Conformità urbanistica e catastale degli immobili

Redazione 01/12/20
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Conformità urbanistica e catastale

Il tema delle garanzie che il venditore deve prestare al compratore si ricollega al complesso tema della conformità urbanistica e catastale dell’immobile trasferito: in questa sede ci limitiamo ad una sintesi delle prescrizioni di legge per la validità degli atti di trasferimento aventi per oggetto beni o diritti immobiliari. Nei rogiti di compravendita devono sussistere due requisiti, uno di carattere formale e l’altro di carattere sostanziale, per la validità dell’atto. Il requisito formale consiste in varie menzioni prescritte a pena di nullità, che variano in relazione al dato cronologico dell’epoca di costruzione, dovendo essere menzionati gli estremi della licenza edilizia per costruzioni eseguite prima del 30 gennaio 1977, data di entrata in vigore della legge n. 10/1977 c.d. “Legge Bucalossi” che ha introdotto la concessione edilizia in sostituzione della licenza edilizia, della concessione edilizia per costruzioni eseguite dopo il 30 gennaio 1977 e prima del 30 giugno 2003, data di entrata in vigore del T.U. in materia edilizia di cui al d.P.R. n. 380/2001 che introduce il permesso di costruire in sostituzione della concessione edilizia, del permesso di costruire per costruzioni eseguite dal 30 giugno 2003 in poi, ovvero della denuncia di inizio attività per interventi ex art. 22, terzo comma, d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico in materia edilizia) eseguiti dal 30 giugno 2003 e per i quali in alternativa al permesso di costruire si sia fatto ricorso al la D.I.A., nonché per interventi di cui all’art. 1, comma 6, legge n. 443/2001, già soggetti in base alla precedente normativa a concessione edilizia e per i quali tale disposizione consentiva, a scelta dell’interessato, di fare ricorso alla D.I.A.
In caso di costruzione realizzata in assenza di provvedimento autorizzativo, oppure in totale difformità dallo stesso e per la quale sia stata richiesta la sanatoria “straordinaria” (ai sensi della legge n. 47/1985, della legge n. 724/1994 o del d.l. n. 269/2003 e relative leggi regionali di attuazione), ovvero la sanatoria “a regime” (ai sensi dell’art. 13, legge n. 47/1985 in vigore sino al 29 giugno 2003 ovvero dell’art. 36, d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 Testo Unico in materia edilizia in vigore dal 30 giugno 2003), occorre menzionare gli estremi del titolo abilitativo in sanatoria.

Per gli interventi edilizi anteriori al 1° settembre 1967 è valido l’atto nel quale anziché gli estremi della licenza sia riportata o allegata apposita dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà (ai sensi degli artt. 46 ss. T.U. in materia di documentazione amministrativa di cui al d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445) nella quale venga attestato l’avvenuto inizio dei lavori di costruzione in data anteriore al 1° settembre 1967.

Non è invece prescritto a pena di nullità l’obbligo di citare gli estremi di altri provvedimenti edilizi, quali ad esempio l’autorizzazione edilizia, ovvero il titolo abilitativo in sanatoria relativo ad “abusi minori”.

La mancanza nell’atto del requisito formale delle menzioni prescritte dalla legge ne determina la nullità, indipendentemente dalla sussistenza o meno del requisito sostanziale: è sufficiente, infatti, la mancata menzione della avvenuta costruzione in data anteriore al 1° settembre 1967 o degli estremi del provvedimento autorizzativo per determinare la “nullità testuale” dell’atto. È minoritaria, invero, l’opposta teoria della c.d. “nullità virtuale” secondo cui la nullità dell’atto dovrebbe escludersi pur in mancanza delle menzioni prescritte qualora l’immobile sia di per sé stesso commerciabile.

Tale invalidità testuale potrà essere sanata ed il contratto riacquistare validità con un successivo atto di convalida avente la stessa forma del precedente, che contenga ciò che è stato omesso al momento della stipula del contratto.

