Competenza esclusiva e azione revocatoria in materia di insolvenza transfrontaliera. Nota a Corte di Giustizia UE 14 novembre 2018, Wiemer e Trachte GmbH in liquidazione c. Zhan Oved Tadzher, Causa C-296/17

Redazione 26/03/19
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di Lucilla Galanti

Sommario

1. I fatti di causa

2. La conclusione della Corte

3. Coordinamento con le ulteriori disposizioni del Regolamento

4. La regola di competenza per l’azione revocatoria nella nuova disciplina europea

1. I fatti di causa

Corte di Giustizia UE 14 novembre 2018, Wiemer e Trachte GmbH in liquidazione c. Zhan Oved Tadzher, Causa C-296/17

Con la sentenza annotata[1], la Corte di Giustizia dell’Unione Europea interviene sulla regola di competenza giurisdizionale applicabile all’azione revocatoria proposta nell’ambito di una procedura di insolvenza transfrontaliera.

Questi, riassuntivamente, i fatti alla base della pronuncia: nei confronti di una società a responsabilità limitata con sede in Germania ed una controllata iscritta nel registro di commercio bulgaro veniva aperta, davanti al Tribunale di Dortmund (Germania), una procedura di insolvenza. Successivamente, di fronte al Sofiyski gradski sad (Tribunale di Sofia), la società instaurava un procedimento volto a far dichiarare l’inefficacia di alcune operazioni bancarie di pagamento disposte nei confronti di un privato in seguito all’apertura della procedura di insolvenza; il convenuto, però, sollevava eccezione di incompetenza giurisdizionale. Dopo una serie di complicate vicissitudini processuali – che comportavano, dapprima, il rigetto dell’eccezione sia in primo grado sia in appello; poi, la declaratoria di irricevibilità del ricorso proposto alla Corte di cassazione Bulgara, con conseguente passaggio in giudicato della decisione d’appello che aveva riconosciuto la giurisdizione del Tribunale di Sofia; ancora, l’accoglimento nel merito della domanda da parte di tale giudice, con una decisione però in seguito annullata dalla Corte d’appello -, la questione veniva nuovamente portata alla Suprema Corte Bulgara. Quest’ultima, sospeso il procedimento, sottoponeva alcune questioni pregiudiziali alla Corte di Giustizia, chiedendo in particolare se la competenza giurisdizionale dei giudici dello Stato membro nel cui territorio sia stata aperta una procedura di insolvenza ai sensi dell’art. 3, par. 1, del Regolamento (CE) n. 1346/2000[2], per un’azione revocatoria fondata sull’insolvenza, sia da ritenere esclusiva, o se, invece, il curatore possa esercitarla dinanzi ai giudici dello Stato membro nel cui territorio sia situata la sede sociale o il domicilio della controparte, qualora tale azione sia fondata su un atto di disposizione su beni mobili compiuto nell’altro Stato membro.

[1] Si tratta di Corte giust., 14 novembre 2018, Wiemer e Trachte GmbH in liquidazione c. Zhan Oved Tadzher, Causa C-296/17, in eur-lex.europa.eu.

[2] Regolamento (CE) n. 1346/2000 del 29 maggio 2000, relativo alle procedure di insolvenza, in GU L 160, 30 giugno 2000, 1 ss.; oggi sostituito dal Regolamento (UE) 2015/848 del 20 maggio 2015, relativo alle procedure di insolvenza (rifusione), in GU L 141, 5 giugno 2015, 19 ss.

2. La conclusione della Corte

La Corte risponde al quesito statuendo che l’art. 3, par. 1, del Regolamento (CE) n. 1346/2000 «dev’essere interpretato nel senso che la competenza giurisdizionale dei giudici dello Stato membro, sul territorio del quale la procedura di insolvenza è stata avviata, a conoscere di un’azione revocatoria fondata sull’insolvenza e diretta nei confronti di una controparte con sede statutaria o domicilio in un altro Stato membro costituisce una competenza giurisdizionale esclusiva».

