Confprofessioni: Riforma Fornero da rivedere completamente

Redazione 10/05/13
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Anna Costagliola

Insediatosi il nuovo Governo, di fronte alle ipotesi di intervento messe sul tavolo per fronteggiare l’emergenza lavoro, Confprofessioni (Confederazione italiana libere professioni) ha denunciato la necessità, per invertire la drammatica dinamica della disoccupazione giovanile, di una cura choc, azzerando i contributi e riducendo il costo del lavoro per chi crea occupazione vera. Parallelamente occorre intervenire con una profonda revisione di tutto l’impianto della riforma Fornero (L. 92/2012), le cui rigidità, in un periodo di crisi come quello attuale, rischiano di aggravare ulteriormente la situazione occupazionale, soprattutto nelle piccole imprese e negli studi professionali.

Numerosi i punti controversi della legge Fornero segnalati da Confprofessioni. Per la Confederazione le attuali disposizioni sono orientate ad uno scambio tra una minore «rigidità in uscita» e una minore «flessibilità in entrata», che può anche andare bene per le grandi industrie coinvolte nella revisione dell’art. 18 della L. 300/1970 (cd. Statuto dei lavoratori), ma risultano completamente sbilanciate per le imprese di piccole dimensioni, tra cui gli studi professionali.

Tra le ipotesi allo studio del Governo si fa riferimento ai contratti a termine e alla necessità di ridurre per legge gli stacchi temporali. Se sicuramente tale misura costituisce un fatto positivo, tuttavia per Confprofessioni non è questo il punto determinante per il rilancio dell’occupazione. La riforma Fornero ha allungato i tempi di intervallo tra un contratto a termine e l’altro, senza però garantire la stabilizzazione dei lavoratori, aumentando al contrario fenomeni di turnover tra gli stessi, danneggiando proprio quei lavoratori che si volevano proteggere, e quindi producendo fenomeni distorsivi rispetto agli obiettivi della norma. Fortunatamente, la legge ha lasciato aperta la possibilità che i contratti collettivi potessero prevedere, stabilendone le condizioni, la riduzione di tali intervalli di tempo. È sulla base di tale previsione che Confprofessioni insieme alla controparte sindacale ha stipulato un accordo che ha introdotto per i lavoratori del comparto professionale la riduzione dei termini: 20 giorni in caso di contratti di durata inferiore a 6 mesi; 30 giorni in caso di contratti di durata superiore.

Altro terreno di intervento allo studio del Governo è rappresentato dal rafforzamento dell’apprendistato, considerato che il ricorso a questo istituto rappresenta una quota marginale delle nuove assunzioni (2,8%) e sulla base dei dati ministeriali vi è un calo del 3% tra il quarto trimestre 2012 e lo stesso periodo del 2011. Anche su questo punto, pur registrandosi il consenso di Confprofessioni, tuttavia si sottolinea che non basta un semplice restyling dei contratti a termine o dell’apprendistato per uscire dall’emergenza occupazionale, occorrendo, piuttosto una rivisitazione a tutto raggio della L. 92/2012 e l’adozione di misure più incisive idonee ad agevolare le assunzioni.

Dal canto loro anche i giuslavoristi non hanno mancato di stigmatizzare le storture della riforma Fornero, chiedendo, in una lettera inviata ai neo ministri della Giustizia e del Lavoro, l’immediata abolizione del rito Fornero, per l’impugnazione giudiziale dei licenziamenti nell’area di applicazione dell’art. 18 della L. 300/1970, rito considerato inopinato e creatore di gravissime difficoltà al sistema senza benefici effettivi.

 

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