Art. 384 c.p.: la non punibilità del convivente di fatto

Redazione 23/01/20
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L’ambito di applicazione dell’art. 384 c.p. comprende il convivente

La terza sezione penale della Corte di Cassazione si è pronunciata con riferimento all’ambito di operatività dell’art. 384 c.p., stabilendone l’applicazione anche nei confronti del convivente di fatto. In particolare, la richiamata norma prevede una causa di non punibilità in relazione a una serie di fattispecie criminose, tra le quali frode processuale, autocalunnia, falsa testimonianza, omesso referto e rifiuto di uffici legalmente dovuti. La sentenza dunque è particolarmente interessante proprio per l’estensione della previsione normativa alla cosiddetta famiglia di fatto.

Nel caso di specie, due conviventi venivano chiamati in giudizio, con imputazioni diverse; precisamente, all’uomo era contestata la detenzione di sostanza stupefacente, mentre la donna era imputata per favoreggiamento personale.

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I tre gradi di giudizio

Sia in prima che in secondo grado, gli imputati venivano entrambi condannati per i reati suindicati. Gli stessi ricorrevano dunque in Cassazione. L’uomo contestava la mancata rideterminazione della pena, a seguito dell’intervento normativo che aveva riqualificato la fattispecie come autonoma e non più quale circostanza aggravante (art. 73, comma 5 del DPR n. 309/1990). La donna invece lamentava la mancata applicazione della causa di non punibilità prevista all’art. 384 c.p. che nei gradi precedenti non era stata applicata, in considerazione del fatto che i due imputati non erano legati da vincolo coniugale.

Il caso è stato dunque l’occasione per la Suprema Corte di definire l’ambito di applicazione della causa di non punibilità, il quale si estende alle famiglie di fatto. La pronuncia n. 6218 del 9 febbraio non è per nulla scontata, dato che la giurisprudenza ha lungamente ritenuto l’esatto contrario, vale a dire l’impossibilità di applicazione della causa suddetta ai conviventi, sulla base della diversa qualificazione giuridica dei soggetti non coniugati.

Inoltre, anche il motivo di ricorso dell’uomo veniva accolto, in forza del principio del favor rei, per cui il medesimo aveva diritto all’applicazione della sopravvenuta normativa più favorevole.

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La rimessione alle Sezioni Unite

Si segnala l’ordinanza della Cassazione Penale, Sez. VI, Ordinanza, 17 gennaio 2020 (ud. 19 dicembre 2019), n. 1825 con cui è stata rimessa alle Sezioni Unite la seguente questione di diritto: “se l’ipotesi di cui all’art. 384, comma 1, cod. pen. sia applicabile al convivente more uxorio”.

 

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