Assegno di mantenimento e figli indipendenti

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Iniziamo con un esempio.

In conseguenza di un divorzio, l’ex marito deve versare all’ex moglie l’assegno di mantenimento per il figlio.

In tempi recenti l’uomo è venuto a sapere che il ragazzo aveva da diverso tempo un lavoro che gli consentiva di rendersi indipendente e, di conseguenza, non aveva bisogno dei suoi soldi.

Nonostante questo non gli ha detto niente e ha continuato a stare a casa con la madre percependo in modo indebito l’assegno mensile per gli alimenti.

Il padre, una volta venuto a conoscenza della situazione, ha manifestato l’intenzione di agire in tribunale per fare annullare il precedente provvedimento del giudice, in relazione alle cambiate condizioni che si sono venute a creare.

A questo punto si chiede in che modo riavere i soldi del mantenimento.

La questione è stata posta all’attenzione della Suprema Corte di Cassazione che, di recente, ha espresso la sua decisione (Cass. sent. n. 2659/2020 del 13/02/2020).

In questa sede cercheremo di scrivere in che modo si siano orientati i giudici supremi in relazione alla vicenda presa in considerazione.

Prima di addentrarci nella questione specifica, ricordiamo in che cosa consistono gli assegni di mantenimento per i figli e il diritto al  mantenimento dei figli.

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Gli assegni di mantenimento per i figli

Gli assegni di mantenimento per figli sono delle prestazioni previste dal codice civile, sono a carico del genitore obbligato al mantenimento stesso, in misura proporzionale al suo reddito.

In presenza di separazione spetterà al giudice disporre l’obbligo di corresponsione di un assegno di mantenimento.

L’assegno di mantenimento per i figli non va confuso con l’assegno di mantenimento per il coniuge.

Si tratta di un istituto distinto regolato da norme diverse.

I diritti dei figli ad essere mantenuti

Al fine di affrontare in modo preciso l’argomento relativo al mantenimento dei figli, si deve partire dai diritti che la legge, all’articolo 315 bis del codice civile, riconosce loro.

Sono diritti che spettano a ogni figlio indipendentemente dal fatto che sia nato da una coppia sposata oppure non sposata.

Il figlio ha diritto di essere mantenuto, educato, istruito ed assistito moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni.

Ha diritto di crescere in famiglia e di mantenere rapporti significativi con i parenti, vale a dire con i fratelli, con i nonni, con gli zii.

Ha diritto di essere ascoltato in relazione alle questioni e alle procedure a lui relative se ha compiuto dodici anni e se è capace di discernimento, anche se ha una età inferiore.

La medaglia ha il suo rovescio, perché accanto ai diritti, il figlio ha anche dei doveri.

L’articolo 315 bis comma 4 del codice civile lo chiarisce in modo preciso quando afferma che il figlio:

Deve rispettare i genitori

Deve contribuire, in relazione alle sue capacità, alle sue e sostanze e al suo reddito, al mantenimento della famiglia sino a quando convive con essa.

In che modo si può modificare l’assegno di mantenimento per i figli

L’assegno di mantenimento è una misura che, nonostante venga stabilita attraverso una sentenza definitiva, può sempre essere soggetta a modifica in relazione alle condizioni economiche delle parti.

La legge obbliga i genitori a provvedere alle esigenze dei figli sino a quando non raggiungono l’indipendenza economica, che potrebbe avvenire anche molto oltre il compimento della maggiore età, in Italia fissata a 18 anni.

Secondo la giurisprudenza attuale, una volta raggiunti i 35 anni, si può presumere che il mancato conseguimento di un reddito sia dovuto a inattività del giovane e non alle difficoltà del mercato del lavoro, facendo perdere al giovane diritto agli alimenti.

Ogni vicenda è un diversa e il giudice potrà valutare se la prolungata situazione di indigenza del figlio sia dovuta a un lungo percorso di studi, come può essere quella di un medico o di un avvocato, oppure a sua inerzia, perché non si può mantenere un figlio sino a 40 anni per il fatto che sia disoccupato.

Quando il figlio diventa indipendente in senso economico, il non avere niente dipende da sua inattività.

Ad esempio, se un ragazzo non si iscrive all’università, non cerca lavoro e non si specializza, il padre può chiedere la cancellazione dell’assegno di mantenimento.

Quando il figlio lavora ma non lo dice al padre

Nei rapporti tra padri e figli, potrebbe succedere che il figlio raggiunga l’indipendenza economica senza dirlo al padre che lo viene a sapere molto tempo dopo, quando continuava nell’adempimento dei suoi doveri economici.

In presenza di simili circostanze, il genitore può agire in tribunale per chiedere la cancellazione dell’obbligo di versamento degli alimenti.

Secondo la Suprema Corte, l’ex coniuge che versa l’assegno per i figli diventati indipendenti ha diritto alla restituzione del denaro versato durante il periodo intermedio che decorre dal cambiamento delle condizioni economiche dei giovani alla data della sentenza emessa dal giudice. Non rileva il fatto che il genitore abbia agito in tribunale per chiedere l’esonero dal mantenimento  dopo anni dal cambiamento delle sopra scritte condizioni.

La Cassazione ha chiarito che la cessazione dell’obbligo di mantenimento può non dipendere in modo esclusivo dalla data del provvedimento del giudice.

La circostanza che il procedimento di revisione delle condizioni economiche sia stato avviato dal padre più tardi, per ottenere il riconoscimento formale del cambiamento delle stesse e di essere esonerato da altri pagamenti futuri, non è pregiudizievole al diritto di chiedere la restituzione delle somme corrisposte in modo indebito.

I figli non si potranno difendere affermando che le somme in questione siano state spese, perché graverà su di loro un debito che si trascineranno dietro, e che potrà essere recuperato anche con il pignoramento dei redditi da lavoro da loro percepiti.

 

In realtà non sembra possibile che un genitore avvii un’esecuzione forzata contro un figlio ma neanche in simili circostanze è detta l’ultima parole.

 

La non ripetibilità delle somme versate dal genitore obbligato all’ex coniuge, si giustifica se gli importi riscossi abbiano svolto una concreta funzione alimentare, che non ricorre quando ne abbiano beneficiato i figli maggiorenni che hanno raggiunto una loro indipendenza economica  quando era noto il rischio di restituzione.

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