Il condominio è legittimato ad esercitare l’azione di indebito arricchimento ex art. 2041 c.c. La cronaca e le cause pendenti in tribunale ci raccontano che la vita in condominio è spesso fonte di discussioni, perciò consigliamo questo pratico volume, che fornisce la chiave per la risoluzione dei problemi più comuni: Manuale di sopravvivenza nel condominio
Indice
1. La tabella millesimale
Le spese per il godimento e la manutenzione dei beni comuni vengono suddivise tra i singoli condomini in proporzione al valore dei pani o porzioni di piano.
Le tabelle millesimali esprimono il valore proporzionale tra il valore dei beni comuni condominiali ed il valore delle singole unità immobiliari istanti sui piani ovvero sulle porzioni di piano.
In tal senso, infatti, l’art. 68, disp. att. C.c., stabilisce “…Ove non precisato dal titolo ai sensi dell’articolo 1118, per gli effetti indicati dagli articoli 1123, 1124, 1126 e 1136 del codice, il valore proporzionale di ciascuna unità immobiliare è espresso in millesimi in apposita tabella allegata al regolamento di condominio…”.
Il riferimento della prefata norma alle altre disposizioni normative ivi citate, conferma che la funzione della tabella millesimale è proprio quella di ripartire le spese comuni in proporzione al valore millesimale di ogni singola unità immobiliare.
Eppure, dovremmo domandarci che cosa accadrebbe se la tabella millesimale è errata, nel senso, cioè, che i valori millesimali espressi in via proporzionale tra i beni comuni condominiali e le singole unità immobiliari fossero non conformi al dato reale.
Da questo punto di vista, la legge consente all’assemblea condominiale di poter modificare la tabella millesimale.
L’art. 69, disp. att. C.c., dispone “I valori proporzionali delle singole unità immobiliari espressi nella tabella millesimale di cui all’articolo 68 possono essere rettificati o modificati all’unanimità…”.
Un’alternativa, per il condominio, è quella di rivolgersi al Tribunale, chiedendo al Giudicante, tramite una consulenza tecnica di ufficio, di modificare la errata tabella millesimale. La cronaca e le cause pendenti in tribunale ci raccontano che la vita in condominio è spesso fonte di discussioni, perciò consigliamo questo pratico volume, che fornisce la chiave per la risoluzione dei problemi più comuni: Manuale di sopravvivenza nel condominio
Manuale di sopravvivenza in condominio
La cronaca e le cause pendenti in tribunale ci raccontano che la vita in condominio è spesso fonte di discussioni. L’abuso degli spazi comuni, la suddivisione delle spese, la revoca dell’amministratore, che non risponde mai al telefono, ma anche la convivenza con l’odore di soffritto e il cane del vicino, le spese personali o condominiali?Uno sguardo all’indice ci consente di riconoscere i casi in cui ognuno di noi, almeno una volta nella propria esperienza, si è imbattuto.Questa pratica guida, che nasce dalla lunga esperienza in trincea nel mondo del condominio dell’Autore, non solo come avvocato, ma anche come giornalista, è scritta in modo chiaro e comprensibile a tutti, professionisti e non, amministratori e condòmini, per fornire la chiave per risolvere i problemi più ricorrenti.Luca SantarelliAvvocato cassazionista, giornalista pubblicista, politico e appassionato d’arte. Da sempre cultore del diritto condominiale che ritiene materia da studiare non solo sotto il punto di vista giuridico. Già autore di monografie, dal 2001 firma rubriche nel quotidiano la Nazione del gruppo QN e dal 2022 tiene rubriche radiofoniche per Radio Toscana. Relatore a numerosi convegni nel territorio nazionale, isole comprese.
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2. La sentenza di modifica delle tabelle millesimali del condominio
La tabella millesimale è assai importante all’interno della vita collettiva dell’ente condominiale, in quanto consente la corretta ripartizione delle spese comuni.
Se, quindi, la tabella millesimale fosse errata, le spese condominiali, che assumono la forma di quei bollettini che riceviamo ad intervalli di tempo ben cadenzati in quanti proprietari dell’immobile (salvo quella parte di spese che grava sul conduttore ove il cespite sia meso a reddito), non verrebbero ripartite equamente.
Si potrebbe verificare il caso che alcuni condomini sarebbero chiamati a corrispondere in una misura minore rispetto a quella che dovrebbero corrispondere laddove la tabella millesimale fosse corretta.
Ecco, dunque, il ricorso all’Autorità giudiziaria al fine di ottenere una modifica della tabella millesimale onde consentire, poi, al condominio di ripartire correttamente le spese comuni tra i singoli condomini.