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Tuttavia, per la validità degli atti non può ritenersi sufficiente il mero requisito formale, ossia la semplice menzione del provvedimento autorizzativo, ma deve ricorrere anche il requisito sostanziale dell’effettiva sussistenza del provvedimento, ovvero dell’effettiva costruzione del fabbricato in data anteriore al 1° settembre 1967, atteso che la funzione della normativa di cui agli artt. 17 e 40, legge n. 47/1985, ed all’art. 46 T.U. è la decisa repressione degli abusi edilizi. L’atto di trasferimento immobiliare, infatti, per essere valido deve avere ad oggetto edifici commerciabili, ossia dotati dei requisiti minimi di regolarità urbanistica senza i quali gli stessi sarebbero “totalmente abusivi” e quindi incommerciabili. Al riguardo, occorre distinguere tra edifici costruiti prima del 1° settembre 1967 ed edifici costruiti dopo tale data.

Nel caso di opere edilizie iniziate in data anteriore al 1° settembre 1967, gli immobili sono considerati sempre commerciabili, indipendentemente dalla verifica che il fabbricato sia stato costruito previo rilascio o in assenza di licenza edilizia oppure in totale difformità da essa, ovvero che siano stati compiuti abusi prima di tale data tali da incidere sulla commerciabilità del fabbricato. L’unica verifica di carattere sostanziale in questo caso riguarda l’epoca di effettiva costruzione, da cui deriva un riconoscimento di regolarità urbanistica ex lege, ai fini della commerciabilità degli immobili.

I provvedimenti autorizzativi

Nel caso di edifici costruiti dopo il 1° settembre 1967 deve trattarsi di fabbricati realizzati sulla base di un progetto debitamente approvato con rilascio dei prescritti provvedimenti autorizzativi, ossia la licenza edilizia, la concessione edilizia o il permesso di costruire a seconda dell’epoca di costruzione, ovvero sulla base di denuncia di inizio attività (nei casi di cui all’art. 22, terzo comma, T.U. in materia edilizia o di cui all’art. 1, comma 6, legge n. 443/2001, nei casi ci si sia avvalsi della D.I.A. in alternativa alla prescritta concessione edilizia).

Bisogna rilevare che l’art. 46, comma 5-bis, del d.P.R. n. 380/2001 (c.d. Testo Unico in materia edilizia), nell’ampliare l’obbligo delle menzioni necessarie ai fini della validità degli atti, ha ricompreso, ai fini della commerciabilità degli immobili, anche agli interventi di ristrutturazione, stabilendo che sono nulli e non possono essere stipulati gli atti notarili aventi per oggetto il trasferimento o la costituzione o lo scioglimento della comunione di diritti reali relativi ad edifici, sui quali siano stati eseguiti interventi edilizi mediante denuncia di inizio attività qualora negli stessi non siano indicati gli estremi della denuncia stessa.

La materia è alquanto complessa e articolata, oggetto di continui approfondimenti e aggiornamenti da parte della dottrina notarile, data l’importanza dei fini della normativa urbanistica di prevenzione e repressione degli abusi edilizi e la gravità delle conseguenze e delle responsabilità per tutti i soggetti coinvolti, notaio compreso, in caso di violazione delle norme.

De iure condito, il rispetto dei requisiti formali e sostanziali della normativa urbanistica è rimesso alle mere dichiarazioni del venditore, recepite dal notaio nei rogiti, senza la garanzia di una preventiva verifica di un tecnico competente della corrispondenza dello stato dei luoghi con i progetti depositati in Comune relativi all’immobile compravenduto. A completamento delle dichiarazioni urbanistiche rese in atto dal venditore ex d.P.R. n. 380/2001 e in assenza di una normativa nazionale è intervenuto il Notariato, emanando apposite prescrizioni deliberate da alcuni Comitati Regionali dei Consigli Notarili sull’opportunità di far predisporre da tecnico incaricato dal venditore un attestato di conformità urbanistica e catastale dell’immobile (ARE). Tale documento viene redatto previo accesso agli atti del Comune e previo sopralluogo nell’immobile, sulla base del confronto fra i progetti depositati e lo stato attuale dell’immobile. Il passo successivo per il Notariato è
la promozione nelle varie Regioni d’Italia di un testo uniforme proposto dai notai e condiviso con i tecnici competenti, per ottenere completezza di informazioni
e omogeneità di trattamento.

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