CONDENSA

Redazione 28/08/01
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A cura di Centro Studi ArKivia
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PROFILO TECNICO
tra le principali cause di degrado degli immobili, vi sono i fenomeni legati alla presenza di umidità.
Tali fenomeni hanno tre categorie di cause:
A) INFILTRAZIONI: dovute alla mancanza di continuità tra gli elementi costruttivi destinati al loro contenimento;
B) UMIDITÀ DA RISALITA CAPILLARE: fenomeno legato in prevalenza all’assorbimento di umidità dal suolo da parte di elementi costruttivi porosi;
C) FENOMENI DI CONDENSAZIONE: per capire questo particolare fenomeno è necessario fare delle brevi considerazioni.
Ad ogni valore di temperatura e pressione corrisponde un quantitativo massimo di acqua che può mantenersi allo stato di vapore, in un dato volume di aria. Più elevata è la temperatura dell’aria, maggiore sarà il quantitativo di acqua in forma di vapore che potrà rimanere nell’ambiente, senza dare luogo a fenomeni di condensazione. Inversamente proporzionale è l’influenza della pressione, ma nel caso degli edifici è un elemento che si può trascurare, in quanto all’interno degli edifici essa è uguale alla pressione atmosferica.
Quando una massa di aria calda entra in contatto con una superficie fredda, può accadere che si raggiunga la temperatura di rugiada, ovvero che l’acqua, presente nell’atmosfera, superi la concentrazione massima, a causa della nuova temperatura e che inizi a condensarsi.
Durante l’inverno questo fenomeno può manifestarsi anche su superfici di edifici. Tali fenomeni possono dar luogo a fenomeni di degrado quali, la formazione di muffe, alterazioni di pitture, e nei casi più gravi al distacco dell’intonaco ed alla disgregazione dei muri.
Queste manifestazioni si rendono più frequentemente visibili negli sgabuzzini, poco isolati o esposti alle intemperie, in bagni, lavanderie, cucinini, ed in tutti quegli ambienti di piccole dimensioni, nei quali, per ragioni legate all’uso, l’umidità è più elevata.
Rimedi:
Tali effetti possono essere eliminati attraverso una corretta progettazione degli edifici.
Esistono anche degli strumenti tecnici per la verifica teorica della possibilità della formazione della condensa, sia superficiale che interstiziale. Tale strumento è rappresentato dal diagramma di Glaser, il quale basandosi sulla temperatura e sulla concentrazione di vapore prevedibili, sulle caratteristiche dimensionali e qualitative del paramento, permette di individuare i punti a il più elevato rischio di formazione di condensa.
I parametri su cui si può intervenire per prevenire la formazione della condensazione, invece, sono la temperatura, i valori di umidità e quelli di isolamento.
Innalzando la temperatura interna, infatti, si impedisce che si raggiunga la temperatura di rugiada del manufatto e di conseguenza che si verifichi il fenomeno della condensazione.
Utile è, anche, l’impiego di deumidificatori, la realizzazione di aperture di ventilazione collegate a dispositivi di aspirazione capaci di allontanare, specialmente nei bagni e nelle cucine, i vapori prodotti dalle cucine o dalle docce.
Un rimedio ancora più efficace è l’isolamento dei punti freddi, ma per la sua realizzazione è spesso necessario procedere alla demolizione di elementi edilizi.
Una soluzione tecnica egualmente valida è costituita dalla realizzazione di un “isolamento a cappotto”. In tal caso si procede all’incapsulamento di tutto l’edificio in una cortina di materiale isolante, ma ciò comporta il totale stravolgimento dell’aspetto esterno dell’edificio.

Ø RESPONSABILITÀ’ PER DANNI DERIVANTI DA CONDENSA
La tematica del vizio di condensazione, sebbene interessante, non sembra essere stata oggetto di attenzione da parte della dottrina.
Tra le questioni più rilevanti, dal punto di vista giuridico, vi è quella della responsabilità per la rimozione del vizio. Anche tale aspetto non è stato oggetto di analisi da parte della dottrina, mentre in giurisprudenza emergono orientamenti contrastanti.
In alcune sentenze di merito (sent. Corte d’Appello di Roma del 14 giugno 1983 e del 20 dicembre 1988) si ritiene che il vizio, di cui si discute, debba essere rimosso ad esclusive spese del condomino danneggiato, mediante la posa di strati isolanti al disotto del pavimento ricoperto dal terrazzo condominiale.
In senso contrario si è espressa la Corte di Cassazione, orientata a ritenere responsabile il condominio ex art. 2051, in quanto naturale custode dei beni comuni (Cass. N. 3045, 9 maggio 1988; Cass. N. 3209, 25 marzo 1991; Cass. 11774, 29 ottobre 1992; Cass. N. 6856, 21 giugno 1993).
Poiché, per lo il diritto privato, custode è chi ha l’effettivo potere materiale e fisico sulla res, ovvero l’effettivo potere di disponibilità e padronanza del bene, il condominio è chiamato a rispondere dei danni subiti dal proprietario dell’immobile, ove il fenomeno condensativo si sia manifestato.
Il danno alle unità abitative ha, in tali ipotesi, origine dal difetto di una parte comune dell’edificio ed è pertanto l’amministrazione del condominio a doverla rimuovere in forza del principio neminem laedere. Tale precetto impone, a chiunque detenga una bene, di adottare tutte le misure necessarie per tenerla in buono stato, affinché non arrechi pregiudizio a nessuno.
Qualora il proprietario – custode omette di adottare i necessari provvedimenti atti ad eliminare le componenti vizianti il bene, ne consegue una condotta colpevole ex art. 2051.
La responsabilità della custodia si incardinerebbe nei confronti del condominio, quale ente collettivo preposto alla vigilanza e per esso l’organo amministrativo, qualora tralasci di eliminare gli inconvenienti derivanti dal vizio costruttivo.
Tale principio potrebbe essere esteso a tutte quelle ipotesi di danni, subiti da una porzione di proprietà esclusiva, imputabili all’originario costruttore – venditore.
In tal caso il titolare di detta porzione di proprietà avrà la possibilità di esperire azione risarcitoria contro il condominio (…) in base all’art. 2051, a causa della ricollegabilità di quei danni all’inosservanza, da parte del condominio, dell’obbligo di provvedere, quale custode, ad eliminare le caratteristiche dannose della cosa.
Anche qualora il difetto sia imputabile al fatto del terzo la responsabilità del condominio non è esclusa. Il fatto del terzo riferibile ad un vizio della cosa, inoltre, non integrando mai il caso fortuito previsto dall’art. 2051, ed idoneo ad escludere la responsabilità extracontrattuale del condominio nei confronti dei soggetti danneggiati (Cass. N. 6507, 6/11/86, cit.) .
Resta invece, irrilevante, ai fini della proponibilità di tale domanda, la mancanza di una preventiva richiesta del danneggiato circa un intervento dell’amministratore o dell’assemblea (Così Cass. N. 6507, del 6 novembre 1986 cit.).
Solo nell’ipotesi in cui il fenomeno della condensazione sia ascrivibile alla malconduzione dell’immobile da parte del condomino (insufficiente areazione degli ambienti, collocazione degli stendini all’interno degli ambienti) la risoluzione degli inconvenienti graverà sul condomino.

Redazione

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