Ora, supponiamo che il Giudice adito accolga la domanda e, pertanto, licenzi una sentenza colla quale dispone la modifica della tabella millesimale, essendone stata rilevata, nel corso del giudizio, la sua erronea formazione.
Dovremmo domandarci, a questo punto, quale efficacia abbia la sentenza del giudice, e, cioè, se essa abbia o meno efficacia retroattiva.
L’effetto costitutivo della sentenza sta ad indicare che con essa il Giudicante costituisce, modifica od estingue situazione giuridiche. In altri termini, con la sentenza di carattere costitutivo, per restare al caso in esame, il Giudicante costituisce una nuova situazione giuridica, prima non esistente, rappresentata dalla nuova tabella millesimale.
La nuova tabella millesimale potrà valere soltanto per la suddivisione delle successive spese condominiali, non avendo il provvedimento in questione efficacia retroattiva ovvero la possibilità di disporre per l’attività pregressa.
E, quindi, cosa fare se, in seguito alla nuova tabella millesimale, il condominio si accorge che alcuni dei suoi partecipanti hanno corrisposto oneri condominiali in misura minore rispetto a quella effettiva risultante dall’applicazione della nuova tabella millesimale.
Il condominio non potrà chiedere ai condomini interessati di integrare quanto non era stato corrisposto sulla base di un’applicazione retroattiva della nuova tabella millesimale.
E ciò in quanto la sentenza costitutiva che ha modificato la tabella millesimale non ha efficacia retroattiva, il che vuol dire che essa non può esser applicata per ricalcolare l’effettivo importo dovuto da quei condomini che hanno corrisposto, fino alla modifica, oneri condominiali in misura minore a quella dovuta.
3. L’azione generale di arricchimento
In soccorso viene l’art. 2041, C.c., che consente al condominio di domandare al Giudicante che il condomino, ove abbia tratto vantaggio dal risparmio di spesa conseguito a causa di una errata ripartizione delle spese comuni, sia condannato a corrispondere un indennizzo al medesimo ente.
Difatti, la prefata norma stabilisce “…Chi, senza una giusta causa, si è arricchito a danno di un’altra persona è tenuto, nei limiti dell’arricchimento a indennizzare quest’ultima della correlativa diminuzione patrimoniale. Qualora l’arricchimento abbia per oggetto una cosa determinata, colui che l’ha ricevuta è tenuto a restituirla in natura, se sussiste al tempo della domanda”.
Il ricorso al termine di indennizzo ci induce a comprendere come tal ristoro sia dovuto in seguito all’esercizio di un’attività lecita, giacché, altrimenti, dovremmo discettare di risarcimento del danno subito per effetto della lesione di un nostro diritto soggettivo, assoluto o relativo che sia. Non siamo, pertanto, navigando nel perimetro dell’area del risarcimento del danno per lesione della legge aquiliana ex art. 2043, C.c.
Si tratta di un istituto giuridico che il legislatore ha posto, nella sistematica del tessuto codicistico, come una sorta di norma di chiusura.
In disparte il risarcimento del danno ingiusto subito ai sensi dell’art. 2041, C.c., quale conseguenza di un illecito civile, anche colui cha abbia subito un pregiudizio patrimoniale quale effetto, tuttavia, di un’attività giuridica lecita, ben può aspirare ad ottenere un indennizzo che lo ristori del pregiudizio patrimoniale subito.
Occorre dar conto che sono due i presupposti per invocare l’operatività della norma in commento.
Primariamente, deve esserci un nesso causale diretto tra il fatto e l’impoverimento di un soggetto da un lato e l’arricchimento dell’altro soggetto dall’altra.
Occorre che vi sia un rapporto diretto tra depauperamento ed arricchimento, onde poter affermare che all’impoverimento della sfera patrimoniale di un soggetto corrisponde direttamente l’arricchimento di quella di un altro soggetto.
Secondariamente, è necessario, altresì, che unico sia il fatto generatore sia dell’impoverimento che dell’arricchimento.
La ratio dell’istituto in rassegna è quella di accordare all’impoverito un indennizzo, quale rimedio restitutorio, laddove lo spostamento di ricchezza in favore dell’arricchito non sia sorretto da una giusta causa (Cass. Civ. Sez. Un. n. 33954 del 5 dicembre 2023).
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4. Il carattere residuale dell’azione ex art. 2041 c.c.
L’azione generale di arricchimento ha un valore residuale, in quanto essa può esser esperita soltanto laddove all’impoverito difetta un altro strumento giuridico per ripristinare la sua sfera giuridico patrimoniale.
Tanto si desume dall’art 2042, C.c., “…Carattere sussidiario dell’azione. L’azione di arricchimento non è proponibile quando il danneggiato può esercitare un’altra azione per farsi indennizzare del pregiudizio subìto.”.
