Appalti rito superspeciale per esclusioni e ammissioni

Redazione 05/10/17
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Appalti rito superspeciale ex art. 120, comma 6 bis, c.p.a.

Appalti rito superspeciale. L’art.120, comma 2 bis c.p.a. prevede oggi che i provvedimenti di esclusione e di ammissione alle gare pubbliche devono essere impugnati entro trenta giorni dalla loro comunicazione all’interessato, a pena di decadenza. Infatti, la mancata impugnazione determina l’impossibilità di far valere, successivamente, l’illegittimità degli atti conseguenti.

Il successivo comma 6 bis del medesimo articolo disciplina il rito previsto ad hoc per tali impugnazioni, conosciuto come il rito superspeciale o superaccelerato, il quale, infatti, deve essere definito nel termine di complessivi 60 giorni.

L’impugnazione dei successivi provvedimenti, in particolare quello di aggiudicazione della gara, resta soggetta al rito ordinario, disciplinato dal precedente comma 6.

La riunione dei procedimenti di impugnazione

Non è quanto riconosciuto dal TAR Campania n.434 del 19 gennaio scorso, interrogato sulla possibilità di riunione dei due procedimenti: l’uno di impugnazione dei un provvedimento di esclusione e, l’altro, di impugnazione della successiva aggiudicazione. Il giudice amministrativo non ha condiviso l’orientamento che sostiene la trattazione delle due impugnazioni mediante procedimenti diversi e, dunque, l’impugnazione dell’aggiudicazione può avvenire mediante motivi aggiunti, nell’ambito dello stesso procedimento avviato avverso il provvedimento di esclusione.

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Cumulo delle azioni e conversione del rito

Sono state avanzate critiche alla giurisprudenza che propugna la trattazione necessariamente separata, in quanto essa si porrebbe contro lo spirito della riforma, vale a dire la concentrazione delle tutele e la garanzia dell’economia processuale. Peraltro, lo stesso codice del processo amministrativo prevede il cumulo delle azioni connesse (art. 32, comma 1, c.p.a.), principio che intende vanificare il rischio del contrasto tra giudicati. Il rito che dovrà essere adottato, secondo la giurisprudenza ormai consolidata, è quello che garantisce maggiormente il diritto di difesa.

La conversione del rito sarà poi operata in base non al nomen juris adottato da chi ha agito, ma in forza degli elementi sostanziali dell’azione; in altre parole, la qualificazione formale della domanda non può influenzare il giudice nella decisione sulla conversione.

 

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