La recente ordinanza n. 30454 del 18 novembre 2025 della Corte di Cassazione affronta un tema di grande interesse pratico per avvocati e contribuenti: il criterio corretto per determinare la “soccombenza” ai fini della definizione agevolata delle liti pendenti, prevista dall’art. 6 del d.l. 119/2018. Il caso offre l’occasione per chiarire quali elementi dell’atto impositivo rilevino davvero nel calcolo dell’importo dovuto quando la controversia giunge in Cassazione dopo che, nel corso dei giudizi di merito, alcune riprese fiscali sono divenute definitive. Per aiutare i professionisti, abbiamo pubblicato il “Formulario commentato del nuovo processo civile – Aggiornato ai correttivi Cartabia e mediazione” di Lucilla Nigro offre un supporto pratico e operativo per affrontare ogni fase del contenzioso civile, acquistabile su Shop Maggioli e su Amazon, e il nuovissimo Codice di procedura Civile – Aggiornato a Legge AI e Conversione del decreto giustizia, disponibile su Shop Maggioli e su Amazon
Indice
1. Il contesto normativo e il nodo interpretativo
La definizione agevolata delle controversie pendenti consente al contribuente di chiudere il giudizio versando una percentuale ridotta del valore della lite, percentuale che varia in base all’esito dei precedenti gradi di giudizio. Il legislatore, tuttavia, non chiarisce espressamente come debba essere individuata la soccombenza quando l’atto impositivo oggetto del processo contiene più riprese fiscali e alcune di esse non sono più in discussione perché coperte da giudicato interno.
Il problema nasce soprattutto nei casi in cui una parte delle riprese sia stata accolta o rigettata dalle commissioni tributarie e, successivamente, non sia stata oggetto di impugnazione. In tali ipotesi ci si domanda se tali elementi, ormai definiti, debbano comunque essere considerati nel calcolo della percentuale dovuta ai fini della definizione. Per aiutare i professionisti, abbiamo pubblicato il “Formulario commentato del nuovo processo civile – Aggiornato ai correttivi Cartabia e mediazione” di Lucilla Nigro offre un supporto pratico e operativo per affrontare ogni fase del contenzioso civile, acquistabile su Shop Maggioli e su Amazon, e il nuovissimo Codice di procedura Civile – Aggiornato a Legge AI e Conversione del decreto giustizia, disponibile su Shop Maggioli e su Amazon
2. La vicenda processuale: un atto impositivo “a più strati”
Il caso esaminato dalla Cassazione riguarda un avviso di accertamento articolato in tre distinte riprese:
- la deducibilità del trattamento di fine mandato (TFM) degli amministratori;
- costi per provvigioni;
- recupero a fini IRAP.
In primo grado il ricorso della società era stato accolto in parte: annullate le riprese sul TFM e sui costi provvigionali, confermata invece quella sull’IRAP. L’Agenzia delle Entrate impugnava solo le statuizioni a lei sfavorevoli, mentre la società non proponeva appello sulla ripresa IRAP, che così diventava definitiva a seguito dell’acquiescenza e del pagamento dell’importo dovuto.
La Commissione regionale confermava integralmente la decisione di primo grado sulle riprese ancora contestate (TFM e provvigioni). A questo punto l’Agenzia ricorreva in Cassazione, ma nel frattempo la società presentava domanda di definizione agevolata ritenendo che, essendo l’Ufficio risultato soccombente in entrambi i gradi sul TFM, fosse dovuta la misura agevolata del 5% prevista dall’art. 6, comma 2-ter.
L’Agenzia delle Entrate respingeva però la domanda, sostenendo che la sua vittoria in primo grado sulla ripresa IRAP – ancorché ormai definitiva – dovesse essere considerata ai fini del calcolo, così da portare l’importo dovuto al 15%.
3. Il ragionamento della Corte: la lite pendente come “perimetro mobile”
La Cassazione ribalta l’impostazione dell’Agenzia, affermando con chiarezza che la valutazione della soccombenza va effettuata esclusivamente con riferimento alla parte dell’atto impositivo ancora effettivamente in contestazione.
Tutto ciò che è stato definito in via definitiva – sia per giudicato interno, sia per acquiescenza, sia per pagamento spontaneo – esce dal perimetro della lite pendente e non può influenzare la determinazione dell’importo dovuto.
La Corte precisa che l’oggetto del giudizio in Cassazione coincide solo con la parte dell’atto che continua a essere controversa. Di conseguenza, anche il criterio della soccombenza deve essere ricostruito in relazione alla sola ripresa ancora sub judice.
Il principio di diritto formulato è chiaro:
una controversia può essere definita con il pagamento del 5% quando, limitatamente all’unica ripresa ancora pendente, l’Amministrazione sia stata soccombente sia in primo sia in secondo grado.
Applicando questo criterio al caso concreto, l’unica ripresa residua era quella relativa al TFM, rispetto alla quale l’Ufficio era stato integralmente soccombente. La percentuale del 5% versata dalla società risultava dunque corretta.
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4. Implicazioni pratiche
La decisione rappresenta un importante punto fermo per la prassi applicativa:
- la definizione agevolata richiede un approccio selettivo, centrato sulla porzione dell’atto impositivo ancora effettivamente oggetto del giudizio;
- le riprese definitive non influenzano il calcolo della soccombenza;
- l’Amministrazione non può valorizzare a proprio vantaggio decisioni relative a parti dell’atto ormai sottratte al vaglio della Cassazione.
L’ordinanza, quindi, offre una lettura coerente con la ratio deflattiva dell’istituto e contribuisce a ridurre incertezze interpretative che, nella pratica, avevano generato contrasti.
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