Ecco, quindi, che torna dell’osservazione che abbiam fatto in precedenza circa il carattere sussidiario e di chiusura della norma da ultimo menzionata.
Nella teoria generale negoziale, ogni spostamento di ricchezza deve esser giustificato, nel senso che deve esser sorretto da una giusta causa, che abbia indotto le parti a concludere un accordo sulla base del quale dar luogo, poi, a quello spostamento patrimoniale.
Non essendo questa la sede per dilettarci in merito alla causa concreta (Cfr. Cass. civ. n. 10490/2006), se da una parte vi è un soggetto che consegue un vantaggio patrimoniale senza che esso sia sorretto da alcuna causa, dall’altro ve ne sarà un altro che subisce un depauperamento economico.
Per rimediare a questo squilibrio economico, si offre, qualora ricorrano i predetti requisiti, l’azione generale di arricchimento.
Calando i principi nella fattispecie in scrutinio, è indubbio che il condomino, che ha corrisposto oneri condominiali in misura minore rispetto a quella che avrebbe dovuto corrispondere sulla base della corretta tabella millesimale, ha conseguito un risparmio di spesa, che potremmo valutare come un arricchimento ingiustificato, in quanto privo di una valida causa, a cui corrisponde l’impoverimento del condominio.
Poiché la sentenza costitutiva emessa dal Giudicante, colla quale questi ha modificato la tabella millesimale, non ha carattere retroattivo, altra via non rimane all’impoverito (rectius: condominio), se non quella di domandare che il condomino arricchito sia condannato a corrispondergli un indennizzo ex art. 2041, C.c.
Tale sarà lo strumento giuridico che il condominio dovrà interporre per riequilibrare le proprie casse condominiali.
5. La posizione della giurisprudenza
E tale conclusione collima con l’orientamento della Suprema Corte “…se è vero che non è possibile applicare retroattivamente l’efficacia di una sentenza di revisione o modifica dei valori proporzionali di piano nei casi previsti dall’art. 69 disp. att. cod. civ. (per il principio della natura costitutiva della stessa più volte affermato da questa Corte), è altrettanto vero che a tale evenienza è ben possibile rimediare con altri strumenti che l’ordinamento appresta ed in particolare con quello dell’indebito arricchimento ex art. 2041 cc…”. (Cass. civ., Sez. II, Sentenza n. 4844 del 24 febbraio 2017).
L’orientamento giurisprudenziale appena rassegnato si pone sulla scia di un consolidato indirizzo che anche in passato ebbe l’occasione di poter affermare che “…La modifica delle tabelle di ripartizione delle spese, come già rilevato, non poteva avere efficacia retroattiva: con la ovvia conseguenza che la unica azione esperibile, da parte dei condomini e, per essi, dell’amministratore del condominio, era appunto quella di indebito arricchimento, ex art. 2041 c.c.…”. (Cass. civ., Sez. III, Sentenza n. 5690 del 10 marzo 2011).
Dunque, l’indennizzo posto dall’azione di indebito arricchimento si pone come lo strumento elettivo che consente agli altri condomini e, per essi, all’amministratore del condominio, di poter conseguire un ristoro patrimoniale da parte di quei condomini che, a cagione di un’errata tabella millesimale, emendata, poi, in sede giudiziaria, avevano nell’esercizio ovvero negli esercizi condominiali precedenti conseguito un risparmio di spesa.
L’orientamento giurisprudenziale ora esaminato è stato, di recente, confermato dalla Suprema Corte con l’Ordinanza di cui all’incipit, secondo la quale “… ove il singolo abbia versato, prima della modifica, quote condominiali calcolate sulla base di valori millesimali non rispondenti alla reale valore dell’unità, al risparmio di spesa ottenuto corrisponde un arricchimento indebito con depauperamento della cassa comune in assenza di giustificazione relativamente a somme altrimenti destinate a far fronte ad esigenze dell’intero Condominio, che è, quindi, legittimato ad agire per l’indennizzo ai sensi dell’art. 2041 c.c.…”. (Cass. civ., Sez. II, Ord. n. 23739 del 4 settembre 2024).
6. Conclusioni
La pronuncia in commento ci ha consentito di fare il punto intorno una questione non infrequente nella gestione della vita condominiale.
Il pregiudizio patrimoniale sopportato dalle casse del condominio, a causa di un’inesatta ripartizione delle spese comuni per via di tabelle millesimali errate, può esser reintegrato tramite l’indennizzo che l’arricchito, ossia il condomino che ha conseguito quel risparmio di spesa per effetto di quell’iniqua ripartizione, sarà obbligato a corrispondere per via della generale azione di indebito arricchimento ex art. 2041, C.c.
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