Una recentissima sentenza della Suprema Corte (C. Cass., Sezione Lavoro – sentenza 16 gennaio 2013, n. 894) conferma e rafforza il principio per cui la provvigione spetta all’agente anche se il rapporto con la preponente è cessato da tempo, nel caso di specie nel 2001.
Più nel dettaglio, la Corte ha ritenuto che l’agente di commercio abbia diritto alle provvigioni calcolate sugli acquisti effettuati dai clienti con le carte di fidelizzazione per la vendita di carburante da lui vendute fino alla loro scadenza, se la loro durata è ragionevole e anche successivamente alla cessazione del rapporto.
Non è stata dunque accolta la tesi della multinazionale ricorrente, secondo la quale il termine biennale della carte di fidelizzazione vendute grazie all’attività di promozione dell’agente non fosse ragionevole ai sensi dell’art. 1748 c.c. e che le vendite di carburante effettuate successivamente alla risoluzione del rapporto non fossero comunque da imputarsi alla prestazione del lavoratore resistente.
Del resto, è lo stesso art. 1748, comma 3, cod. civ. a specificare che “L’agente ha diritto alla provvigione sugli affari conclusi dopo la data di scioglimento del contratto se la proposta è pervenuta al preponente o all’agente in data antecedente o gli affari sono conclusi entro un termine ragionevole dalla data di scioglimento del contratto e la conclusione è da ricondurre prevalentemente all’attività da lui svolta; in tali casi la provvigione è dovuta solo all’agente precedente, salvo che da specifiche circostanze risulti equo ripartire la provvigione tra gli agenti intervenuti”.
Pertanto, anche a distanza di mesi o di anni, è diritto dell’agente chiedere alla mandante la corresponsione delle provvigioni maturate nonché delle relative quote di indennità di fine rapporto (in particolare, l’indennità cd. europea ex art. 1751 c.c., o, in subordine, l’indennità suppletiva di clientela prevista dagli A.E.C. di settore, nonché la quota corrispondente di indennità di mancato preavviso, tutte calcolate ponendo il monte provvigionale come base di calcolo).
Il suddetto diritto è tuttavia condizionato al rispetto di un termine di prescrizione.
La giurisprudenza conferma che il diritto al pagamento delle provvigioni (il quale si prescrive nel termine di cinque anni, come previsto dall’art. 2948, n. 4, c.c.) decorre dalla scadenza del termine ultimo per il pagamento delle provvigioni da parte della preponente e non dal termine del rapporto d’agenzia. Infatti, la sospensione della prescrizione durante il decorso del rapporto di lavoro si riferisce solo alla retribuzione del lavoratore dipendente, che gode della speciale garanzia derivante dall’art. 36 Cost., e non è pertanto applicabile alle provvigioni spettanti all’agente.
Differente è invece il termine di prescrizione relativo all’indennità suppletiva di clientela e all’indennità sostitutiva del preavviso, da considerarsi decennale, non essendo esse previste nell’art. 2498 c.c..
Ancora diverso è il termine per rivendicare il pagamento dell’indennità ex art. 1751 c.c., poiché tale norma dispone che “L’agente decade dal diritto all’indennità prevista dal presente articolo se, nel termine di un anno dallo scioglimento del rapporto, omette di comunicare al preponente l’intenzione di far valere i propri diritti”.
Un’ultima considerazione, sempre con riguardo alla disciplina di pagamento delle provvigioni: in seguito alla novella del 1999, apportata con il D. Lgs. n. 65/1999 attuativo della Direttiva CE in materia di agenzia, è stato riconosciuto lo sganciamento del diritto alla provvigione dal “buon fine” dell’affare.
In buona sostanza, il fatto costitutivo della provvigione è la conclusione del contratto tra preponente e cliente (cfr. art. 1748, c. 1, c.c.). Ciò genera non una semplice aspettativa, come nella disciplina precedente, ma un diritto di credito vero e proprio, anche se non ancora esigibile, diritto che può essere ceduto e che può essere insinuato al passivo del fallimento della preponente.
Condizione di esigibilità è, invece, l’esecuzione del contratto da parte del preponente: la provvigione è esigibile nel momento e nella misura in cui la preponente ha eseguito o avrebbe dovuto eseguire la prestazione (cfr. art. 1748, c. 4, c.c.). Non è quindi più necessaria la prova del buon fine dell’affare e cioè, in sostanza, dal pagamento del prezzo da parte del cliente.
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