Brevissime note sull’edificazione nella fascia di 150 metri dalla battigia

Redazione 30/10/01
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di Ettore Leotta, Consigliere del TAR Catania

Con recentissima sentenza n.524 del 25 marzo 1997 il TAR Catania – Sezione II – si è nuovamente occupato della ben nota vicenda dell’edificazione nella fascia di 150 metri dalla battigia.
Il Tribunale, richiamata tutta la normativa che si è succeduta nel tempo (dal 1976 al 1994), ha ritenuto che il vincolo di arretramento dalle coste del mare è operante sin dal giungo 1976, sia pure con diverse modalita’, analiticamente individuate dall’organo giudicante, che ha differenziato, con riferimento alla data di entrata in vigore della L.R. n.78/1976:
– i Comuni muniti di P.R.G.;
– i Comuni muniti di P.d.F.;
– i Comuni privi di strumento urbanistico generale.
La decisione predetta evidenzia che, eccezion fatta per le costruzioni poste in essere nei Comuni forniti di pianificazione urbanistica, tutti gli edifici realizzati dal giugno 1976 nella fascia di arretramento dalla battigia sono stati costruiti in violazione dell’art. 15, comma I°, lettera a), della L.R. 12 giugno 1976 n.78, onde, allo stato, essi non possono essere sanati, per come prescritto dall’art. 23 della L.R. 10 agosto 1985 n. 37.
Lo scempio delle coste della Sicilia è davanti agli occhi di tutti: il fenomeno ha raggiunto proporzioni talmente imponenti da diventare praticamente irreversibile. Sembra infatti inimmaginabile che decine di migliaia di costruzioni costiere realizzate abusivamente (con l’impiego di notevolissime risorse economiche) possano essere demolite.
Tuttavia il Legislatore regionale non puo’ ignorare il fenomeno e mantenere una posizione di sostanziale inerzia, che non giova nè agli abusivi, nè all’intera collettività.
Sarebbe pertanto auspicabile un oculato intervento normativo, volto a consentire la sanatoria delle costruzioni in questione, previa redazione da parte dei Comuni di adeguati piani di recupero (da approvare ed attuare mediante procedure semplificate) diretti a:
1) salvaguardare gli accessi al mare, mediante acquisizione e demolizione delle strutture abusive che li intercludono;
2) garantire in vicinanza della costa adeguate aree libere, da destinare a parcheggio;
3) acquisire e demolire gli edifici che costituiscono un gravissimo danno al paesaggio non altrimenti evitabile;
4) demolire le costruzioni, ove troppo vicine alla linea di costa;
5) realizzare un’adeguata viabilità delle zone costiere.
Gli interventi previsti dai piani di recupero ben potrebbero essere finanziati dagli stessi abusivi mediate il pagamento, a titolo di oblazione, di somme rapportate al valore reale degli immobili da sanare (e quindi ben più consistenti di quelle richieste con le precedenti leggi di sanatoria), da vincolare alla realizzazione delle opere prima indicate.
Tale soluzione troverebbe adeguata giustificazione nel fatto che le costruzioni poste in vicinanza del mare hanno un valore di mercato sicuramente più elevato proprio in dipendenza della loro collocazione spaziale, per cui sarebbe veramente ingiusto consentire la sanatoria edilizia con il pagamento di un’oblazione pari a quella prevista per gli edifici situati lontano dalla costa.
Solo con un’operazione di tal genere potrebbe finalmente essere avviato il riordino delle zone costiere, a vantaggio dell’intera collettività e del turismo, che è la vera risorsa dell’Isola, ed il mare di Sicilia potrebbe tornare ad essere veramente un bene di tutti.
Catania, 1 Aprile 1997
Ettore Leotta

Redazione

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