Per giungere a tale conclusione, innanzitutto la pronuncia individua il riferimento normativo a cui ricondurre l’azione revocatoria nell’art. 3, par. 1, disposizione in base alla quale sono competenti ad aprire la procedura di insolvenza i giudici dello Stato membro nel cui territorio è situato il centro degli interessi principali del debitore[3]. Richiamando il proprio pregresso orientamento, infatti, la Corte afferma che l’ambito di applicazione della norma non riguarda soltanto la procedura in sé considerata ma anche le azioni che da essa scaturiscono direttamente e che le sono strettamente connesse[4]. Tra siffatte azioni, come precisa la Corte, rientrano anche quelle «revocatorie volte ad incrementare l’attivo dell’impresa sottoposta a procedura fallimentare»[5]; ne consegue pertanto che l’art. 3, par. 1 deve essere interpretato «nel senso che i giudici dello Stato membro nel cui territorio è stata aperta una procedura di insolvenza sono giurisdizionalmente competenti a conoscere dell’azione revocatoria fondata sull’insolvenza e diretta nei confronti di una controparte con sede statutaria in un altro Stato membro»[6].

In secondo luogo, la pronuncia affronta la questione del carattere facoltativo o esclusivo della regola di competenza così individuata, optando per la sua esclusività.

La natura esclusiva della regola di competenza di cui all’art. 3, par. 1 era già stata affermata rispetto all’apertura della procedura di insolvenza, che spetta necessariamente ai giudici dello Stato membro in cui si trova il centro dei principali interessi del debitore[7].

Una volta ricondotta l’azione revocatoria tra quelle direttamente scaturenti dalla procedura e ad essa strettamente connesse, e così sussunta nell’ambito applicativo dell’art. 3, par. 1, potrebbe sembrare conseguenziale estendervi l’esclusività della regola di competenza in esso contenuta; conclusione che, d’altra parte, discende dall’inapplicabilità di una diversa regola di competenza.

In tal senso, la Corte esclude che al curatore sia consentito di adire i giudici dello Stato membro del domicilio della controparte convenuta in revocatoria; ciò che non può verificarsi in applicazione né della generale regola di competenza in materia civile e commerciale, fondata sul criterio del domicilio del convenuto[8], nè di una diversa e specifica disposizione contenuta nel Regolamento (CE) n. 1346/2000.

Sotto il primo profilo, la Corte ribadisce il principio della reciproca autonomia tra il Regolamento in materia di insolvenza transfrontaliera e quello in materia civile e commerciale: il Regolamento (CE) n. 1346/2000 e il Regolamento (CE) n. 44/2001 (c.d. Bruxelles I), infatti, devono essere interpretati in modo da evitare sia sovrapposizioni sia vuoti normativi. Tra tali due sistemi normativi viene in rilievo un principio di non interferenza: le procedure di insolvenza, come pure le azioni direttamente derivanti dalla stessa e strettamente connesse, non rientrano nel campo di applicazione del Regolamento in materia civile e commerciale, e restano disciplinate, dunque, soltanto da quello sull’insolvenza. Ciò vale anche per l’azione revocatoria che scaturisca direttamente da una procedura d’insolvenza e a quest’ultima strettamente connessa: essa ricade nell’ambito di applicazione del Regolamento (CE) n. 1346/2000, con esclusione dal Regolamento (CE) n. 44/2001, e, dunque, dalla regola di competenza prevista all’art. 2, fondata, appunto, sul domicilio del convenuto.

Sotto il secondo profilo, un analogo principio non può desumersi dal Regolamento in materia di insolvenza: esso, infatti, non prevede nessuna norma attributiva della competenza giurisdizionale in materia di revocatoria fondata sul domicilio del convenuto.

In ragione di tali considerazioni, dunque, la Corte perviene a dichiarare che «i giudici dello Stato membro nel cui territorio sia stata avviata la procedura di insolvenza, di cui all’art. 3, par. 1, del Regolamento n. 1346/2000, dispongono della competenza giurisdizionale esclusiva a conoscere delle azioni direttamente scaturenti da detta procedura e ad essa strettamente connesse e, quindi, delle azioni revocatorie fondate sull’insolvenza»[9].

