Assegno di divorzio e contributo dell’ex coniuge alla famiglia

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La Suprema Corte di Cassazione, con sentenza 11 luglio 2018, n. 18287, ha deciso che da adesso in avanti, il metodo per concedere o non concedere il benefit dell’assegno di divorzio, andrà valutato in diverso modo.

Il diritto di famiglia viene rivoluzionato, non verranno più penalizzate le donne che avevano contribuito alla crescita del nucleo familiare, magari non attraverso il loro reddito. In questo modo saranno diversi i fattori da considerare, a seconda dei casi.

L’obiettivo è quello di abbandonare la giurisprudenza che per decenni ha concesso indistintamente l’assegno, dando un peso notevole al parametro del tenore di vita. Allo stesso tempo, non si deve cadere nell’eccesso contrario, quello al quale rischiava di portare la sentenza Grilli, escludendo in modo definitivo il metodo del tenore di vita durante il matrimonio.

A maggio dello scorso anno, la Suprema Corte aveva respinto il ricorso della moglie dell’ex ministro dell’Economia Vittorio Grilli alla quale quattro anni fa la Corte di Appello di Milano aveva negato l’assegno di divorzio. Una sentenza con la quale la Cassazione rivoluzionava il diritto di famiglia, stabilendo che l’assegno andava calcolato sulla base del metodo di autosufficienza e non sul “tenore di vita matrimoniale”, metodo in vigore dal 1990.

Dopo il divorzio, i due ex partner dovevano essere considerati come single,  penalizzando le donne che avevano contribuito alla crescita della famiglia, magari non attraverso il loro reddito. In Italia sono molte le donne che scelgono di occuparsi della casa e dei figli, non facendo pesare sul bilancio le spese per baby sitter e collaboratrici domestiche, dando allo stesso tempo, la possibilità al coniuge di concentrarsi sulla sua realizzazione professionale e fare carriera. A matrimonio finito, con la sentenza Grilli ci si dimenticava e queste donne rischiavano di doversi trovare un lavoro alla soglia dei sessantanni.

Con la sentenza 18287/2018, attesa da alcuni mesi e depositata alcuni giorni fa, le Sezione Unite civili della Corte di Cassazione hanno stabilito che l’assegno di divorzio ha funzione “assistenziale, compensativa e perequativa”.

I togati hanno precisato alcuni aspetti. Secondo loro ai fini del riconoscimento dell’assegno, “si deve adottare un metodo composito, che, alla luce della valutazione comparativa delle rispettive condizioni economiche e patrimoniali, dia particolare rilievo al contributo fornito dall’ex coniuge richiedente alla formazione del patrimonio comune e personale”.

La decisione tende a rafforzare la posizione dell’ex coniuge che ha contribuito in qualche modo alla formazione del patrimonio familiare e anche alla ricchezza dell’altro. I parametri sull’entità del mantenimento saranno sulla durata del matrimonio, potenzialità reddituali future ed età.

Sempre secondo i giudici, il parametro indicato si fonda sui principi costituzionali di pari dignità e di solidarietà che fanno parte dell’unione matrimoniale anche dopo lo scioglimento del vincolo”. A conferma di questo indirizzo, la sentenza sottolinea che il contributo fornito alla conduzione della vita familiare costituisce il frutto di decisioni comuni di entrambi i coniugi, libere e responsabili, “che possono incidere anche profondamente sul profilo economico patrimoniale di ognuno di essi dopo la fine dell’unione matrimoniale”. La sentenza 18287/2018, sembra essere destinata a riaprire diversi casi.

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Aggiornato alla recentissima sentenza della Corte di Cassazione, Sezioni Unite civili, n. 18287 dell’11 luglio 2018

 

Dott.ssa Concas Alessandra

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