@lavoro.gov.it; l’oggetto della mail dovrà essere “Comunicazione lavoro intermittente”. Nel modello possono essere indicati al massimo 6 lavoratori per lo stesso periodo di chiamata;
4) Inviando modello on-line, per i datori di lavoro già registrati a www.cliclavoro.gov.it
5) Per maggior semplificazione dell’obbligo, i datori di lavoro possono inviare le comunicazioni anche ai recapiti istituzionali degli Uffici territoriali del lavoro
Paola Chistoni
iscritta all’Albo Nazionale dei Revisori di Cooperative, abilitata a svolgere revisioni alle società cooperative dal 1996 e incaricata dal Ministero dello Sviluppo Economico per le revisioni ordinarie e straordinarie delle Cooperative sottoposte alla sua vigilanza (*)
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(*) Le considerazioni sono frutto esclusivo del pensiero dell’autore e non hanno carattere in alcun modo impegnativo per l’Amministrazione di appartenenza.
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