[3] V. il punto 43 della sentenza. Sul COMI, anche in relazione a società controllata, si v. M.A. Lupoi, Conflitti di giurisdizioni e di decisioni nel regolamento sulle procedure d’insolvenza: il caso «Eurofood» e non solo, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 2005, 1393 ss., in part. 1398; S. Bariatti, Il regolamento n. 1346/2000 davanti alla Corte di giustizia: il caso Eurofood, in Riv. dir. proc., 2007, 198 ss., in part. 203; M. Benedettelli, «Centro degli interessi principali» del debitore e forum shopping nella disciplina comunitaria delle procedure di insolvenza transfrontaliera, in Riv. dir. int. priv. e proc., 2004, 499 ss.; P. Catallozzi, Il regolamento europeo e il criterio del COMI (centre of main interests): la parola alla Corte, in Fall., 2006, 1256 ss. Sul tema, si v. E.F. Ricci, Il riconoscimento delle procedure di insolvenza secondo il Regolamento Ce 1346/2000, in Riv. dir. proc., 2004, 394; Id., Le procedure locali previste dal regolamento CE n. 1346/2000, in Giur. comm., 2004, I, 900 ss.; E. Frascaroli Santi, p>, in Dir. fall., 2015, 603 ss.; G. Bongiorno, La tutela dei creditori nella nuova disciplina comunitaria delle procedure di insolvenza, ivi, 2003, 642; F. De Santis, La normativa comunitaria relativa alle procedure di insolvenza transfrontaliere e il diritto processuale interno: dialoghi tra i formanti, ivi, 2004, 91 ss.; R. Caponi, Il regolamento comunitario sulle procedure di insolvenza, in Foro it., 2002, 222 ss.; S. Vincre, Il regolamento CE sulle procedure d’insolvenza e il diritto italiano, in Riv. dir proc., 2004, 213 ss.; A. Falconi – M. Ravidà, Il Regolamento n. 1346/2000 sulle insolvenze transfrontaliere, in S. Scarafoni (a cura di), Il processo civile e la normativa comunitaria, Milanofiori Assago, 2012, 377 ss.; F.M. Mucciarelli, Il Regolamento sulle insolvenze transfrontaliere e la delega italiana sulla crisi d’impresa: riflessioni sul rapporto tra la riforma italiana dell’insolvenza e il diritto dell’Unione Europea, in Riv. dir. soc., 2018, 891; C. Pasini, La relazione della Commissione sull’applicazione del regolamento(Ce) n. 1346 del 2000: prospettive di riforma, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2014, 693 ss., spec. 704; A. Cavalaglio, Spunti in tema di Regolamento comunitario sulle procedure di insolvenza e riforma urgente della legge fallimentare, in Fall., 2003, 237 ss.; L. Fumagalli, Il regolamento comunitario sulle procedure di insolvenza, in Riv. dir. proc., 2001, 678 ss.; L. Daniele, Legge applicabile e diritto uniforme nel regolamento comunitario relativo alle procedure di insolvenza, in Riv. dir. intern. priv. e proc., 2002, 33 ss.

[4] La riconduzione all’art. 3 delle azioni direttamente derivate e strettamente connesse alla procedura si deve alla giurisprudenza della Corte e, in particolare, a Corte giust. 22 febbraio 1979, Henri Gourdain c. Franz Nadler, causa C-133/1978, in Riv. dir. internaz. priv. e proc., 1979, 572 ss.; principio poi ribadito da Corte giust. 12 febbraio 2009, Christopher Seagon c. Deko Marty Belgium NV, causa C-339/07, in Int’lLis, 2009, 65 ss.; Corte giust. 2 luglio 2009, Sct Industri AB i likvidtation c. Alpenblume AB, Causa C-111/08, in Giur. it., 2010, 885 ss.; Corte giust. 4 dicembre 2014, H. c. H. K., C-295/13, in eur-lex.europa.eu. La mancanza dei requisiti della derivazione diretta e della stretta connessione è stata valorizzata, anche in negativo, per sottrarre l’azione dalla disciplina del Regolamento (CE) n. 1346/2000 e ricollocarla entro quella del Regolamento (CE) n. 44/2001: v. sul punto Corte giust., 10 settembre 2009, German Graphics GraphischeMaschinenGmbH c. Alice van derSchee, causa C-292/08, in Riv. dir. internaz. priv. e proc., 2010, 501 ss.; Corte giust. 19 aprile 2012, F-Tex SIA c. Lietuvos-Anglijos UAB «Jadecloud-Vilma», Causa C-213/10, ivi, 2012, 796 ss.

