Contratti prematrimoniali: si possono concordare rapporti intimi?

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Contratti prematrimoniali: si può stabilire prima delle nozze quando i coniugi dovranno avere rapporti intimi?

Una notizia nella quale mi sono imbattuta parlava di un servizio di una nota trasmissione televisiva nel quale veniva proposto agli intervistati che si stavano per sposare un contratto prematrimoniale dal tenore bizzarro e per lo più poco comune.

I futuri coniugi avrebbero dovuto prendere l’impegno solenne di rispettare determinati obblighi dal contenuto insolito.

Le varie clausole prevedevano la ripartizione dei lavori domestici e, soprattutto, l’obbligo di  osservare una periodicità precisa nei rapporti intimi di coppia.

Sulla scia dell’accordo prematrimoniale intercorso tra gli attori, che di recente si sono sposati, Jennifer Lopez e Ben Affleck, che prevedrebbe di fare sesso almeno quattro volte alla settimana, diverse coppie si sono chieste se potesse essere valido un contratto prematrimoniale con un numero minimo di rapporti sessuali.

Leggendo questo articolo si potrà scoprire che cosa prevede la legge italiana.

     Indice

  1. La validità dell’impegno a consumare rapporti sessuali
  2. La validità degli accordi prematrimoniali in Italia
  3. La prostituzione

1. La validità dell’impegno a consumare rapporti sessuali

Secondo la legge italiana, ma a dire il vero anche per quella di molti altri Stati, l’impegno a garantire un numero prefissato di rapporti sessuali non ha nessun valore.

La consumazione del matrimonio fa parte dei doveri di marito e moglie e la giurisprudenza ha anche stabilito che i rapporti intimi tra i coniugi vengono annoverati negli obblighi di reciproca assistenza morale tra gli stessi che impone il codice civile.

Sempre stando alla legge, la violazione di simili prescrizioni permette di rivolgersi al giudice per chiedere la separazione con addebito nei confronti dell’ex, al quale non spetteranno gli alimenti.

Un accordo che preveda una periodicità o un impegno prestabilito in merito ai rapporti sessuali è nullo.

Nel diritto del nostro Paese la volontà sessuale deve essere attuale e spontanea, non deve avere natura coercitiva, neanche se dovesse provenire da un impegno precedente che si è scelto di sottoscrivere in modo spontaneo.

I rapporti intimi di una coppia di coniugi, devono scaturire da una libera scelta di quello specifico momento.

Se così non fosse e si dovesse arrivare alle pressioni o ai ricatti, potrebbe anche scattare il reato di violenza sessuale che non richiede per forza una costrizione fisica.

L’illecito penale si potrebbe configurare anche davanti a una pressione di natura psicologica o alla minaccia di doversi separare.

Ad esempio, chiedere all’altro coniuge di avere rapporti intimi quando lo stesso non vuole e rivolgergli la minaccia di andare via di casa per sempre è violenza sessuale.

Allo stesso modo, è violenza sessuale, anche ipotizzare il ricorso al giudice per la separazione con la finalità di attuare una costrizione contro la sua volontà.

Nonostante questo, resta possibile chiedere il divorzio da un coniuge che, sempre e senza un giusto motivo, si sottrae al dovere matrimoniale di avere rapporti intimi.

La comprensione di questo aspetto significa arrivare alla comprensione della differenza che c’è tra il diritto civile e il diritto penale.

In un’ottica civile è possibile chiedere la separazione dal coniuge che si sottrae in determinati contesti dicendo sempre di avere mal di testa, evitando di versargli l’assegno di mantenimento.

In simili casi il matrimonio è finito per causa sua.

In un’ottica penale non si può mai costringere il partner a intrattenere rapporti sessuali, a meno che non si voglia incorrere in una condanna per violenza sessuale.


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2. La validità degli accordi prematrimoniali in Italia

La legge italiana non ammette i contratti prematrimoniali.

Nel nostro Paese non è permesso prendere accordi, in precedenza o durante il matrimonio, stabilendo prima  i doveri matrimoniali o le conseguenze di un eventuale divorzio.

I doveri che derivano dal matrimonio sono fissati dal codice civile e non è possibile attuare una loro personalizzazione.

Sono l’obbligo di fedeltà, di convivenza, di reciproca assistenza morale e materiale, di rispetto e di contribuzione ai doveri della famiglia, per i quali ognuno dei due coniugi, con il lavoro personale o con il proprio stipendio, si deve prendere cura dell’alto coniuge, della casa e dei figli.

Non è neanche possibile stabilire prima quale importo debba avere l’assegno di mantenimento, la destinazione della casa coniugale o l’affidamento dei figli.

Un simile patto avrebbe natura di nullità.

La giurisprudenza, da parte sua, permette un unico accordo, ed è quello relativo all’eventuale rimborso di spese effettuate durante il matrimonio.

Ad esempio, il coniuge che abbia speso una cospicua parte del proprio reddito per ristrutturare la casa dell’altro e che, a questo proposito, gli chieda di firmare uno scritto dove si impegna a  restituirgli, in caso di separazione, il 50% dei soldi.

3. La prostituzione

In Italia la prostituzione non è reato.

Questo però non significa che il contratto con una prostituta abbia validità.

L’impegno, scritto o verbale, non può mai essere portato davanti a un giudice con la finalità di ottenere la sua attuazione.

Questo accade perché gli atti di disposizione del proprio corpo sono contrari alla morale e l’accordo non può essere tutelato davanti a un Tribunale.

La prostituzione è legale, però non si può pensare di difendersi in giudizio se una delle due parti non dovesse adempiere agli impegni presi, come il pagamento del prezzo o l’esecuzione delle prestazioni concordate.

Dott.ssa Concas Alessandra

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