Come si possono sanare gli interventi soggetti a SCIA?

Redazione 11/02/16
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La sanatoria degli interventi soggetti a SCIA presuppone che si sia in presenza di attività edilizia abusiva. Quando si fa riferimento alla realizzazione di interventi edilizi occorre innanzitutto chiarire quale sia il livello minimo di attività che, finalizzata ad attività edificatoria, consente di ritenere già sussistente l’attività edilizia abusiva da sanare.

Negli orientamenti giurisprudenziali è dato leggere che anche un’attività minimale, purché inequivocamente diretta alla realizzazione di un’opera edile, configura la realizzazione di un intervento in assenza di titolo abilitativo e l’abuso (penale e/o amministrativo) anche se le opere realizzate sono solo quelle prodromiche all’attività stessa (es. lavori di scavo e predisposizione di casseri d’armatura, ecc.).

Si è altresì affermato che la realizzazione di un intervento in difformità dal titolo abilitativo non presuppone necessariamente il completamento dell’opera, ma è configurabile anche nel caso di interventi edilizi in corso di esecuzione, in quanto la difformità può risultare palese durante l’esecuzione dei lavori allorché dalle opere già compiute risulti evidente la realizzazione di un organismo diverso da quello assentito.

Per quanto attiene al tema dell’assenza del titolo abilitativo occorre ricordare che con esso si intende richiamare un atto formale completo di tutti i suoi elementi non essendo questo sostituibile per equipollenti come, per esempio, da dichiarazioni verbali rilasciate dagli organi comunali o da pareri interlocutori favorevoli.

Per gli interventi edilizi eseguiti in assenza o in difformità dalla segnalazione certificata di inizio attività è prevista la sanzione pecuniaria pari al doppio dell’aumento del valore venale dell’immobile conseguente alla realizzazione degli interventi stessi e comunque in misura non inferiore a 516 euro.

Quando le opere realizzate in assenza di SCIA consistono in interventi di restauro e di risanamento conservativo, di cui alla lettera c) dell’articolo 3 del TU 380/2001, eseguiti su immobili comunque vincolati in base a leggi statali e regionali, nonché dalle altre norme urbanistiche vigenti, l’autorità competente a vigilare sull’osservanza del vincolo, salva l’applicazione di altre misure e sanzioni previste da norme vigenti, può ordinare la restituzione in pristino a cura e spese del responsabile ed irroga una sanzione pecuniaria da 516 a 10.329 euro.

Qualora gli interventi sono eseguiti su immobili, anche non vincolati, compresi nel centro storico (zone indicate nella lettera A dell’articolo 2 del d.m. 2 aprile 1968), il dirigente o il responsabile dell’ufficio richiede al Ministero per i beni e le attività culturali apposito parere vincolante circa la restituzione in pristino o la irrogazione della sanzione pecuniaria da 516 a 10.329 euro.

Se il parere non viene reso entro sessanta giorni dalla richiesta, il dirigente o il responsabile dell’ufficio provvede autonomamente. In tali casi non trova applicazione la sanzione pecuniaria da 516 a 10.329 euro.

Così come per il “permesso in sanatoria” anche per la SCIA è prevista la possibilità di sanare l’intervento eseguito in assenza o in difformità dal titolo abilitativo.

Nell’ipotesi di accertata assenza o difformità dalla SCIA l’art. 37, comma 4 prevede che se l’intervento realizzato risulta conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dell’intervento, sia al momento della presentazione della domanda (c.d. doppia conformità), il responsabile dell’abuso o il proprietario dell’immobile possono ottenere la sanatoria dell’intervento versando la somma, non superiore a 5.164 euro e non inferiore a 516 euro, stabilita dal responsabile del procedimento in relazione all’aumento di valore dell’immobile valutato dall’Agenzia del territorio. Inoltre, il medesimo articolo al comma 5 prevede che la possibilità di effettuare spontaneamente la segnalazione certificata di inizio attività quando l’intervento è in corso di esecuzione (e non ancora oggetto di contestazione da parte del competente ufficio comunale), comporta il pagamento, a titolo di sanzione, della somma di 516 euro.

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