[5] Sul tema, v. M. Fabiani, La comunitarizzazione della revocatoria transnazionale come tentativo di abbandono di criteri di collegamento fondati sull’approccio dogmatico, in Fall., 2004, 376 ss.; Id., La revocatoria fallimentare fra lex concursus e lex contractus nel Reg. CE 1346/2000 , ivi, 2007, 1319 ss.; F. Corsini, Profili transnazionali dell’azione revocatoria fallimentare, Torino, 2010, 20 ss.; Id., Revocatoria fallimentare e giurisdizione nelle fonti comunitarie: la parola passa alla Corte di Giustizia, in Riv. dir. internaz. priv e proc., 2008, 429 ss.; L. Panzani, Azione revocatoria nei confronti dello straniero e giurisdizione del giudice che ha dichiarato il fallimento secondo il diritto comunitario. p>, in Fall., 2008, 394 ss.; S.M. Carbone – M. Cataldo, Azione revocatoria: esercizio della giurisdizione e legge applicabile, in Fall., 2004, 961 ss.; V. Sangiovanni, L’azione revocatoria internazionale fra giurisdizione e legge applicabile, ivi, 2007, 933 ss.; P. Catallozzi, Giurisdizione e legge applicabile nelle revocatorie fallimentari transnazionali, ivi, 2007, 635 ss.; V. Proto, La revocatoria nella normativa CE sulle procedure di insolvenza, in S. Pacchi (a cura di), L’interprete e l’operatore dinanzi alla crisi dell’impresa, Milano, 2001, 162; L. Fumagalli, Atti pregiudizievoli tra sostanza e processo: quale legge regolatrice per la revocatoria fallimentare, in Int’l Lis, 2007, 69 ss.; P. De Cesari, La revocatoria fallimentare tra diritto interno e diritto comunitario, in Riv. dir. int. priv. proc., 2008, 994 ss.; F. Dialti, Giurisdizione in materia di azione revocatoria fallimentare comunitaria, in Dir. comm. int., 2009, 441 ss.

[6] Punto 26. V. nel medesimo senso la già citata sentenza Seagon, ove si è affermato che l’art. 3, par. 1 deve essere interpretato «nel senso che i giudici dello Stato membro sul territorio del quale la procedura di insolvenza è stata avviata sono competenti a statuire su un’azione revocatoria fondata sull’insolvenza e diretta contro un convenuto avente la sua sede statutaria in un altro Stato membro» (punto 28). Nel medesimo senso, v. Corte giust. 16 gennaio 2014, Ralph Schmid c. Lilly Hertel, causa C-328/12, in eur-lex.europa.eu, ove si è affermato che «l’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento deve essere interpretato nel senso che i giudici dello Stato nel territorio del quale è stata aperta la procedura di insolvenza sono competenti a conoscere di un’azione revocatoria fondata sull’insolvenza contro il convenuto non avente il suo domicilio sul territorio di uno Stato membro» (punto 39). Sulle diverse tesi emerse in tema di competenza rispetto all’azione revocatoria, v. M. Farina, La vis attractiva concursus nel Regolamento comunitario sulle procedure di insolvenza, in Fall. 2009, 670; nonché F. Corsini, La Corte di Giustizia «inventa» una (dimezzata) vis attractiva concursus i nternazionale, in Int’lLis, 2009, 66.

[7] Punto 23. Sulla questione, si v. Corte giust. 15 dicembre 2011, Rastelli Davide e C., C-191/10, punto 27, ove si afferma che l’art. 3, n. 1, conferisce, per l’avvio della procedura, «competenza esclusiva ai giudici dello Stato membro sul territorio del quale il debitore ha il centro dei suoi interessi principali». Nel senso che si tratti di una competenza esclusiva, v. già E.F. Ricci, Il riconoscimento delle procedure, cit., 387.

