Assegno divorzile e patrimonio degli ex coniugi

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La Suprema Corte di Cassazione, con una recente ordinanza del 23 luglio 2020 n. 15773, ha stabilito che nell’attribuire all’ex moglie l’assegno divorzile e nel quantificare l’importo del trattamento, i patrimoni dei due ex coniugi devono essere valutati in modo bilanciato, prendendo in considerazione il vantaggio economico che deriva con l’assegnazione della casa coniugale all’ex moglie anche se i figli abitano con lei, ed è genitore collocatario.

In caso contrario, la Suprema Corte rinvierà la relativa sentenza alla Corte d’Appello in diversa composizione.

Prima di scrivere sulla questione ricordiamo qualcosa sul divorzio e sull’assegno divorzile.

In che cosa consiste il divorzio

Quando si parla di divorzio si parla sia di scioglimento del vincolo matrimoniale sia di cessazione degli effetti civili del matrimonio concordatario.

La distinzione tra le due fattispecie non è intuitiva, ed è opportuno chiarire in che cosa consista. Nell’ordinamento italiano esistono due forme di matrimonio, quello civile e quello concordatario.

Si parla di scioglimento del vincolo matrimoniale, quando il divorzio è relativo al matrimonio civile, vale a dire, il matrimonio che è stato celebrato esclusivamente davanti all’ufficiale dello stato civile.

Si parla di cessazione degli effetti civili del matrimonio, quando il divorzio è relativo al matrimonio concordatario, vale a dire, il matrimonio celebrato in chiesa e trascritto nei registri dello stato civile,  con effetti sia civili sia religiosi.

Una particolarità del sistema giuridico italiano è che il divorzio di solito viene può essere preceduto da un periodo di separazione personale, oggetto di una precedente procedura congiunta o vertenza giudiziaria, in modo che il procedimento diventa doppio a distanza di qualche mese o anno.

Al procedimento la legge ha voluto attribuire una particolare solennità.

L’udienza di comparizione dei coniugi si deve tenere davanti al presidente del Tribunale.

In che cosa consiste l’assegno divorzile

L’assegno divorzile consiste nell’obbligo di uno dei coniugi di pagare all’altro coniuge un assegno in un determinato periodo, quando lo stesso non abbia i mezzi adeguati o on se li può procurare per motivi di carattere oggettivo.

Secondo le disposizioni contenute nell’articolo 5 della legge sul divorzio (L. 898/1970) il tribunale, quando pronuncia sentenze di divorzio, deve stabilire anche la misura dell’assegno divorzile, considerando determinati fattori, tra i quali, il principale è il reddito dei due coniugi, in base ai motivi della decisione e alla durata del matrimonio.

Il pagamento dell’assegno può essere mensile oppure in un’unica soluzione.

In presenza di simili circostanze anche con assegnazione di un bene.

La differenza tra assegno divorzile e assegno di mantenimento

L’assegno divorzile è una delle principali conseguenze del divorzio relative al patrimonio, perché attraverso il divorzio il giudice stabilisce l’eventuale diritto di uno dei coniugi di percepirlo.

L’assegno divorzile deve essere distinto dall’assegno di mantenimento che, quando sono presenti le condizioni di legge,  spetta prima del divorzio, vale a dire, in seguito alla separazione personale dei coniugi, in una fase del rapporto ancora transitoria.

A proposito, deve essere segnalata una sentenza rivoluzionaria della Suprema Corte di Cassazione che ha evidenziato in modo più marcato la distinzione tra l’assegno di mantenimento e l’assegno divorzile.

L’assegno divorzile e il tenore di vita

La sentenza n. 11504/2017 in relazione all’assegno di divorzio ha affermato che il metodo di liquidazione non può essere quello del mantenimento del tenore di vita, si verifica in seguito alla separazione personale, perché che risulterebbe essere in contrasto con la natura stessa del divorzio.

In quali circostanze viene erogato l’assegno divorzile

L’assegno divorzile è un diritto di credito imprescrittibile, irrinunciabile e indisponibile che un ex coniuge vanta nei confronti dell’altro, sino a quando il beneficiario stesso contrae altre nozze oppure l’obbligato muoia o fallisca.

In conformità al dettato dell’articolo 5, comma 6, della legge n. 898/1970, nel valutare l’inadeguatezza dei mezzi a disposizione di uno dei due coniugi, devono essere prese in considerazione anche una serie di elementi, tra i quali risaltano, da un lato, l’impossibilità di poterseli procurare per determinati motivi o per la difficoltà di “spendere” la personale qualificazione nel mercato del lavoro in determinate circostanze e contesto sociale e, dall’altro lato, l’eventuale convivenza more uxorio che si protrae, facendo derivare un miglioramento delle condizioni economiche del coniuge più debole.

Non si discute sul fatto che il diritto all’assegno divorzile, dove venga stabilito nella sentenza di divorzio, spetta sin dal momento nel quale la stessa passa in giudicato, è possibile richiedere al giudice di rideterminarlo in qualunque momento, se dovessero aopraggiungere apprezzabili modifiche dei rispettivi redditi.

L’assegno divorzile, può essere pagato anche da terzi, come previsto per l’assegno di mantenimento a seguito di separazione personale, e al beneficiario viene anche accordata la possibilità, senza ricorrere al giudice, di richiedere in modo diretto al datore di lavoro dell’obbligato sino alla metà di quello che gli spetta, avendo addirittura un’azione esecutiva nei confronti dello stesso datore, in caso d’inadempimento (art. 8 legge n. 898/1970)-

Ritorniamo alla questione relativa al titolo dell’articolo

Il contenuto dell’Ordinanza della Suprema Corte di Cassazione

Secondo i Supremi Giudici, l’assegno deve avere, nella stessa misura, uno scopo assistenziale, perequativo e compensativo.

Gli Ermellini hanno ricordato quello che fu stabilito in passato.

Il trattamento economico deve essere riconosciuto in modo esclusivo, dopo avere accertato

che i mezzi del coniuge che lo richiede siano inadeguati, e per lui sia impossibile procurarseli per motivi di carattere oggettivo.

La Corte lo ha spiegato in questo modo:

Si impone una valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente l’assegno divorzile alla conduzione della vita familiare e alla formazione del patrimonio comune, nonché di quello personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio e all’età dell’avente diritto”.

Secondo la Cassazione, al momento di attribuire l’assegno divorzile, la Corte d’Appello non si deve incentrare esclusivamente sul parametro del mantenimento di un tenore di vita pari a quello goduto durante il matrimonio senza compiere un’adeguata comparazione tra i patrimoni dei due ex coniugi.

Allo stesso modo, si deve valutare l’attribuzione della casa coniugale.

Nell’ordinanza si legge che, anche quando ci sono di mezzo dei figli minorenni non autosufficienti. l’attribuzione comporta lo stesso un risparmio di spesa che incide sulla situazione economica dell’assegnatario e che va valutato ai fini dell’assegno.

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