Come funzionano i contratti di convivenza?

Redazione 07/11/16
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I conviventi di fatto, eterosessuali e omosessuali, hanno diritto a  un documento ufficiale che disciplini la residenza, i rapporti patrimoniali e la ripartizione delle spese della loro vita di coppia: il contratto di convivenza. Grazie a tale contratto, introdotto dalla Legge n. 76/2016 o Legge Cirinnà, i conviventi di fatto regolarmente registrati possono godere di maggiore tutela economica e optare per la comunione dei beni.

Vediamo allora come funzionano i contratti di convivenza.

 

Chi sono i conviventi di fatto?

I conviventi di fatto, come stabilito dalla legge, sono due persone maggiorenni “unite stabilmente da legami affettivi di coppia” e “reciproca assistenza morale e materiale”, non vincolate da rapporti di parentela, matrimonio o unione civile. Non ha importanza se i due conviventi appartengano allo stesso sesso o meno.

Con la Legge Cirinnà ai conviventi di fatto, a prescindere dalla sottoscrizione del contratto di convivenza, viene riconosciuto il diritto reciproco di visita, assistenza e accesso alle informazioni personali in caso di malattia, la possibilità di nominare il partner proprio rappresentante e il diritto di continuare a vivere nella casa di residenza dopo l’eventuale decesso del convivente proprietario dell’immobile.

Il convivente superstite può continuare ad abitare nella casa per un periodo minimo di due anni e massimo di cinque, e per non meno di tre anni se vive assieme a figli minorenni o disabili.

 

Cosa sono i contratti di convivenza?

I contratti di convivenza, come la regolamentazione generale delle convivenze di fatto e l’introduzione delle unioni civili per persone dello stesso sesso, sono entrati in vigore il 5 giugno 2016 grazie alla Legge Cirinnà.

I contratti di convivenza sono disciplinati dagli commi 50-63 della Legge Cirinnà. Il comma 50, in particolare, stabilisce che con la sottoscrizione del contratto i conviventi di fatto possono “disciplinare i rapporti patrimoniali relativi alla loro vita in comune”. I conviventi non sono obbligati a stipulare il contratto, ma il documento permette loro di stabilire delle regole che saranno ufficialmente riconosciute a loro tutela.

 

Cosa si può decidere con i contratti di convivenza?

Il contratto di convivenza può contenere indicazioni relative al luogo di residenza dei conviventi, alle loro modalità di contribuzione alle necessità della vita in comune, “in relazione alle sostanze di ciascuno”, e all’eventuale regime patrimoniale di comunione dei beni.

Il regime di comunione dei beni è instaurato solo sotto specifica richiesta dei conviventi: diversamente, la coppia vive in separazione dei beni. Il regime patrimoniale scelto può in ogni caso essere cambiato dai conviventi in qualsiasi momento.

Il contratto di convivenza “non può essere sottoposto a termine o condizione“. Non può dunque essere rescisso “per contratto” al verificarsi di un particolare evento o al termine di un certo periodo di tempo. Per sciogliere il contratto è necessaria l’esplicita richiesta di almeno uno dei due conviventi.

 

Come si possono sciogliere i contratti di convivenza?

I contratti di convivenza, che devono essere stipulati necessariamente per iscritto, possono essere sciolti sia per accordo delle parti che per recesso unilaterale. Il contratto di convivenza inoltre cessa di avere effetto in caso di matrimonio (tra coppie eterosessuali) o unione civile (tra coppie omosessuali) dei due conviventi tra di loro o con una persona terza.

Redazione

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