[8] V. il Regolamento (CE) n. 44/2001 del 22 dicembre 2000, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, in GU L 12, 16 gennaio 2001, 1 ss., all’art. 2 co. 1; oggi sostituito dal Regolamento (UE) n. 1215/2012 del 12 dicembre 2012, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (rifusione), in GU L 351, 20 dicembre 2012, 1 ss., che prevede la medesima regola all’art. 4.

[9] Punto 36.

3. Coordinamento con le ulteriori disposizioni del Regolamento

Una diversa conclusione non potrebbe emergere nemmeno da un coordinamento con le altre disposizioni contenute nel Regolamento.

Innanzitutto, in questa direzione non si può porre l’art. 18, il quale al par. 2 prevede che il curatore possa far valere in ogni Stato membro in via giudiziaria o stragiudiziale che un bene mobile è stato trasferito «dal territorio dello Stato di apertura nel territorio di tale altro Stato membro dopo l’apertura della procedura di insolvenza»; precisando altresì che egli possa «anche esercitare ogni azione revocatoria che sia nell’interesse dei creditori»[10]. Tale potere, però, è limitato al curatore che sia stato «designato dal giudice competente ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 2»; di conseguenza, come spiega la Corte, la disposizione può trovare applicazione soltanto se nominato nell’ambito di una procedura secondaria[11].

Né può essere richiamato l’art. 25, che al par. 1 prevede, tra l’altro, l’automatico riconoscimento delle decisioni che derivano direttamente dalla procedura di insolvenza e le sono strettamente connesse, anche se prese da un altro giudice; da tale norma, infatti, non si può trarre un argomento a favore di una giurisdizione internazionale facoltativa per le azioni revocatorie. Al contrario, essa riguarda la sola possibilità che un giudice diverso da quello di apertura, ma pur sempre nella giurisdizione dello Stato membro, possa conoscere di un’azione connessa, sulla base dei criteri di competenza interna; ciò in applicazione di quella che è stata definita come vis attractiva dimidiata, in virtù della quale, nell’ambito dell’unica giurisdizione dello Stato di apertura, potranno trovare applicazione le regole di competenza nazionali, tra le quali solo eventualmente sarà fissato un principio di accentramento delle azioni derivate dall’insolvenza davanti ad un unico giudice concorsuale, analogamente a quanto previsto nell’ordinamento interno[12].

[10] Sui problemi di coordinamento tra proposizione dell’azione revocatoria e art. 18, v. M. Fabiani, La comunitarizzazione della revocatoria, cit., 380; F. Corsini, La Corte di Giustizia «inventa», cit. 68; nonché S.M. Carbone – M. Cataldo, Azione revocatoria, cit., 32-33.

[11] Ciò che si giustifica in quanto i poteri del curatore, nell’ambito di una procedura secondaria, sono limitati territorialmente, con riferimento ai beni del debitore situati nel territorio dello Stato membro in cui è stata aperta; di conseguenza, il curatore deve disporre della possibilità di proporre un’azione revocatoria in un diverso Stato membro nel caso in cui vi siano trasferite le merci che ne sono oggetto successivamente all’apertura (punto 40).

[12] L’art. 3 è infatti stato inteso come introduttivo di una vis attractiva concursus, idonea ad attrarre al foro di apertura le controversie ancillari (anche se nel suo dato letterale si riferisca soltanto all’apertura della procedura), ma soltanto dimidiata: essa non comporta automaticamente la competenza dell’unico giudice preposto alla procedura di insolvenza, ma, una volta individuato il giudice dotato di competenza giurisdizionale, la regola di competenza applicabile si troverà a dipendere dalla normativa processuale nazionale. Di conseguenza, solo in presenza di una norma specifica sarà applicabile un principio di attrazione vera e propria, come era previsto dall’art. 24 l.fall., e quale si configura, ora, quello dettato dall’art. 32, co. 1, d.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 (codice della crisi e dell’insolvenza), ai sensi del quale il tribunale che ha aperto le procedure di liquidazione è competente a conoscere di tutte le azioni che ne derivano, qualunque ne sia il valore. Sulla vis attractiva si v. M. Farina, La vis attractiva concursus, cit., 673; A. Castagnola, Regolamento CE 1346/2000 e vis attractiva concursus: verso un’universalità meno limitata?, in Riv. dir. proc., 2010, 925; nonché, se si vuole, L. Galanti, Il problematico inquadramento delle «azioni strumentali» ad una procedura di insolvenza transfrontaliera: ambito di applicazione del Regolamento (CE) n. 1346/2000 alla luce della riforma attuata con il Regolamento (UE) n. 848/2015, in Dir. fall., 2016, II, 164, anche per ulteriori riferimenti.

4. La regola di competenza per l’azione revocatoria nella nuova disciplina europea

Ci si potrebbe chiedere se tali conclusioni siano destinate a trovare conferma alla luce degli strumenti normativi attualmente in vigore: con riferimento, cioè, al Regolamento (UE) n. 848/2015 in materia di insolvenza transfrontaliera, nel suo rapporto con il Regolamento (UE) n. 1215/2012 in materia civile e commerciale (c.d. Bruxelles I bis).

A tal proposito si può affermare come, da un lato, l’ambito di applicazione di tali Regolamenti ricalchi quello dei Regolamenti pregressi. Il Regolamento Bruxelles I bis, infatti, si configura come generale strumento in materia civile e commerciale, dal quale resta però escluso, in senso confermativo al sistema precedente, il settore concorsuale; le procedure di insolvenza (e, in aggiunta, quelle di pre-insolvenza), quindi, sono da ricondurre integralmente all’ambito applicativo del Regolamento (UE) n. 848/2015. Dall’altro, il nuovo Regolamento sull’insolvenza ha introdotto una disciplina espressa sulla competenza per le azioni che derivano direttamente dalla procedura d’insolvenza e che vi si inseriscono strettamente. Recependo i risultati già raggiunti dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia, infatti, tali azioni sono attribuite ai giudici dello Stato membro di apertura della procedura principale; inoltre, si specifica che tale disciplina si estende anche alle azioni revocatorie. L’art. 6 prevede infatti al par. 1 che i giudici dello Stato membro nel cui territorio è aperta una procedura d’insolvenza ai sensi dell’art. 3 sono competenti a conoscere delle azioni che derivano direttamente dalla procedura e che vi si inseriscono strettamente, come le azioni revocatorie. Queste ultime, dunque, sono espressamente incluse tra le azioni che, in quanto ritenute inscindibilmente congiunte alla procedura di insolvenza e ad essa ancillari, sono sottoposte ad una regola di competenza giurisdizionale unitaria[13].

La conclusione non cambia anche prendendo in considerazione i poteri di cui è investito il curatore, tra i quali si trova pure quello di proporre un’azione revocatoria in un altro Stato membro: l’art. 21, par. 2 prevede infatti che l’amministratore delle procedure di insolvenza possa agire in via giudiziaria o stragiudiziale, in un altro Stato membro, avverso il trasferimento di un bene mobile dal territorio dello Stato di apertura e può anche esercitare ogni azione revocatoria che sia nell’interesse dei creditori. Nel nuovo Regolamento, però, analogamente alla disciplina pregressa, tale potere è riservato all’amministratore «designato dal giudice competente ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 2», e, dunque, nell’ambito di una procedura di insolvenza secondaria.

Su tali basi, sembra che il ragionamento seguito dalla Corte, benchè riferito al precedente Regolamento sull’insolvenza, possa mantenere la propria validità e trovare applicazione anche con riferimento alla nuova disciplina.

[13] Analogamente, al cons. 35 si prevede che i giudici dello Stato membro nel cui territorio è aperta la procedura di insolvenza dovrebbero essere competenti a conoscere anche delle azioni che derivano direttamente dalla procedura e che vi si inseriscono strettamente; azioni che dovrebbero comprendere anche le revocatorie contro convenuti in altri Stati membri. Sulla disciplina della competenza in materia di revocatoria nel nuovo Regolamento, v. L. Boggio, La revocatoria ordinaria nell’insolvenza internazionale nell’evolversi del diritto UE, in Giur. it., 2017, 2141; Id., Certezza dei traffici e limiti al law shopping : la revocatoria fallimentare nel diritto UE, in Giur. it., 2016, 2421.

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